17 gennaio 2013

Ancora sulle Esperienze di Pre-Morte (NDE) - 3^ parte

Riporto in questo post il parere conclusivo di due esperti che hanno analizzato e comparato le molteplici ipotesi e gli svariati tentativi di spiegazione  sulle Esperienze di Pre-Morte che in 30 anni di ricerche hanno fornito gli scienziati del campo, soprattutto psicologi, medici e neurologi.

Per il prof. Agrillo (1),  il riuscire a  spiegare la genesi delle NDE rappresenta una delle maggiori sfide per le scienze neurologiche moderne.
Una prospettiva scientifica farebbe ritenere inizialmente come improbabili o paradossali questi fenomeni, tuttavia la loro frequenza e le parziali somiglianze riportate in svariate culture hanno sollevato alcune questioni riguardanti l’interpretazione biologica e psicologica da dare a tali eventi, come pure quelli sulla natura della coscienza umana e del suo rapporto con il cervello.
Pur adottando un approccio rigorosamente scientifico, si può dire che il dibattito teorico è tuttora aperto, e non è possibile dare una risposta conclusiva in un senso (‘NDE interne al cervello’) o nell’altro (‘NDE esterne al cervello’) sull’origine di tali esperienze. Infatti i sostenitori ‘NDE interne al cervello’ suggeriscono che queste possono essere spiegate principalmente come il prodotto di reazioni biologiche o fisiologiche durante la morte. Luci e tunnel non sarebbero altro che allucinazioni prodotte da un cervello che muore. I sostenitori ‘NDE esterne al cervello’ invece sostengono che la mente è separabile dal cervello e che quindi può sopravvivere anche dopo la morte di esso.

Per risolvere la questione Agrillo si augura che sempre più numerosi medici divengano coscienti di questi fenomeni e prendano più seriamente in considerazione  i racconti dei loro pazienti. In generale auspica una maggiore collaborazione tra ospedali così come sta facendo il progetto AWARE (‘Consapevolezza durante la rianimazione’) fondato dal dottor Sam Parnia , che dal 2008 coinvolge numerosi ospedali sparsi nel  globo e con cui, per mezzo di strumentazione moderne e con di test somministrati ai rianimati dopo attacchi cardiaci, si cerca di stabilire la relazione tra mente e cervello durante la morte clinica. Attualmente sono stati analizzati i casi di più di 1000 pazienti. Uno dei test prevede l’installazione di segnali in prossimità del soffitto delle sale di rianimazione, oggetti visibili solo dall’alto, per scoprire se durante l’esperienza di uscita dal corpo (OBE) il paziente riesca a vederli. Ovvio che un risultato positivo sarebbe clamoroso e a tutto vantaggio della tesi ‘NDE fuori dal cervello’ anche se però un risultato negativo non potrebbe ovviamente far comunque scartare tale spiegazione per il semplice fatto che magari a causa della strana esperienza che il soggetto starebbe vivendo potrebbe non accorgersi o non ricordare di aver visto tali segnali. E anche assumendo l’intrigante ipotesi che questi fenomeni siano la prova della vita dopo la morte, siccome la maggior parte delle NDE avviene in tempi stimabili nella durata di alcuni minuti, appare irrisolto il problema se credere in una sopravvivenza ‘massima’ (immortalità) o in una ‘minima’, cioè solo in una sorta di consapevolezza dopo la morte ma per un tempo limitato. Infatti così come il cervello può sopravvivere per pochi minuti in assenza di apporto di sangue si potrebbe anche ipotizzare che la mente possa vivere dissociata dal cervello per un po’, ma che non possa sopravvivere per un tempo illimitato in assenza delle sue strutture neurologiche. C'è da dire però che quelli che hanno provato una NDE riferiscono spesso di essersi trovati in una situazione di 'atemporalità' non paragonabile con il nostro 'scorrere' del tempo. Sembra quindi che le NDE vengano percepite come al di fuori del tempo o senza tempo, qualcosa di simile al concetto di 'eternità'.
Al di là di tutto è chiaro che queste ricerche ci possono aiutare a comprendere meglio la natura della coscienza umana. E’ stato ipotizzato che la coscienza sia il risultato delle interazioni complesse tra le reti neurali. Ci sono infatti segnali che si attivano in zone del cervello in conseguenza di attività coscienti. Tuttavia non è detto che queste interazioni producano la coscienza. Si potrebbe anche ipotizzare che queste reti siano gli intermediari per la manifestazione della coscienza. Per finire c’è da segnalare che Agrillo conclude prudentemente senza prendere una decisione, non sembra infatti scegliere tra l’una o l’altra soluzione. In pratica sembra di capire che allo stato attuale delle nostre conoscenze la certezza che una spiegazione sia più vera di un’altra non sia stata ancora raggiunta. Finisce quindi per ora con un pareggio. Una specie di 1 a 1. Direi che in un mondo scientifico che con la stragrande maggioranza dei suoi ricercatori afferma che tutto si possa spiegare materialisticamente questo è già  un  risultato notevole.

Un altro esperto, Dell’Olio (2), fa un discorso un po’ più filosofico, chiedendosi in un suo interessante articolo  se “Le NDE forniscono una base razionale al credere in una vita dopo la morte”.
Dell’Olio nota che la filosofia accademica  attuale pare disinteressarsi  del fenomeno NDE, forse perché lo considera un argomento troppo popolare, al pari di quello degli UFO e lo guarda perciò con di fastidio e sufficienza.
Pare proprio che la filosofia contemporanea, basata sul materialismo, la sua scelta di campo l’abbia già fatta. Essa bolla come ‘anatema’ il credere nell’esistenza della mente e derubrica perciò le NDE ad allucinazioni causate da un cervello morente. Ovviamente però quando un filosofo materialista quale Ayer prova personalmente una NDE, allora sorgono i problemi e il non credere nella vita dopo la morte dopo l’esperienza diretta di pre-morte comincia ad indebolirsi o a sgretolarsi (3).

Dell’Olio, partendo dalla affermazione che l’esperienza religiosa rende l’esistenza di Dio ragionevole, cerca di dimostrare che l’esistenza delle NDE rende ragionevole il credere in una vita dopo la morte, o meglio nella continuazione della coscienza dopo la morte.
Per prima cosa si chiede se le NDE sono vere. Egli si basa sul ‘principio di credulità’, cioè una esperienza fatta da una persona non può che essere ritenuta  vera, a meno che non vi siano evidenti ragioni per dire il contrario. Questo potrebbe succedere quando la persona è inaffidabile, quando ha una disposizione a fare sogni a mente sveglia, o assume droghe o alcolici.

Egli elenca inoltre alcuni criteri che ci permettono di stabilire se una esperienza è vera o no.
Primo: l’esperienza deve essere fatta in condizioni ottimali, secondo: deve essere ripetibile, terzo: tra le persone che nelle stesse condizioni la provano vi deve essere accordo nelle modalità con cui accade. Tutti questi criteri si applicano alle NDE perché la vicinanza alla morte soddisfa il primo criterio, il fatto che siano ripetute nelle stesse condizioni svariate volte soddisfa il secondo, e il fatto che il racconto dell’esperienza coincide in quasi tutte le persone che l’hanno vissuta soddisfa il terzo criterio. Inoltre c’è da dire che le NDE portano come risultato che le persone che le hanno sperimentate sono certe di aver vissuto una esperienza reale.
Ma allora perché molte persone non credono nella veridicità delle NDE? Dell’Olio risponde che molti non volendo abbandonare la loro visione materialistica del mondo si rifiutano di pensare che esse sono veritiere e cercano così di spiegarle come il prodotto allucinato di un cervello morente. Ma ogni spiegazione chimica, fisiologica o psicologica è stata in qualche maniera confutata o messa  in dubbio, come abbiamo visto  in precedenza, soprattutto osservando che molti pazienti hanno provato lo stesso la fenomenologia NDE associata pur non essendo nelle condizioni necessarie richieste da queste spiegazioni per quel tipo di fenomenologia .
Infatti ad esempio le NDE sono sempre state più ordinate e vivide dei sogni e delle allucinazioni, molti soggetti al momento delle NDE non erano in cura con medicinali né sotto anestesia, molti  erano in condizioni di avere un alto livello di ossigeno nel sangue, quasi tutti sono stati più coscienti di persone sotto oppiacei e non hanno sperimentato l'ansia, la confusione e il senso distorto della realtà che di solito accompagnano la sindrome del lobo limbico e la deprivazione sensoriale. Insomma la chiarezza e la lucidità delle NDE sono esattamente il contrario di quello che ci si aspetterebbe in condizioni di grave perdita di energia al cervello, se il cervello stesso fosse la causa di queste esperienze. Inoltre pare strano che in una situazione in cui il cervello ha poca energia, esso la spenda per elaborare ‘visoni’  complesse e coerenti.

E non sono valide per dell’Olio neanche le spiegazioni psicologiche che le credenze a priori e le aspettative religiose siano la causa delle NDE, perché queste esperienze accadono anche a quelli che non credono ed esse  comunque  differiscono spesso dalle aspettative e da ciò che il soggetto ha sempre creduto riguardo  al morire, alla morte e al dopo vita.

Inoltre scoprire o evidenziare quale processo cerebrale è associato con un evento mentale, come si fa con la PET o con l’EEG, non significa che l’evento non sia una vera e propria esperienza reale. Infatti ogni nostra esperienza sensoriale è associata con un processo cerebrale, ma nessuno potrebbe affermare che tale processo costituisca l’esperienza in sé. Perciò se si possono riprodurre alcuni aspetti delle NDE manipolando in qualche modo il cervello, questo non significa che quelli che sono in uno stato di morte clinica non stanno sperimentando una esperienza reale durante la NDE.

Dell’Olio oltre al principio di credulità invoca anche  un altro principio logico: il principio  della ‘miglior spiegazione’. Infatti quella della veridicità delle NDE è la miglior spiegazione comprensiva  di tutti i fenomeni che accadono. Fra l’altro le interpretazioni alternative si scontrano con fatti che non possono spiegare come ad esempio succede quando il soggetto incontra altri defunti di cui sconosceva il fatto che fossero deceduti o  come quando, nelle esperienze fuori dal corpo, il soggetto ha l’abilità di descrivere oggetti e fatti che non avrebbe potuto vedere in quanto era ‘clinicamente morto’.
Inoltre, particolare importante, nei soggetti che provano alcuni fenomeni parziali 'simil-NDE', indotti con farmaci o con stimolazioni cerebrali,  non si riscontra il cambiamento profondo nella concezione della vita e della morte che si ha nei soggetti che hanno provato una ‘vera’ NDE.

(continua)
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Note, crediti e link

1) Christian Agrillo – Near-Death Experince: Out-of-Body and Out-of-Brain? – Rewiew of General Psycology 2011 vol     15 -American Psychological Association

2) Andrew J. Dell’Olio – Do NDE Provide a Rational Basis of Belief in Life after Death? – Springer Science 15 dicembre 2009

(3) Ayer, A. J. (1990). What I saw when I was dead, Sunday Telegraph (August 28, 1988)
(Fra l'altro c'è un interessante scritto del medico che  assistette Ayer durante e dopo la rianimazione, dott. William Cash, che raccolse le prime confidenze del filosofo, significativamente intitolato "Il filosofo ateista ha visto Dio durante la sua morte?" - l'articolo è in inglese).

3 commenti:

  1. E' la prima volta che ti scrivo, e quindi ti ringrazio e ti conforto in questa tua opera meritoria, che porta ciò che è Santo in un contesto - internet - pieno di zolfo. Ho letto il libro di Moody, come pure di recente ho scoperto di uno "spiritista cattolico" brasiliano, Chico Xavier: tutto ciò è molto coinvolgente. Ma come conciliarlo con le tante descrizioni dell'aldilà contenute negli scritti dei mistici, che inderogabilmente parlano di inferno, purgatorio e paradiso? Ti saluto, Fabio

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    1. Io diffido un po' delle conclusioni sulla religione da parte di Moody. Di Xavier non ho letto nulla e quindi non ti so dire. Per quanto riguarda l'inferno, mi pare che le NDE non ne smentiscono l'esistenza in quanto una certa percentuale di tali esperienze è angosciosa e popolata di esseri mostruosi e infernali...

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  2. Nella meritoria analisi filosofica di Dell'Olio non è però menzionata, tra le prove a favore dell'NDE "esterna" al cervello: il fatto che persone "nate cieche" abbiano visto PER LA PRIMA VOLTA le persone e gli oggetti attorno a loro proprio DURANTE la NDE.
    E che, una volta tornati da essa (e quindi tornati nel loro corpo): abbiano ripreso ad essere ciechi com'erano prima della NDE.

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