7 giugno 2024

Il male come prova dell’inesistenza di Dio? E il bene?

 

Nel correggere e rivedere la bozza del mio libro sugli indizi di Intelligent Design in natura quindi alla fin dei conti sui 'segni' o meglio le 'prove' dell’esistenza di Dio, mi soffermavo oggi sul paragrafo dei comportamenti complessi di alcuni animali. Uno di questi è quello della vespa ampulex compressa che usa un cocktail di droghe per paralizzare ma non del tutto uno scarafaggio, con due punture in precisi punti del suo sistema nervoso, rendendolo così una specie di zombie ambulante, per poi dirigerlo al nido tenendolo per le antenne, mentre la vittima segue obbediente. Nel nido la vespa depone le uova nel corpo dello scarabeo così che le larve si potranno nutrire della sua carne mentre è ancora in vita.

Al di là del fatto che gli stessi evoluzionisti Massimo Piattelli Palmarini e Jerry Fodor , che hanno portato questo esempio (1), si chiedono come si sia potuta sviluppare per tentativi casuali e selezione una sequenza così complicata, quello che alcuni atei dicono dopo aver notato questo comportamento è che allora il Dio buono e onnipotente della Bibbia non esiste, perché sennò non avrebbe permesso che in natura ci fossero il male e questa cattiveria. Il problema però è che questo ragionamento viene fatto un po’ a comodo in quanto uno potrebbe allora dire che visto che in natura ci sono la bellezza, la bontà e l’amore allora Dio esiste. A questo punto sembrerebbe allora che atei e credenti siano pari e che quindi l’argomento non possa essere decisivo per la prova dell’esistenza o meno di Dio. Ma io credo che non sia così, e per un motivo molto semplice: perché il cristiano può sempre dire, e infatti lo dice, che il male è entrato nel mondo non per volere di Dio ma per il peccato, derivante dalla possibilità di scelta data da Dio all’uomo a causa del fatto che gli ha donato il libero arbitrio. Infatti si parla di ‘peccato originale’ che ruppe l’armonia del creato - quello in cui gli attuali ‘predatori’ e ‘prede’ convivevano pacificamente nutriti dalla grazia divina e quindi senza magari il bisogno di cacciare o essere cacciati - introducendo così il male e il dolore anche nella natura. Diceva infatti San Paolo che "la creazione geme e soffre come nelle doglie del parto aspettando la rivelazione dei figli di Dio" (2). Certo comunque resta sempre un’aria di mistero e non tutto è chiarito, ma per dirla sempre con San Paolo, che fra l’altro parlava del ‘mistero’ del male, adesso vediamo le cose in maniera confusa, mentre quando avremo abbandonato il corpo mortale vedremo in maniera perfetta (3) e ci sapremo spiegare allora perché Dio avrebbe ‘permesso’ tutto ciò, ma non si può ritenere il fatto che esiste il male come prova della sua inesistenza.

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Note e crediti

(0) l'immagine iniziale  è "Il giardino dell'Eden"  dipinto di Johann Wenzel Peter conservato alla Pinacoteca vaticana (1800-1829).

(1) Massimo Piattelli Palmarini e Jerry Fodor Gli errori di Darwin - Feltrinelli 2012 a pag. 108.

(2) “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.” (Romani 8, 19-23)

(3) “La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato.  Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.” (1 Corinzi 13, 9-12)

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