19 luglio 2012

L’evoluzionismo e la creazione

In questo post parlerò  della teoria contemporanea dell’evoluzione, derivata da quella di Darwin e chiamata anche ’teoria sintetica’ o ‘neodarwinismo‘, ma anche delle teorie che  in qualche modo affermano che le cose che esistono, quindi l’universo e la vita, sono nati, si sono sviluppati ed evoluti per merito del ‘caso’. Questa impostazione di fondo – diciamo così ‘casualistica’ - data a  teorie biologiche ma anche cosmologiche  è dovuta a diversi scienziati, i cui più noti  portavoce e sostenitori, almeno a livello di mass media, sono al momento Steven Hawking  per la cosmologia - di cui parlerò in un futuro post - e Richard Dawkins  –  le cui tesi ho esposto in un  post precedente - per la biologia.

Ultimamente ho letto due libri di Mariano Artigas, sacerdote, fisico e filosofo catalano, scomparso nel 2006. Egli non si mostrava contrario in linea di principio alla teoria dell'evoluzione, ma metteva in risalto le speculazioni non provate della teoria e nello stesso tempo sosteneva che se veramente c'è stata evoluzione essa,  correttamente intesa e interpretata, non sarebbe comunque in contrasto con la creazione. Nel libro   “Le frontiere dell’evoluzionismo” (1) infatti mostra di non accettare acriticamente la teoria di Darwin almeno così come viene enunciata dai suoi sostenitori nella forma attuale detta ‘neodarvinismo‘. Egli  nei suoi interventi evidenzia le contraddizioni e i punti poco chiari che tale teoria ha al suo interno,  facendo notare che molte affermazioni  sono solo ipotesi non provate sperimentalmente, e mettendo in guardia dall’indebito sconfinamento verso la filosofia e la teologia che alcuni studiosi neodarwinisti fanno. Insomma, Artigas non solo evidenzia le difficoltà che la teoria attuale ha nello spiegare le origini, ma consiglia ai divulgatori di non contaminare con la loro ideologia i risultati scientifici veramente certi, stiracchiando a loro favore un appoggio che la scienza non dà.

Tre false deduzioni

Egli esplicita tre false ‘deduzioni’ che studiosi quali quelli sopra menzionati,  ’fanno derivare’ illecitamente dalla scienza: 1) la non necessità della creazione divina dell’universo, 2) l’inesistenza dell’anima, 3) la negazione dell’azione di Dio nel mondo. Infatti ammesso e non concesso che la teoria dell’evoluzione, almeno così come  viene presentata  dai suoi cultori, sia vera, ciò non significa che da essa possano essere ricavate ‘scientificamente’ queste conclusioni materialistiche.

Infatti sulla creazione dell’Universo cioè sul fatto che ‘prima’ c’era il ‘nulla’ e ‘dopo’ c’è stato ‘qualcosa‘, niente di sicuro può dire la scienza in quanto essa dovrebbe essere capace di osservare il ‘nulla’ antecedente e metterlo in relazione con ciò che invece esiste, ma ciò è impossibile perché non si può misurare il ‘nulla‘. Il problema della nascita del’universo è più metafisico che fisico,  esce dalle possibilità di osservazione scientifica. Quindi  le teorie sulla nascita dell'universo non possono essere utilizzate per negare la creazione.

Inoltre la scienza, che fa misure e verifiche ‘materiali’, niente può dire sull’esistenza o meno dell’anima, essa appartiene ad un campo che è al di là della fisica, perché essendo ‘non materiale’ per definizione non può essere assoggettata a misura.

E neanche ci si può servire della scienza per negare l’azione di Dio nel mondo: infatti l’universo si comporta ed evolve seguendo le leggi naturali ma niente lo scienziato può dire sul perché valgono queste leggi e perché esiste la natura invece del ‘nulla‘.

Il ‘caso’ l’autore di tutto?

Tutto fra l’altro sembra avere una finalità, ma per la maggior parte degli scienziati moderni il ‘finalismo’ è una parola tabù. Per la scienza, sarebbe meglio dire per lo scientismo contemporaneo, è’ il ‘caso’ l’autore di tutto ciò che esiste, un ‘caso’  senza finalità ma ben strano visto che ha creato  l’ordine e la complessità e un più che probabile fine verso cui tendono tutti gli esseri viventi, anziché generare, come sarebbe stato infinitamente più probabile, il caos e nulla più.

E quelli della teoria evoluzionista non sono dilemmi di poco conto, sono problemi seri di verifica sperimentale, che rimane incerta e alle volte impossibile, e di validità di molti discorsi, spesso infarciti di ipotesi indimostrate e deduzioni piuttosto ardite.
Per esempio la veridicità della interpretazione dei fossili è tutt’ora discussa e lo stesso problema dell’origine della vita è tutt‘altro che risolto: anche il più semplice organismo vivente è infatti troppo complesso e troppo poco tempo c’è stato perché si possa affermare che sia nato per caso.

Esistiamo per miracolo, e questo  nessuno lo può mettere in dubbio, ma dai naturalisti questo prodigio è imputato al  ‘caso’.  Nella scienza attuale l’affermazione “ il caso è autore del tutto“  assomiglia  sempre più ad un dogma a partire dal quale vengono valutati tutti i discorsi sull’esistente:  se rispettano questo assioma allora vengono considerati già credibili e possibilmente veri, mentre tutti gli altri, quelli che negano o almeno mettono in dubbio questo presupposto, vengono respinti e derisi in partenza.

C’è qualcosa di non chiaro e un atteggiamento sospetto nella difesa che gli ‘specialisti’ della discipline che si rifanno al modello neodarwinista manifestano in maniera  alle volte eclatante e talvolta anche verbalmente irruenta. C’è una certa dose di autoreferenzialità che lascia sorpresi e perplessi.
Vi è come un rifiuto di un vero confronto e un non voler entrare nel vivo dei problemi, come anni fa io stesso ebbi modo di sperimentare in piccolo nella mia scuola in cui avevo organizzato un dibattito tra il prof. Sermonti, genetista, noto per le sue tesi critiche verso l’evoluzionismo, e un professore universitario convinto evoluzionista: ebbene, mi sembrava un dialogo tra sordi. Sermonti manifestava alcuni seri problemi irrisolti e talune contraddizioni dell’evoluzionismo e il suo interlocutore invece sembrava glissare, minimizzava senza rispondere direttamente, si faceva forte del ‘sapere’ del gotha accademico e ebbe  una caduta di stile quando rivolgendosi ai ragazzi affermò  ad un certo punto “ se in un esame universitario direte le cose che sostiene Sermonti verrete bocciati”.
Sembra quasi una nemesi storica:  i devoti dello ‘scientismo’,  successori di quelli che tempo addietro criticavano l’ Ipse dixit pronunciato  dagli studiosi medioevali, additati come esempio di ottusità preconcetta che ostacolava la nascita e il progresso della scienza, invece adesso sono quelli che hanno lo stesso atteggiamento.

Crisi del riduzionismo

Diversi studiosi, e fra essi anche molti che credono nell'evoluzione,  manifestano seri dubbi  sullo schema mutazioni casuali - selezione naturale  del neodarwinismo: ogni passaggio è troppo complesso, coordinato e specifico, per escludere delle leggi generali che regolano questi processi, e che magari ancora debbono essere scoperte.
Fra l’altro a mio avviso gli scienziati che aderiscono in maniera tenace neodarwinismo risultano anche un po’ sorpassati dalle tendenze moderne. Sono troppo legati al riduzionismo, che ormai da tempo ha mostrato la sua insufficienza. Infatti le scoperte sulla notevole complessità degli organismi viventi fanno sempre più pensare all’esistenza di leggi che sono su livelli superiori rispetto alle leggi fisiche, da cui invece quelli che hanno un atteggiamento riduzionista vorrebbe far derivare tutti i processi esistenti. Bisognerebbe quindi quanto meno avere un atteggiamento prudente nel non escludere a priori tali leggi.  E se venissero scoperte delle regole operanti su piani superiori rispetto a quello strettamente fisico, allora si potrebbe cominciare a considerare l’evoluzione, sempre che sia vera, come un processo fondamentalmente deterministico e voluto, e ciò deporrebbe a favore dell’ipotesi dell’esistenza di un piano.

L’anima

E soprattutto il salto dall’animale all’uomo non può essere spiegato in maniera semplicistica e frettolosa, con buona pace dell’evoluzionista Gould, " in quanto l’uomo possiede alcune caratteristiche che si trovano al di sopra del livello fisico, chimico o biologico, infatti quando si pretende di ridurre l’uomo a un animale più evoluto degli altri, bisogna negare le esperienze più ovvie, profonde e importanti" dice Artigas.
Ecco perché in accordo con quanto afferma la Chiesa, l’evoluzionismo, ammesso che sia vero, può essere accettato dai credenti solo se  sottende l’azione divina e soprattutto se nella nascita dell’uomo si ammette la creazione dell’anima, ente immateriale che ci lega indissolubilmente alla dimensione spirituale e trascendente.

La cosmologia

E così come in biologia resta aperto il problema dell’inizio della vita, del salto dal non vivente al vivente,  anche in cosmologia resta irrisolto il problema della nascita dell’universo, del passaggio dal ‘nulla’ all’esistente. Anche in questo campo non mancano ipotesi estreme, sempre di stampo materialista, ma che, come ho avuto modo di accennare all’inizio, sempre ipotesi rimangono, in quanto la loro verifica è impossibile o improbabile, anche in linea di principio. Come quelle che ricorrono al modello dell’universo ciclico che collassa e si espande periodicamente, nate con l'ipotesi del Big Bang. Quando quest’ultima ipotesi fu confermata dalla scoperta della radiazione di fondo, sembrò quasi che il Big Bang potesse coincidere con l’atto creativo, ma ulteriori speculazioni teoriche cercarono di dare credibilità alla tesi di un universo nato ‘spontaneamente’ dal nulla, secondo il principio di indeterminazione. E anzi Hawking si è spinto più in là asserendo non ci sarebbero condizioni al contorno iniziali e quindi che non ci sarebbe stata una vera nascita del tempo, mancando un istante zero, e che non ci sarebbero  veri confini. Ne deduce così che  allora l’universo sarebbe contenuto in se stesso e potrebbe quindi non essere stato creato, ma sostenendo ciò “mostra di confondere la creazione, cioè dipendenza da Dio nell’essere, con l’inizio del tempo“.
Ma anche ammesso che l’universo debba essere considerato eterno, cioè senza un inizio,  questo fatto non escluderebbe la creazione in quanto già San Tommaso d’Aquino asseriva che “dire che qualcosa è stato fatto da Dio e che è sempre esistito non è una contraddizione”  come fa giustamente notare Artigas.

Il discorso  sulla struttura dell’universo però rischia di essere molto complesso e incerto, soprattutto dopo la scoperta che la velocità della sua espansione cresce e la conseguente supposizione che esistano materia ed energia “oscure”, che addirittura rappresenterebbero il 95% della materia/energia esistente. Già questo fa capire come anche nella cosmologia ci siano tante cose da chiarire e che quello che sappiamo rappresenta forse una minima parte di quello che è la realtà. Quindi appaiono quantomeno inopportuni i discorsi che fanno alcuni  cosmologici come Hawking, soprattutto per due motivi:  perché si basano su ipotesi  della struttura dell’universo che non sono del tutto sicure e soprattutto perché si ricavano da queste ipotesi delle conclusioni non lecite, in quanto filosofiche e non scientifiche.

Evoluzione contro creazione?

Infine Artigas sostiene che non vi sarebbe una vera opposizione tra eventuale ‘evoluzione’ e ‘creazione’.  Egli afferma che “si può ammettere l’evoluzione e alla stesso tempo la creazione divina .  Infatti il problema dell’evoluzione va affrontato con il metodo scientifico-sperimentale mentre la necessità di ammettere la creazione risponde a ragionamenti metafisici. Le scienze studiano la possibile origine di alcuni esseri da altri, mentre la metafisica s’interroga sull’esistenza stessa degli esseri”. Insomma “chi ammette la creazione può ammettere che ci sia stata una evoluzione, ma in ambiti concreti, ovvero a partire da un certo stato primitivo in cui potrebbero essere esistiti già alcuni tipi semplici di esseri viventi. Al contrario chi non ammette la creazione deve necessariamente ammettere che tutto ciò che esiste ha un’origine puramente evolutiva, che la vita è sorta dalla materia inorganica e che tutti gli esseri viventi sono sorti a partire da una forma di vita primitiva; tutte ipotesi non dimostrate scientificamente. Pertanto è proprio l’anti-creazionista a vedersi obbligato ad ammettere alcune ipotesi che non sono provate, mentre il creazionista ha una totale libertà di ammetterle o meno in funzione dell’evidenza che la scienza offre in ciascun caso. Benché possa risultare paradossale, è l’evoluzionista anti-creazionista a violare le esigenze del metodo scientifico” (2).

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Bibliografia  e crediti

(1) Mariano Artigas - Le frontiere dell’evoluzionismo - Edizioni Ares 1993
(2) tratto dall’opera citata pag. 201.



14 commenti:

  1. Senza dubbio la nascita dell’universo, la nascita della vita e l’origine dell’uomo sono tre passaggi fondamentali di cui nessuna teoria evolutiva riuscirà mai a rendere ragione. Tuttavia, di questi tre passaggi, quello che a me appare più inaccessibile all’attacco ateo materialista è l’origine dell’uomo, l’abisso che lo separa dalle altre creature. Se l’uomo fosse solo il frutto dell’evoluzione, la punta eccellente di una catena evolutiva, allora non potrebbe esserci un abisso tra l’uomo e gli animali a lui più prossimi dal punto di vista evolutivo; dovrebbero esistere animali che condividono con l’uomo, sia pure in forma più o meno larvata, caratteristiche che invece sono esclusivamente umane, quali, ad esempio, il bisogno di senso, la moralità, la coscienza di sé. Tutti gli animali sono completamente privi di queste caratteristiche che hanno reso così unici noi esseri umani. Non c’è continuità tra noi e loro, non c’è gradualità. Questo baratro che ci separa risulta evidente e clamoroso se si osserva quello che siamo capaci di fare noi e quello che sono “capaci” di fare loro. Loro sono capaci esclusivamente di rispondere, in maniera codificata, a degli stimoli. Noi, invece, siamo capaci di rispondere in maniera libera a quegli stessi stimoli. Ma c’è di più, c’è molto di più. Noi ci interroghiamo sul significato delle cose, cerchiamo la verità tra le possibili ipotesi, convogliamo le nostre energie al raggiungimento di obiettivi che esulano dall’ambito materiale. Se l’universo è uno spettacolo, l’uomo è Lo Spettacolo nello spettacolo. La nostra natura grida da ogni poro della pelle la nostra alterità rispetto al mondo animale.

    E’ scandaloso che ci siano persone, ed in numero sempre crescente, che negano la loro superiorità rispetto al mondo animale, negano la loro natura spirituale, negano che esista la verità ed il senso.

    Niente è più ragionevole che immaginare che, all’origine dell’uomo, ci sia un Dio persona che ci ama e ci aiuta a crescere.

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  2. Antropologicamente parlando ci dobbiamo domandare del perchè ci siamo acculturati quando il mondo animale non ne vede l'opportunità.
    Ebbene noi ci siamo acculturati non per l'amore del sapere me per necessità di sopravvivenza.
    Quando il nostro progenitore, per forza maggiore, dovette lasciare il suo habitat naturale, e cioè la foresta pluviale, dovette specializzarsi in nuove specializzazioni affinchè gli consentissero la soppravvivenza nella savana. Probabilmente in tale occasione diventò anche carnivoro e quindi schierandosi con gli animali feroci, i quali lo addestrarono, con la loro specializzazione, ad uccidere.
    Non avendo una struttura fisica sufficiente per il contesto prese una posizione eretta che gli permise di correre velocemente per scappare dai predatori, per vedere più lontano ed usare gli arti superiore all'uso di oggetti contundenti.
    Tutto ciò permise al nostro progenitore l'uso delle mani per prodursi delle lavorazioni litiche atte alla difesa, all'offesa ed all'utensileria.
    Si sviluppò l'istinto al possesso e di conseguenza allo scambio di beni e servizi a mezzo del baratto.
    La distribuzione dei compiti fra specializzati permise lo svilupparsi di gruppi sociali con la formazione di una cultura sociale e scolarizzata a mezzo del linguaggio per le generazioni susseguenti.
    Questo meccanismo non ebbe più fine fino ai giorni nostri e certamente oltre.
    Questo è l'uomo, un essere acculturato all'ennesima potenza.
    Poichè siamo apparentemente l'ultima forma vivente apparsa sul nostro pianeta è da pensare che siamo la risultante degli altri precedenti esperimenti compiuti dalla natura con gli stessi ingredienti, sia prima nel mondo vegetale e poi animale.
    Possiamo concludere dicendo che l'energia (Natura o Dio) si è materializzata per esprimersi e nel tempo si è sempre espressa con forme più sofisticate.
    Ragione per cui ho soprannominato "Homobaratto" il nostro progenitore. Chi vuole partecipare alla dialettica può inserirsi in www.facebook.com/giossone34

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    1. Gios, ti consiglierei un filo di prudenza in più prima di avventurarti in affermazioni del tipo: “Ebbene noi ci siamo acculturati non per l'amore del sapere me per necessità di sopravvivenza.”. Sicché noi saremmo quello che siamo, cioè persone, per necessità di sopravvivenza? Bene, allora ti faccio una domanda. L’uomo, tra le altre caratteristiche che lo separano dagli animali, ha la capacità di distinguere tra bene e male e, cosa anche più straordinaria, è capace di sacrificarsi per la realizzazione del bene. Quale “necessità di sopravvivenza” ha determinato la moralità nell’uomo?

      Poi vorrei farti notare che, da come parli, sembra che l’unica differenza tra l’uomo e gli animali sia un fatto di cultura. Guarda che non è così. La cultura è solo un prodotto secondario dell’essere persona. Ciò che fa di te una persona non è la cultura. Ciò che fa di te un essere personale sono una serie di caratteristiche spirituali che non possono, in alcun modo, essere ricondotte all’evoluzione. Esse sono la volontà, innanzitutto, la moralità, il bisogno di senso e la coscienza, cioè il sapere di esistere.

      Un’altra cosa che mi ha colpito delle tue parole è il fatto che tu parli del “nostro progenitore” come se avesse un nome e un cognome, come se di lui noi conoscessimo vita, morte e miracoli. Ancora una volta: guarda che non è cosi! Sappiamo che homo sapiens è “comparso” sulla terra circa duecentomila anni fa. Sappiamo che era già come noi adesso, nel senso che avrebbe potuto riprodursi accoppiandosi con una donna di oggi: era già, a tutti gli effetti, della nostra specie. Se un bambino di duecentomila anni fa fosse stato inserito nel mondo di oggi, avrebbe sviluppato tutte le capacità che sviluppano i bambini di oggi. Probabilmente si sarebbe diplomato ragioniere, avrebbe contratto un mutuo per comprarsi una casa a Gallarate e sposarsi e, la domenica, sarebbe andato allo stadio per tifare la squadra del cuore. Per il resto è buio pesto. Chi era il nostro progenitore più prossimo? Buio. Quale mutazione, o quali mutazioni hanno determinato il successo di homo sapiens, sì da staccarsi dall’ormai famoso progenitore? Buio. Quali variazioni ambientali hanno determinato invece la scomparsa, per selezione naturale, del nostro progenitore? Buio. Ma, soprattutto, dove sono i resti del “nostro progenitore che, se ha dato origine, per via evolutiva, ad homo sapiens circa duecentomila anni fa, dovrebbe aver lasciato un bel po’ di resti più o meno fossili in giro? Buio, buio, buio ed ancora… BUIO!

      Gios, le tue sono opinioni e, come tali, vanno benissimo, ma non trovano il benché minimo supporto scientifico. La realtà è che non sappiamo un accidente niente, di scientificamente rilevante, circa l’origine dell’uomo, altro che palle.

      Gios, guardati: sei un essere meraviglioso che non ha nulla da spartire con un qualsivoglia animale. Neanche il più meraviglioso astro del cielo è come te. Solo tu sei persona.

      Non dimenticarlo: solo l’uomo è persona. Solo l’uomo è ad immagine di Dio.

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  3. Magnifico ciò che tu dici ma fà parte di quella cultura che hai assimilato durante il tuo percorso di vita.
    Noi viviamo due vite, una di ordine naturale ed una di ordine culturale.
    Ciò che tu hai scitto un indios noncontattato dell'Amazzonia non lo penserebbe. La morale è frutto della cultura ed è diversa a secondo i tempi ed il tipo di società. Per gli Aztechi sacrificare una figlia ad dio Moloch era un comportamento altamente morale. Il bene ed il male sono la risultante di una vita sociale. In guerra uccidere il nemico è un bene, in pace uccidere è un delitto.
    Il diritto alla vita aspetta a qualsiadi forma vivente, anche al moscerino dell'aceto, il quale ha un programma genetico simile al tuo e formato con acido nucleico. L'uomo uccide e condiziona qualsiasi forma vivente in nome di un Dio a sua immagine e somiglianza o quantomeno con lui consenziente.
    Per ciò che concerne il nostro progenitore la biologia è disorientata poichè si pensava derivante dal cromagnoide, il quale a sua volta trovava le sue origini da un Homo Erectus, il quale a sua volta da un Homo Abilis, il quale a sua volta da un Australusphitecus. Oggi la biologia ci annuncia che il nostro parente neanderthaliano è presente nel nostro genoma con una percentuale del 5% ma solo nei popoli europei ed asiatici e non africani.
    Ciò dimostrerebbe che non apparteniamo tutti allo stesso progenitore e che noi europei siamo frutto di una ibridazione fra il Cro-Magnon ed il Neanderthal a sud-est dell'Europa e con il Desinovas al Nord-ovest.
    Quindi i paleontologi sono dell'avviso che un processo di mutazione è sempre stato in atto e solo attualmente sembrerebbe che apparteniamo ad un'unica fattispecie. (per non parlare dell'uomo di Flores)
    Virgilio quando incontrò Dante gli disse: E vissi a tempi degli dei falsi e bugiardi. Non è da escludete che nel tempo si ripresenterà un nuovo Virgilio in internet e ripeterà la stessa frase.
    Chi vivrà vedrà!
    Se sei interessato vieni nel forum di www.antrocom.it

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  4. Errata Corrige: L'ibridazione con il Neanderthal e il Desinovas è del 2,5% non del 5% come avevo scritto.
    Questa nostra origine da un soggetto ibridato con due o più sottospeci di umanoidi deve farci riflettere poichè provocherà senza dubbio accese discussioni sulle nostre origini e provocherà tensioni in materia religiosa, come daltronde già successe quando Copernico sconfessò il principio tolemaico della terra quale punto fisso al centro dell'universo.
    Galileo dovette rinnegare per non andare al rogo che la terra girava intorno al sole e non viceversa some sostengono le arcaiche scritture.
    Meditate gente, meditate!

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    1. Dici: “Noi viviamo due vite, una di ordine naturale ed una di ordine culturale.”. Bè, se al posto delle parole “naturale” e “culturale” tu mettessi le parole “materiale” e “spirituale”, forse potremmo anche trovare un accordo su questo punto (a patto di specificare che, in realtà, una, non due distinte, è la vita dell’uomo; come una è la sua natura, composta di anima e corpo, materia e spirito).

      Sulla morale, invece, non ci siamo proprio. Scrivi: “ La morale è frutto della cultura ed è diversa a secondo i tempi ed il tipo di società.”. Bè, questo, naturalmente, è vero, come anche è vero che “Per gli Aztechi sacrificare una figlia ad dio Moloch era un comportamento altamente morale.”. Questo però non significa affatto che la morale non sia UNA SOLA E VERA PER TUTTI. E’ vero che i primitivi sacrificavano al dio le proprie figlie, mentre oggi tale pratica farebbe inorridire chiunque, ma è anche vero che CHI SACRIFICA FIGLIE AL PROPRIO DIO E’ UN PRIMITIVO; NOI, INVECE, SIAMO CRISTIANI, cioè siamo i primi della classe in fatto di morale: sarebbe ben grave che un cristiano accettasse tali pratiche primitive. Tuttavia vorrei farti notare una cosa a cui, forse, non hai pensato ma che, invece, è il nocciolo del discorso. Il primitivo che sacrifica la propria figlia al dio, compie, in realtà, come tu stesso affermi, un gesto morale. Infatti la sua condotta, per quanto, ai nostri occhi aberrante, è mossa dal desiderio di fare una cosa giusta, una cosa buona. Brucia, nel suo cuore, il desiderio di compiere il bene, QUELLO STESSO DESIDERIO DI BENE che brucia nel cuore di tutti gli uomini. “Appetitus boni” si chiama, cioè “desiderio di bene”, e si trova sempre presente nell’uomo. Tutto l’agire umano è diretto al conseguimento del bene, anche quando, in realtà, compie il male. Infatti, anche chi compie il male lo fa sostenendo che ciò che fa, in realtà, E’ LA COSA GIUSTA. Anche chi ruba GIUSTIFICA IL PROPRIO COMPORTAMENTO con le più varie scuse; anche il serial killer, se glielo chiedi, ADDURRA’ GIUSTIFICAZIONI per i suoi crimini. Anche Adolf Hitler ha compiuto genocidi PER REALIZZARE IL BENE COMUNE. Anche chi compie un aborto uccide il proprio figlio A FIN DI BENE. Nessuno lavora esplicitamente per realizzare il male. Tutti sentono la necessità di GIUSTIFICARE IL PROPRIO OPERATO. Tutto questo cosa significa? Significa che tutte le persone, nel loro comportamento, SONO MOSSE DAL DESIDERIO DI REALIZZARE IL BENE. Non tutte, ovviamente, realizzano il bene, ma tutte sono mosse dal desiderio di realizzare il bene. In questo comune desiderio di realizzare il bene consiste la moralità dell’uomo, ed è lo stesso desiderio che accomuna ogni uomo, di ogni tempo e di qualunque latitudine. Che poi, all’atto pratico, la visione morale non coincida… questo dipende dal grado di cultura, nel caso del primitivo, o dal grado di buona fede delle persone in altri casi; ma sempre il comportamento dell’uomo è mosso dall’appetitus boni.

      Ora ti chiedo, ma, in realtà, te lo avevo già chiesto nel precedente commento e tu non mi hai risposto; ti chiedo: da dove arriva l’appetitus boni, cioè il desiderio di bene che brucia nel cuore dell’uomo? Di esso non c’è traccia negli animali, che pure rispondono alle stesse nostre esigenze di sopravvivenza. Da dove arriva la moralità dell’uomo? A quale esigenza di sopravvivenza risponde?

      O , piuttosto, l’appetitus boni è il marchio di fabbrica che accomuna le persone create ad immagine e somiglianza di Dio?

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    2. Dici anche: “Il diritto alla vita aspetta a qualsiadi forma vivente”. Da quando il moscerino dell’aceto è un soggetto di diritto? Sai che cos’è il diritto? Può, il diritto, secondo te, riguardare un moscerino? Ma che idiozie stai dicendo? … Non vado oltre.

      Sul nostro progenitore. Oh, finalmente un punto su cui siamo d’accordo: LA BIOLOGIA E’ DISORIENTATA. Anzi, diciamo con estrema chiarezza che tutta la scienza, allo stato attuale, è disorientata sull’origine dell’uomo. Tutto il resto: il Cro-Magnon, il Neanderthal, il Desinovas, il 2,5% anziché il 5%... tutto questo è CONGETTURA, IPOTESI, SPECULAZIONE FILOSOFICA a volte. Niente a che vedere con la scienza. Opinioni, chiacchiere, aria fritta… CAZZATE. Bisogna imparare a distinguere le opinioni dai fatti. Perché le opinioni possono cambiare, ma I FATTI RESTANO.

      E quali sono questi fatti? Ma te l’ho già detto: VOLONTA’, MORALITA’, BISOGNO DI SENSO, COSCIENZA. Tutte queste caratteristiche hanno scavato un abisso incolmabile tra noi e gli animali. Da dove arrivano? Dall’evoluzione? E come mai, allora, hanno interessato solo l’evoluzione dell’uomo e non quella di “altri” animali? Come mai nessun “altro” animale ha sviluppato, sia pure in forma minore, la moralità, o il bisogno di senso? Se fosse vero che queste caratteristiche derivano dall’evoluzione, allora dovrebbero essere condivise, almeno entro certi limiti, anche da altre specie. Come mai solo l’uomo è persona? Come mai solo l’uomo è capace di riflettere su se stesso e di interrogarsi sul mondo che lo circonda? Come mai solo l’uomo è capace di alzare gli occhi al cielo? Come mai solo l’uomo è capace di ribellarsi alla propria natura e di pervertirsi?

      Gios… te lo avevo già detto; te lo ripeto: GUARDATI! Sei un essere meraviglioso che non ha nulla da spartire con un qualsivoglia animale. Neanche il più meraviglioso astro del cielo è come te. Solo tu sei persona.

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  5. Tutto ciò che hai scritto è frutto della tua cultura, io, avendone una di origine antropologica, ne ho una diversa.
    In un centro sperimentale statunitense hanno cercato di allevare un neonato di scimpanzè ed un'umano e si è riscontrato che crescendo l'umano assumeva il comportamento dello scimpanzè e non viceversa.
    Hanno dovuto cessare l'esperimento.
    Noi siamo un'antropomorfa e ci comportiamo come tutte le antropomorfe.
    Ciò che ci distingue è la cultura sia sociale che individuale.
    Ogni pensiero che ci passa per la mente è elaborato dalla cultura.
    La scimmia Kanzi, vivendo da 22 anni con gli umani ha appreso certi valori caratteristici della nostra specie a mezzo della cultura.
    "Nati non fummo per viver come bruti ma per seguir virtude et conoscentia"
    L'analfabeta fà fatica a fare un pensiero astratto!
    Così è se vi pare.

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    1. C’è una differenza importante tra te e me, che si è andata via via evidenziando sempre più nel corso di questo scambio di battute: io leggo i tuoi commenti, li critico e ti pongo delle domande; tu, invece, non leggi i miei commenti, o, comunque, li ignori e tiri dritto per la tua strada, che poi si potrebbe riassumere in una sola parola: cultura. Ho già provato a spiegarti che sono le persone a generare la cultura, non viceversa. Perché si sviluppi una cultura sono necessarie delle premesse, di cui sembra che tu non ti accorga. Puoi prendere uno scimpanzé appena nato e crescerlo ed acculturarlo in un ambiente dove ci sono solo uomini, ma non diventerà una persona. Kanzi può aver imparato a fare alcune cose, se opportunamente stimolato, ma continua ad essere un animale senza volontà, senza morale, senza bisogno di senso e senza autocoscienza. In fondo Kanzi non è altro che uno scimpanzé ammaestrato, né più ne meno di quelli ammaestrati nei circhi di tutto il mondo. Nessuna cultura potrà mai trasformare un animale in persona.

      E’ vero che la cultura gioca un ruolo essenziale nella nostra formazione, ma non fino al punto di fare di noi delle persone. Tra l’altro ti faccio notare che anima e nerbo di ogni cultura è la religione. Non esiste cultura che non si identifichi in una religione. E la religione non è altro che la manifestazione più bella e maestosa dell’insopprimibile bisogno di senso che si agita nel cuore di ogni uomo. Il bisogno di senso e quindi la religione sono all’origine della cultura, non viceversa.

      Se proprio devi aggiungere un commento, cerca di farlo in relazione a quello che ho scritto, senza continuare a ripetere ossessivamente la parola “cultura”.

      Grazie dell’attenzione che vorrai dimostrarmi.

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  6. Diritto alla vita ha un significato ben diverso da "soggetto di diritto".
    Le analisi biologiche non sono speculazione filosofica.
    Quando parli di Noi a chi ti riferisci? Al Boscimano del Kalahari o al londinese con la bobetta in testa?
    Tutti gli animali sono dotati di un'autosufficienza a mezzo delle specializzazioni impartitegli dalla natura nel loro programma genetico.
    Prendi ad esempio un ragno! E' un ottimo ingegnere e da solo si costruisce dei capolavori di ragnatele e nel posto giusto dove qualche moscerino incapperà.
    L'antropomorfa Homo, anche se sapiens-sapiens no! Le specializzazioni impatitegli dalla natura, essendo uscito dal suo habitat naturale, e cioè la foresta pluviale, sono diventate obsolete. Solo nei saggi ginnici, come alle olimpiadi, gli possono servire ma non nel quotidiano ed in habitat variegati; avendo la nostra sottospecie invaso tutto il pianeta ed oltre.
    Gli interrogativi che l'uomo si è posto sono motivati dalla sua insufficienza individuale e solo organizzato in una cultura sociale può sopravvivere. Gli unici adattati sono le poche tribù rimaste di cacciatori-raccoglitori poichè vivono nelle foreste equatoriali.
    Noto che hai una scarsa cultura antropologica e sei imbevuto dalle sedicenti verità dogmatiche impartite da chi professa eredità sciamaniche.
    Se vuoi apprendere qualche dato di antropologia preistorica e protostorica puoi partecipare alla pagina di www.facebook.com/giossone34 e anche al forum culturale in www.amtrocom.it
    Sarai il benvenuto!

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    1. “Diritto alla vita ha un significato ben diverso da "soggetto di diritto".
      Le analisi biologiche non sono speculazione filosofica.” Potresti essere più chiaro? Non capisco quello che vuoi dire.

      Quando parlo di Noi parlo di noi PERSONE. Noi esseri umani siamo tutti persone, dal boscimano al londinese con la bombetta, senza tralasciare il ricercatore della Silicon Valley o il pigmeo africano, indipendentemente dal grado di cultura raggiunto. Oppure, per te, essere persone non significa niente?

      Parli dell’antropomorfa homo; immagino che ti riferisca alla specie homo sapiens, genere homo, ordine dei primati. Dato che esiste una classificazione scientifica della nostra specie, non capisco che bisogno ci sia di inventarsene una a proprio uso e consumo. Visto che sei così preparato e colto in antropologia, comincia con l’usare termini corretti per riferirti alla nostra specie, senza inventarti termini ricoli come “antropomorfa homo”.
      Così, homo sapiens non sarebbe autosufficiente? Per tua norma e regola, egregio “antropologo” dei miei stivali, homo sapiens è ben più che autosufficiente, al punto che è riuscito a più che raddoppiare l’età media della sua vita, è riuscito a diffondersi in ogni angolo del pianeta raggiungendo e superando la cifra di sette miliardi di abitanti, è in grado di scambiarsi informazioni in tempo reale da un capo all’altro della pianeta, ha iniziato la colonizzazione del proprio sistema solare; progredisce sul piano tecnologico e scientifico, come anche su quello filosofico, giuridico, artistico e spirituale, ad un ritmo impressionante (basterebbe riflettere su quanto è cambiata la nostra vita negli ultimi cinquant’anni). E tu vieni a dirmi che “antropomorfa homo” non è autosufficiente? Tu sei pazzo. Sei talmente imbevuto di ideologia da non riuscire più a comprendere nemmeno il significato delle tue parole.
      Fai affermazioni assolutamente prive della seppur minima parvenza di realtà, oltre che essere ridicole: “Gli interrogativi che l'uomo si è posto sono motivati dalla sua insufficienza individuale e solo organizzato in una cultura sociale può sopravvivere.”. Se oggi prendi un bimbo e gli insegni a sopravvivere nella foresta pluviale, o in qualunque altro ambiente naturale come un uomo di diecimila anni fa, egli sarà, in pochi anni, perfettamente in grado di sopravvivere in questi ambienti, mostrando come “antropomorfa homo” sia ancora perfettamente autosufficiente anche nel suo ambiente naturale. Certo, se dovessi sopravvivere io in un ambiente naturale, a cinquantadue anni, obeso, abituato a procacciarmi il cibo al supermercato, adattato a difendermi dal freddo con un ottimo impianto di riscaldamento a gas, i cui unici nemici naturali da cui devo difendermi sono le zanzare… ovvio che non sopravvivrei.
      Dunque “antropomorfa homo” si è posto gli interrogativi a motivo della sua insufficienza individuale e perché incapace di sopravvivere se non integrato in una “cultura sociale”? Ma, dico, ma cosa stai dicendo? L’uomo non è l’unico animale sociale, ci sono tantissime specie di scimmie (ad esempio) che possono sopravvivere solo se integrate nel loro gruppo sociale, ma a nessuna di loro, mai, è venuto in mente di alzare gli occhi al cielo in una notte stellata e di domandarsi chi è e cosa ci sta a fare nel mondo.

      Gios, mi accusi di essere imbevuto di verità dogmatiche, ma qui, l’unico che ha fatto affermazioni apodittiche, oltre che ridicole, sei tu. Io ho semplicemente affermato che l’essere umano è persona (volontà, moralità, bisogno di senso, autocoscienza) e che tale caratteristica non può derivare dall’evoluzione. Ti invito a confutare questa mia affermazione, se ci riesci. Ciao.

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  7. Tu dovresti rappresentare l'uomo autosufficiente ed allora fai una prova della tua autosufficienza:
    Vai, nudo come natura ti ha fatto, senza nessun mezzo prodotto dalla società teconologica, sia alimentare che di utensileria, in una foresta pluviale (nostro habitat primitivo) o se preferisci in una savana del Corno d'Africa. Quanto tempo potrai sopravvivere? Non ti dò più di 48 ore.
    Tutto il mondo animale invece sopravvive nel suo Habitat poichè ha nel suo programma genetico le specializzazioni atte per la sopravvivenza e la riproduzione.
    Vedi l'orso bianco sulla banchisa polare, la vipera del deserto sotto le calde sabbie del Sharaa. L'Aquila delle Ande, il serpente boa nelle acque aquitrinose dell'Amazzonia e potrei citarne mille altri ancora.
    La cultura è la nostra forza ma non quella individuale ma quella sociale.
    Il mondo è sovrapopolato d'ignoranti (che ignorano, non in ternime dispreggiativo) e semianalfabeti che si servono della cultura sociale. Pertanto non riescono a portare avanti un discorso, per non parlare poi se è di ordine astratto!
    Se non moderi i termini mi costringi a chiudere la discussione e ti invito a partecipare a www.facebook.com/giossone34 ed a leggere attentamente i selezionati link riportati di livello internazionale.
    Adelante Pedro ma con juicio!

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  8. Scusa Gios, ma li leggi i miei commenti? Nel precedente commento ho detto: “ Certo, se dovessi sopravvivere io in un ambiente naturale, a cinquantadue anni, obeso, abituato a procacciarmi il cibo al supermercato, adattato a difendermi dal freddo con un ottimo impianto di riscaldamento a gas, i cui unici nemici naturali da cui devo difendermi sono le zanzare… ovvio che non sopravvivrei.” Non sopravvivrei perché nessuno mi ha insegnato a farlo da piccolo.

    Continui a ragionare intorno all’uomo limitando le tue osservazioni alla cultura e pretendendo di trovare in essa tutte le spiegazioni, naturali e di origine evoluzionistica, capaci di render conto della straordinaria ed unica natura umana. Non hai speso una sola parola però, finora, sul fatto che l’uomo, e solo l’uomo, è persona. Da dove viene la personalità dell’uomo? Da dove la sua religiosità? Da dove la sua volontà? Da dove la sua moralità? A queste domande devi rispondere se vuoi fare un passo avanti nella comprensione della natura dell’uomo.

    La nostra forza non è affatto la cultura. La nostra forza è il nostro essere persona.

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  9. Dizionario etimologico Zanichelli:Persona:"corpo umano" "essere umano"( 1321-Dante)grammaticale"indicazione dell'essere che funge da soggetto.
    Penso che come Dante Alighieri ti riferisci all'essere umano.
    Come già detto, qualsiasi pensiero estrapolato dalla mente umana è generato dalla sua cultura. Quindi, ogni tuo pensiero scaturisce dalla tua cultura ed altrettanto il mio.
    Essendo io un cultore di Antropologia Preistorica, Protostorica, Fisica e Culturale seguo una determinata metodologia di pensiero, dalla quale non posso e non devo derogare.
    Tu, da quanto mi pare, hai una cultura generica ed indrottinata dall'egide di ordine religioso. Infatti dai per certe come verità quelle riportate dalle arcaiche e manipolate scritture.
    Non c'è bisogno di essere obesi e cinquantenni per non sopravvivere, nudi e senza alcun sustentamento della civiltà tecnologica, nella foresta pluviale.
    Neanche un prestante giovane uscito dalle olimpiadi sopravviverebbe.
    Per costruirsi un mezzo di difesa e di offesa per la caccia, accendersi il fuoco, coprirsi per difendere il corpo dagli agenti esterni bisogna avere gli elementi prodotti dal vivere sociale e le capacità intrinseche per poter costruire il tutto con una cultura geologica,botanica e quant'altro ancora.
    Le asperità della foresta pluviale non consentono il tempo materiale per riuscire ad un individuo singolo a sopravvivere. La morte sopraqgiungerebbe in breve tempo.
    L'orso bianco,invece, da solo ma con le specializzazioni impartite dalla natura, riesce a sopravvivere sulla banchisa polare ed anche la vipera del deserto a 50° sotto le calde sabbie, anzi riescono a riprodursi con l'insegnamento impartito dalla natura nel loro programma genetico.
    L'insufficienza umana, provocata dall'abbandono dell'Habitat primitivo, è stata superata dalla cultura sociale; la quale cultura è stata trasferita da generazione in generazione per qualche milione di anni alla nostra progenie.
    Ritengo che sei giovane, ragione per cui è comprensibile la tua difficoltà ad una certa concettualità.
    Consiglio di andare in www.facebook.com/giossone34 e leggere e vedere i vari link riportati.

    P.S.: mi scuso per alcuni refusi fatti precedentemente nello scrivere di getto.

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