Oggi
ho cominciato a spiegare in classe quinta la teoria della Relatività Ristretta. Ho detto agli studenti: non dite mai "tutto è
relativo!", è un'affermazione falsa. Ci sono i nostri
modi 'relativi' di vedere ciò che ci circonda, che dipendono anche
dalle nostre convinzioni e impressioni personali e che spesso non
corrispondono alla realtà delle cose, ma esistono "verità e oggetti assoluti", indipendenti dai nostri modi di
interpretare. Einstein stesso la pensava così, forse la sua opera
si sarebbe dovuta chiamare più propriamente "teoria degli assoluti" anzichè "della relatività".
D’altronde
deveva essere per forza così. Scopo primario della Scienza è scoprire
la realtà, quella che esiste indipendentemente dal nostro eventuale
modo personale e ‘relativo’ di vedere. Einstein fece una cosa
molto ‘scientifica’: riportò alla loro vera dimensione
'relativa', gli enti e i concetti della fisica classica considerati
prima ‘assoluti’, ma nello stesso tempo trovò altre grandezze
che si potevano ritenere indipendenti dall'osservatore. Il primo a cadere fu il concetto di
Etere, semplicemente inesistente, e con esso anche il credere che la
velocità della luce dipendesse dai sistemi di riferimento in cui
veniva misurata, trovando così nella sua invarianza e indipendenza
il primo ‘assoluto’. Questo fatto ebbe come conseguenza la
necessità della dipendenza dal sistema di riferimento delle misure di
tempo e di spazio: ciò generò un cambiamento radicale nei
fondamenti della fisica e soprattutto nel modo del pensare ‘comune’.
Infatti sino ad allora, ad esempio, nessuno aveva osato mettere in
dubbio l’universalità e l’assolutezza dello scorrere del tempo. Persino il concetto di simultaneità tra due eventi fu messo in dubbio
relegandolo nella dimensione dei nostri modi di vedere: secondo tale teoria due eventi contemporanei per noi 'in quiete' non lo sono per un altro osservatore in
moto!
Einstein,
una volta retrocesse le misure di spazio e tempo quasi a livello di
‘modi di vedere’ soggettivi, trovò però altre grandezze veramente
invarianti e assolute: una l’abbiamo già vista, la velocità della
luce nel vuoto, le altre sono state, per dirne alcune, la massa e la lunghezza a riposo,
il quadrivettore spazio-tempo, il quadrivettore energia-impulso.
Queste ultime due grandezze unite nel loro nome da un trattino fanno
capire un po’ i termini della questione: considerando separate le
misure di spazio e di tempo per ogni evento, si trova che queste
grandezze dipendono dal sistema di riferimento, ma ‘messe assieme’,
nello spazio-tempo quadrimensionale, in cui anche il tempo
diventa una dimensione fisica, contribuiscono a formare una grandezza
assoluta, indipendente dal modo di vedere, e quindi effettivamente oggettiva.
Oltre
alla invarianza della velocità della luce, un’altra assunzione di
Einstein fu quella che tutte le leggi della fisica sono le ‘stesse’
in ogni riferimento inerziale. La cosa non era così pacifica ai suoi tempi come si
potrebbe credere, infatti per il fisico ‘classico’ le uniche
leggi che risultavano ‘assolute’ erano quelle della
Meccanica, mentre quelle dell’Elettromagnetismo pareva facessero
eccezione, generando così un’asimmetria nella natura. Esistevano
infatti delle equazioni di trasformazione tra un sistema di
riferimento e un altro, chiamate 'di Galileo', rispetto alle quali le
leggi della Meccanica erano invarianti mentre non lo erano
quelle dell’Elettromagnetismo. Einstein trovò che le vere
trasformazioni erano altre, simili alle precedenti per piccole
velocità, ma essenzialmente diverse per alte velocità (quelle paragonabili alla velocità della luce): le cosiddette trasformazioni di Lorentz. E
siccome rispetto a queste non avevano problemi di invarianza
quelle dell’Elettromagnestismo, cioè quelle di Maxwell, ma ne
avevano le leggi della Meccanica, quelle di Newton per intenderci, dovette
‘riscrivere’ queste ultime per adattarle, deducendo così tra le
altre cose la famosa relazione di equivalenza tra massa ed energia.
Perciò
quello di Einstein è stato un lavoro di ‘assolutizzazione’ nelle
fondamenta della fisica che ci ha fatto capire che non è vero che ‘tutto è
relativo’ o che "così è se vi pare". Si rassegnino i relativisti estremi: fuori di noi la realtà oggettiva esiste,
ed è indipendente dalla nostra volontà, dal nostro modo di vederla o di pensarla .
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