E adesso parliamo di come sarebbe potuta essere composta la prima cellula vivente: ovviamente il supporre che si sia formata con processi casuali comporta che dovrà essere stata la più semplice possibile, però a metà strada tra il ‘troppo semplice’, perché sennò non avrebbe potuto funzionare, e il ‘troppo complicato’ perché in tal caso il suo formarsi avrebbe avuto del ‘prodigioso’, cosa che gli evoluzionisti vogliono escludere a priori.
Per
cercare di vedere quanto semplice possa essere stata
questa prima cellula vivente
si possono percorrere diverse
strade...
Si può ad esempio partire da un organismo unicellulare attuale il più semplice che si conosca, cioè quello con patrimonio genetico molto piccolo. Si possono considerare ad esempio i ‘simbionti’ o parassiti, che però non possono vivere senza una cellula che li ospiti, in pratica esseri ‘viventi’ che non hanno bisogno di produrre molte proteine perché le assorbono dalle cellule ospitanti. Ebbene, il più semplice che si è finora trovato per vivere, anche se ospitato in un’altra cellula, produce di suo circa 480 proteine (1) e il suo genoma è lungo 491 mila coppie di basi.
Un altro modo è quello di confrontare i genomi diversi di batteri e considerare quali geni funzionali sono comuni a tutti: si arriva a circa 250 geni come per un patrimonio genetico minimo.
Un modo più promettente però è quello di partire da una cellula batterica attuale e man mano ‘disattivare’ dei geni, cioè togliere delle funzioni e delle strutture che in un primo momento possono essere considerati come ‘inessenziali’ per la sopravvivenza della cellula stessa. Con questo metodo si è arrivati a stimare comunque intorno a 200-300 geni come numero minimo per la sopravvivenza.
In base a ciò, alcuni studiosi hanno ipotizzato la cellula vivente parassita più semplice possibile, che viva però in condizioni ideali. Essa è supposta con un metabolismo minimale che non faccia alcuna sintesi di amminoacidi perché questi vengono forniti dalla cellula ospitante ; inoltre si suppone che non sia necessaria una membrana cellulare perché essa è già difesa dalla cellula ospitante; soltanto in queste condizioni irrealistiche ne deducono che sono necessari ‘solo’ 200 geni.
Le operazioni più complicate che normalmente avvengono nelle cellule vengono però escluse: quindi niente sintesi proteica, niente meccanismi di replicazione, né processi che producano amminoacidi, lipidi, nucleotidi, vitamine. Il metabolismo minimale di una cellula è stato perciò ipotizzato come composto delle seguenti funzioni (2):
1) biosintesi di amminoacidi-tRNS
2) ciclo pentoso fosfato
3) biosintesi di nucleotidi
4) biosintesi dei fosfolipidi
5) glicolisi
6) metabolismo dei cofattori
7) generazione del potenziale di membrana
“In un ‘brodo primordiale’ non esisteva un’eredità nel senso biologico attuale del termine, non c’era selezione biologica e quindi nessuna evoluzione neutrale. Una prima cellula deve quindi essersi formata con l’incontro di tutti gli elementi necessari venuti a trovarsi contemporaneamente in un compartimento, in modo da formare un’entità unica in grado di replicarsi: l’ipotetica cellula primitiva rappresentava quindi un sistema irriducibilmente complesso” (3).
Ma cos’è un sistema irriducibilmente complesso? E’ un ‘apparato’ funzionante, (ecco perché ‘complesso’), i cui devono essere presenti contemporaneamente i ‘componenti’’ ognuno dei quali è essenziale (ecco perché ‘irriducibile’, nel senso anche solo un pezzo viene tolto il sistema non funziona).
Considerato perciò che come è stato detto occorre che possedesse almeno 200 geni (formatisi contemporaneamente), costituendo ciò ovviamente un numero troppo grande perché l’evento potesse essere minimamente pensato possibile, si sono ipotizzate cellule precorritrici ancora più primitive, benché senza alcuna prova sperimentale.
“Partendo dal presupposto che una cellula primitiva non avrebbe avuto bisogno di sintetizzare alcuna sostanza di basso peso molecolare, perché disponendo di una membrana cellulare completamente permeabile avrebbe potuto assorbire le sostanze necessarie dall’esterno (anche qui però c’è una seria difficoltà: sarebbe stata permeabile anche a tante sostanze nocive presenti nel ‘brodo primordiale’), si è supposta una cellula con un DNA minimale, con soli 150 proteine e con la divisione cellulare non controllata da proteine ma solo da un processo fisico-statistico” (4) (tipo rottura della cellula per urti o altro), ma anche questo numero, 150 geni, viene considerato troppo elevato per una nascita casuale.
Perciò
certi studiosi hanno
semplificato
ulteriormente, cancellando tutte le proteine costruite da ribosomi e
supponendo
l’attività catalizzatrice che le costruiva come svolta
da un solo ‘ribozima’ , cioè un acido ribonucleico (RNA).
Ma
tale meccanismo “è
del tutto speculativo e non esiste alcuna prova che esso avrebbe
permesso la produzione delle circa 100 proteine presenti in questa
‘cellula ribosomiale semplice’ ” ipotizzata
(5).
Ma 100 proteine sono comunque ancora un numero troppo elevato e perciò alcuni autori hanno ridotto ulteriormente il numero arrivando a 45-50 geni, ipotizzando un alfabeto di amminoacidi minimale e un unico enzima attivo contemporaneamente per DNA, RNA e agente da primasi. Ma per ammissione degli stessi autori si dubita che una cellula con soli 45 geni possa essere funzionale. Nonostante ciò anche questo numero è considerato troppo grande per essere realistico e quindi “ ancora diversi studiosi pensano che la prima cellula non avrebbe potuto presentare già dozzine di proteine nello stesso compartimento, per cui sarebbero necessarie ulteriori riduzioni definite dagli stessi come ‘puramente teoriche’ o ‘ipotetiche’, ‘basate su elementi ancora sconosciuti’ “ (6)
Considerata quindi la complessità ‘minimale’ che avrebbe dovuto avere la prima cellula vivente e la sua pratica impossibilità di formazione casuale nel tempo a disposizione sulla Terra, “alcuni scienziati hanno spostato la ricerca sull’origine della vita nello spazio interstellare” ! (7).
E comunque c’è un convitato di pietra grosso quanto una montagna, una ulteriore difficoltà che sembra insormontabile per una costruzione ‘casuale’: la nascita dell’informazione genetica. Infatti per dirla con Junker e Scherer “i polimeri formati devono essere delle strutture portatrici di informazione, collegate tra loro da svariate relazioni reciproche”. Per cui “come scienziati dobbiamo dire che sulla base delle conoscenze attuali, non si sa come possa essersi formata l’informazione per la prima cellula. Realisticamente, la probabilità che si trovi una soluzione ai numerosi e svariati problemi in questo ambito è molto ridotta” (8).
Di questo problema fondamentale, riguardante la nascita della necessaria informazione per il funzionamento (e non solo) della cellula anche semplice e primitiva, e che forse assesta un fendente formidabile e decisivo all’ipotesi ‘caso autore della vita’, parleremo nel prossimo post.
(continua)
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Note e crediti
(1) R. Junker-S. Scherer – Evoluzione – un trattato critico – Gribaudi 2007, a pag. 128
(2) tratto da R. Junker-S. Scherer – op. cit pag 129 fig. 8.15
(3) R. Junker-S. Scherer – op. cit pag 129
(4) R. Junker-S. Scherer – op. cit pag 129
(5) R. Junker-S. Scherer – op. cit pag 130
(6) R. Junker-S. Scherer – op. cit pag 130
(7) Curtis – Barnes – Invito alla biologia – Zanichelli 2009 pag. 44
(8) R. Junker-S. Scherer – op. cit pag 130
D.N. Il post precedente ha fatto conoscere ai lettori il fatto che ogni proteina ha una sua funzione e che questa funzione è collegata alla struttura della proteina stessa. Ragionevole il fatto che il professor Canto si domandasse come sia possibile che il caso abbia costruito una struttura molecolare in grado di compiere una funzione e io avevo proposto al lettore quello che a me da anni sembra un esempio sorprendente di funzionamento di una molecola enzimatica collegato alla sua struttura, si tratta -ripeto- dell'ATP sintetasi.
RispondiEliminaIl funzionamento dell'ATP sintetasi non aveva sorpreso solo me (faccio una parentesi nel ragionamento), ma anche un mio vecchio professore di biochimica che dopo quarant'anni (nel frattempo era arrivato ad essere direttore di istituto) ebbe a dirmi: "ma come puoi pensare che l'ATP sintetasi si sia formata per caso?".
Tornando a questi post, oggi l'attenzione si sposta sul fatto che anche la cellula più semplice non è costituita da una sola proteina ma da più tipi di proteine: e poiché dovrebbe essere ormai chiaro a chi legge che molte di queste proteine sono enzimi, è chiaro anche che la vita di questa cellula si basa su una serie di differenti reazioni enzimatiche in successione ordinata.
Vorrei però fare un passo indietro e tornare alla singola proteina funzionale. La comparsa della prima semplice proteina funzionale, se il caso ce l'avesse fatta a farla comparire, si sarebbe persa senza nessun risultato se, insieme a quella proteina, non fosse esistito un meccanismo atto a riprodurla.
Dunque la vita della cellula presuppone tre condizioni: proteine funzionali, collegamento ordinato della funzioni, possibilità per ogni proteina di essere riprodotta uguale al modello iniziale.
Insomma, per l'intelligenza media permangono molti misteri da chiarire. L'intelligenza media non può accontentarsi dell'esperimento di Miller, se mai questo può bastare a chi preferisce non approfondire.