Pensavo che il computer che prende coscienza di sé fosse materia di film di fantascienza tipo ‘Matrix’ , o ‘Terminator’, oppure di libri di fantascienza tipo ‘Guida galattica per autostoppisti’, in cui in maniera molto più divertente ‘Pensiero Profondo’, il computer più sofisticato della Galassia, alla domanda ‘Qual è la risposta fondamentale alla Vita, all’Universo e a tutto quanto’, dopo una elaborazione durata 7 milioni e mezzo di anni risponde con un lapidario: ‘42’.
E invece a quanto pare ci sono scienziati che si chiedono seriamente se i computer del futuro potranno assumere una ‘coscienza’.
Fra questi c’è Christof Koch neurologo di fama, allievo del premio Nobel Francis Crick, lo scopritore della molecola di DNA . Koch si è definito un ‘riduzionista romantico’. Egli è indubbiamente una persona intelligente e un esperto nel suo campo, ma forse il suo limite principale è proprio il suo materialismo.
Lo spunto per interessarmi del suo pensiero mi è stato fornito da due interviste reperibili in rete (questo è il link della prima e questo della seconda), in cui fra le altre cose egli si chiede se per caso prima o poi la rete Internet non possa diventare ‘cosciente’.
Questa domanda, deriva dal supporre che la realtà sia solo materiale e che non esista quindi una dimensione spirituale. Infatti questo assioma, enunciato come ipotesi di partenza, porta Koch a considerare la coscienza come il risultato emergente dal comportamento meccanicistico di un sistema ‘complesso’ che nel nostro caso, quello ‘umano’, risulta essere il cervello. Ed è quindi da ciò che deriva l’ipotesi che prima o poi la rete Internet, che sotto certi aspetti assomiglia a quella neuronale, possa diventare ‘cosciente’. Ma come si possa paragonare la rete Internet, pur fatta da computer collegati fra loro, con il cervello umano che Koch stesso ha definito ‘l’apparato più complesso dell’universo conosciuto’ e del cui funzionamento solo ora si cominciano ad apprendere i rudimenti, non è dato di sapere.
Koch imposta il suo discorso ponendosi la domanda ‘qual è la differenza tra i due sistemi che fa la differenza?’ e ha scritto un libro - ‘La Coscienza: confessioni di un riduzionista romantico’ (1) - per rispondere che forse la differenza è solamente il livello di complessità, perciò una volta che i computer o la rete Internet avranno raggiunto il numero di nodi e la complessità ‘organizzativa’ della rete neuronale non potranno che diventare ‘coscienti’.
Ecco perché quindi secondo Koch anche se un sistema è fatto solo di circuiti elettrici che si scambiano informazione potrebbe assumere una ‘coscienza’.
E come spiega la ‘coscienza,’ che fra l’altro lui assegna in diverso grado anche agli animali?
La teoria dell'informazione integrata
Koch si basa sulla teoria della ‘informazione integrata’ del neurologo Giulio Tononi . In pratica secondo questa teoria, siccome è accertato che nel cervello vi sono miriadi di parti differenziate ognuna specializzata per un determinato compito, quando i risultati di questi ‘compiti’, le informazioni differenziate, vengono ‘integrati’ per mezzo di una interazione ‘creativa’ tra le diverse parti del sistema, allora nascerebbe una esperienza conscia.
Durante il passaggio dalla veglia cosciente al sonno, quando si ha una ‘sospensione’ dello stato di coscienza, si nota infatti la perdita di comunicazione tra le diverse parti, che comunque continuano a funzionare in maniera indipendente. In pratica paragonando le parti del cervello a dei coristi, è come se ognuno di essi cantasse in coro con gli altri durante la veglia, generando così un canto armonioso, che sarebbe lo stato di coscienza, mentre quando si è ‘incoscienti’ lo si è perché i diversi coristi cantano per conto proprio senza accordarsi con gli altri.
La teoria di Giulio Tononi ripresa da Koch, introduce come una specie di ambiente ad un numero grandissimo di dimensioni, un cosiddetto spazio dei ‘qualia’, popolato dalle nostre rappresentazioni del reale, detti ‘cristalli’ o ‘politopi’ generati da ‘ interazioni causali tra parti rilevanti del cervello’ e fatti di ‘rapporti informativi’. Insomma il ‘cristallo’ sarebbe ‘il punto di vista dall’interno, la voce nella testa, la luce dentro il cranio, l’essenza dell’esperienza mentale soggettiva’, differenziata quindi dalla realtà fisica oggettiva. E in base a questa teoria Koch si spinge oltre ipotizzando addirittura la futura costruzione di un misuratore di coscienza. Esso analizzerebbe la rete in cui viaggiano le informazioni, leggendone il livello di attività e calcolandone l’informazione integrata traccerebbe così la forma del ‘cristallo’ dello stato conoscitivo che il sistema sta sperimentando in quel momento.
Trovo questo discorso interessante e suggestivo tuttavia esso mi lascia insoddisfatto perché non esaurisce il vero problema che è quello di definire e descrivere oggettivamente cosa è la coscienza. Infatti tutto ciò che è stato detto si riferisce all’atto del conoscere e del rappresentarsi internamente il mondo esterno. Ma chi è l’agente di tutto ciò? Solo il cervello, come affermano i materialisti o anche un quid immateriale che costituisce il nucleo vero della coscienza di sé, quella parte che mi fa capire, al di là delle esperienze sensoriali e alle sue relative rappresentazioni, di essere sempre e unicamente ‘io’, una medesima persona che conosce, ha delle sensazioni, pensa ed esiste?
Per Koch la Religione sbaglia
Koch sostiene che la religione sbaglia quando afferma che la coscienza non può essere spiegata solamente in termini materiali ma che è anche un ente appartenente alla sfera ‘spirituale’. Egli semplicemente boccia senza appello l’affermazione che possa esistere un’anima che trascende la dimensione corporale.
Ma mi chiedo, e se poi il cervello risulta essere ‘solo’ un ponte che permette il legame, ovviamente complesso e sofisticato, tra il nostro corpo e la nostra anima? Una specie di trasduttore che trasforma i segnali materiali avvertiti dal nostro corpo in quelli spirituali? Oppure addirittura un adattatore o riduttore al livello materiale dei sensi spirituale troppo potenti? Come la mettiamo? D'altronde chi può escluderlo?
Come la mettiamo con le Esperienze di Pre-Morte?
Koch non accenna mai alle NDE, cioè alle esperienze di pre-morte, che invece sembrerebbero indicare che la mente e la coscienza potrebbero esistere anche ‘staccati’ dal cervello. Se questo fatto fosse reale potrebbe mettere in crisi le sue affermazioni materialistiche e seminare il sospetto che il tutto non possa avere una risposta così semplicemente meccanicistica come quella che lui dà.
Ironia della sorte, ultimamente il suo collega neurochirurgo Eben Alexander ha avuto una esperienza NDE che ha cambiato la sua visione della vita, facendo nascere in lui la certezza che esiste qualcosa oltre morte. Riporto solo questa frase di Alexander: ‘Non c'è una spiegazione scientifica a quello che mi è successo: mentre i neuroni della corteccia erano inattivi a causa dell'infezione, qualcosa come una coscienza slegata dalla mente è arrivata in un altro universo. Una dimensione di cui mai avrei immaginato l'esistenza’.
Comunque questo delle NDE è un un discorso che riprenderò e approfondirò in un futuro post...
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Note
(1) il libro non è stato ancora tradotto in italiano perché è stato appena pubblicato:
Christof Koch – Consciousness, confessions of a Romantic Reductionist – The MIT Press 2012
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