Comincio con una serie di post dedicati all'interpretazione della Meccanica Quantistica.
"Ci sono più cose in cielo ed in terra di quante noi ne possiamo immaginare" (Shakespeare - Amleto) .
La meccanica quantistica (M.Q.) fu scoperta nei primi anni trenta del 900 e ha rappresentato una vera rivoluzione paradigmatica nell’ambito della Fisica, talmente lontana dal senso comune classico della rappresentazione della natura che la discussione su come interpretarla non ha avuto ancora termine.
Uno dei concetti fondamentali della M.Q. è quello di funzione d’onda. Per dirla in breve, per la Fisica classica una particella (ad esempio l’elettrone) ad un dato istante ha una sua posizione ben definita in un punto dello spazio e segue una ben determinata traiettoria con lo scorrere del tempo, per la M.Q. invece la particella si può trovare con una certa probabilità in un dato punto dello spazio ad un certo istante, ma può trovarsi invece con un altro valore di probabilità (maggiore o minore o uguale al precedente) in un altro punto. In pratica quello che possiamo dire e prevedere con certezza è la probabilità di trovare in certi punti dello spazio anziché in altri la particella. E questa probabilità si ricava facilmente dalla funzione d’onda della particella, la quale a sua volta viene anche determinata dalla situazione ‘ambientale’ in cui si trova immersa la particella.
La funzione d’onda quindi sostituisce il concetto classico di traiettoria. Però la sua rappresentazione spaziale non deve essere pensata come una curva, bensì quasi come un’onda, più o meno ‘sparpagliata’ nello spazio. Nell’interpretazione iniziale della M.Q. si considerò come se l’elettrone fosse questa specie di onda, e questo era in accordo con esperienze tipicamente ondulatorie come l’interferenza o la diffrazione a cui l’elettrone sembra sottostare, ma questo raffigurarsi l’elettrone come ‘onda’ cozzava con esperienze che indicavano invece l’elettrone come una ‘particella’ praticamente puntiforme per giunta. Seguì una interpretazione ‘bifrontale’ delle particelle-onde, come fossero dei ‘giani bifronte’, cioè onde e particelle contemporaneamente, ma un’onda è la ‘negazione’ di una particella (in quanto un’onda si intende sparpagliata nello spazio e la particella puntiforme no), ciò metteva quindi in imbarazzo perché sembravano cadere i presupposti della logica (aristotelica) e precisamente quello di non contraddizione e quello del terzo escluso. E allora successivamente si interpretò il tutto salvando ‘capra e cavoli’: l’elettrone è una particella ma è inseparabile dalla sua funzione d’onda, questa è sparpagliata nello spazio, rappresenta una specie di ‘aura’, e dà la probabilità di trovare l’elettrone in un determinato punto o in un altro. E questa più o meno è, ormai, l’interpretazione accettata.
Non si deve pensare però che la funzione d’onda dica solo qualcosa sulla probabilità. Essa ha una ben determinata ‘forma’, la foto che ho pubblicato è un esempio, ed è come una ‘informazione’ sparpagliata in una zona dello spazio tanto reale da essere responsabile dei legami chimici tra gli atomi e le molecole. Quindi non è un ente ‘matematico’ astratto, quasi un fantasma derivante dai calcoli, ma una realtà fisica.
Il problema sorge nel momento in cui si cerca di vedere di cosa è fatta questa realtà fisica...
La funzione d’onda quindi sostituisce il concetto classico di traiettoria. Però la sua rappresentazione spaziale non deve essere pensata come una curva, bensì quasi come un’onda, più o meno ‘sparpagliata’ nello spazio. Nell’interpretazione iniziale della M.Q. si considerò come se l’elettrone fosse questa specie di onda, e questo era in accordo con esperienze tipicamente ondulatorie come l’interferenza o la diffrazione a cui l’elettrone sembra sottostare, ma questo raffigurarsi l’elettrone come ‘onda’ cozzava con esperienze che indicavano invece l’elettrone come una ‘particella’ praticamente puntiforme per giunta. Seguì una interpretazione ‘bifrontale’ delle particelle-onde, come fossero dei ‘giani bifronte’, cioè onde e particelle contemporaneamente, ma un’onda è la ‘negazione’ di una particella (in quanto un’onda si intende sparpagliata nello spazio e la particella puntiforme no), ciò metteva quindi in imbarazzo perché sembravano cadere i presupposti della logica (aristotelica) e precisamente quello di non contraddizione e quello del terzo escluso. E allora successivamente si interpretò il tutto salvando ‘capra e cavoli’: l’elettrone è una particella ma è inseparabile dalla sua funzione d’onda, questa è sparpagliata nello spazio, rappresenta una specie di ‘aura’, e dà la probabilità di trovare l’elettrone in un determinato punto o in un altro. E questa più o meno è, ormai, l’interpretazione accettata.
Non si deve pensare però che la funzione d’onda dica solo qualcosa sulla probabilità. Essa ha una ben determinata ‘forma’, la foto che ho pubblicato è un esempio, ed è come una ‘informazione’ sparpagliata in una zona dello spazio tanto reale da essere responsabile dei legami chimici tra gli atomi e le molecole. Quindi non è un ente ‘matematico’ astratto, quasi un fantasma derivante dai calcoli, ma una realtà fisica.
Il problema sorge nel momento in cui si cerca di vedere di cosa è fatta questa realtà fisica...
Vedremo nei post successivi come nella interpretazione della funzione d'onda e di alcuni fenomeni e leggi della meccanica quantistica abbiano fatto capolino alcune spiegazioni così inusuali per il nostro modo di vedere 'classico' da apparire quasi 'trascendenti'.
Mi scusi, sono terribilmente ignorante.
RispondiEliminaNon conosco il significato della parola "diffrazione" (proverò a cercarla sul vocabolario, ma immagino che sia un termine tecnico specifico che si usa in Fisica).
Inoltre non comprendo bene i colori della figura...l'atomo di idrogeno non è quello che ha un solo elettrone?
Qual è l'orbitale di questo elettrone, quello verde sfumato o le due zone rosso vivo?
Mi scusi, sono molto ignorante, ma mi piacerebbe capire un pochino di più, se magari ha la pazienza di spiegarmi. Grazie!