28 maggio 2021

Sulle esperienze di pre-morte (le NDE)

Ho parlato spesso delle Esperienze di pre-morte (le NDE, cioè le Near Death Experiences) in precedenti post (fra l’altro qui, qui, qui, qui, qui, qui ) e dopo la lettura di un libro edito nel 2007 (1) riprendo l'argomento con ulteriori considerazioni sulle ricerche scientifiche effettuate.

Ci si chiede se le NDE siano esclusivamente il frutto del cervello oppure se siano dei fenomeni che possono avvenire anche senza la sua collaborazione attiva. Per alcuni esse sarebbero un indizio di una via dopo la morte. Il dibattito su questo dilemma è intenso e prosegue da molti anni. Sono state proposte delle spiegazioni in ambito medico e psichiatrico, ma sotto molto aspetti però esse appaiono, come vedremo, incomplete e in certi casi insoddisfacenti....

Cosa è una NDE

Molti ‘sopravvissuti’ alla morte clinica, dopo che sono  stati ‘riportati alla vita’ per cause naturali o per manovre rianimatorie, hanno raccontato come pur essendo stati considerati in stato di ‘morte clinica’ dai medici o dalle persone che stavano attorno, hanno avuto la sensazione di essersi separati dal corpo stesso potendolo così osservare dall’alto, hanno ascoltato i dialoghi delle persone presenti, si sono trovati in situazione di completa assenza di dolore e affanno e anzi con la sensazione di essere in uno stato di beatitudine. Dopo questa fase, in cui hanno provato stupore e in cui hanno capito che la tanto temuta morte è in realtà come un passaggio ad un’altra dimensione prima invisibile, alcuni hanno anche avuto la sensazione di un passaggio attraverso un tunnel alla cui estremità era presente una luce intensissima , hanno quindi avvertito la presenza di altri esseri, spesso amici e parenti defunti che li hanno accolti comunicando loro che non era arrivato ancora il momento di lasciare definitivamente la vita terrena. Molti di quelli che non sono stati ‘svegliati’ a questo punto, cioè quelli che sono stati in morte clinica per più tempo (anche se si parla sempre di pochi minuti) ricordano anche di aver avuto una visione panoramica tridimensionale di tutte le scene della propria vita alla presenza di un Essere di luce, sprigionante amore, che invitava a valutare azioni buone e cattive, mostrando contentezza quando gli atti erano ispirati dall’amore verso gli altri. Lo stesso Essere di luce comunicava che non era arrivato ancora il momento e quindi bisognava ritornare nel proprio corpo, come infatti succedeva, e al risveglio si risentivano tutte le sensazioni penose derivanti dal corpo ferito o malato.
Inoltre quasi sempre hanno la certezza della realtà dell’esperienza avuta e ciò provoca un cambiamento di prospettiva nella vita e la scomparsa della paura della morte: se queste persone si fossero svegliate da un sogno, potrebbero dubitare della loro esperienza. Invece sono sicurissimi della realtà di essa tanto da causare appunto la scomparsa della paura di morire, che come sappiamo è innata e costante in ogni essere umano (se non altro perché fa parte dell’istinto di conservazione).

Essa è perciò una esperienza di consapevolezza che avrebbe molte somiglianze con l’esperienza dei mistici, che dicono che durante l’estasi è come se fossero venuti a conoscenza dei segreti della natura e del mondo soprannaturale.

Studi scientifici e ipotesi più recenti

Studi retrospettivi su 4700 testimonianze

L'oncologo Jeffrey Long gestisce il sito web Near Death Experience Research Foundation (Nderf). Per molti anni questo sito internet ha ricevuto e raccolto oltre 4.700 rapporti su NDE, ed è quindi la collezione più grande di testimonianze dirette sulle NDE nel mondo. La caratteristica principale di questo sito Web è che qualunque persona che ritiene di aver avuto una NDE, che si qualifica in base a un certo numero di criteri, può inserire il racconto della sua esperienza che quindi può essere studiata. Il sito fornisce un modulo su cui i soggetti interessati possono condividere una narrativa dettagliata delle loro esperienze e include un questionario dettagliato. Sulla base di tutti questi rapporti, è stato trovato che diverse caratteristiche costituiscono la realtà delle NDE, tra cui:

(a) è una esperienza organizzata e lucida, pur in uno stato incosciente, di coma o di ‘morte clinica’

(b) c’è la visione di eventi in corso da un luogo diverso dal corpo fisico mentre si è incoscienti

(c) c’è alle volte la visione di cose invisibili e soprannaturali

(d) c’è alle volte la revisione di scene della propria vita

(e) c’è spesso l’incontro con parenti e amici deceduti

(f) si registrano effetti duraturi e positivi dopo l’esperienza e il ritorno alla vita normale.

E’ stato fatto inoltre un sondaggio (2)  a cui hanno partecipato 1.122 persone che hanno vissuto l'esperienza di NDE, cui è stato chiesto: “Come valuti attualmente la realtà della tua esperienza?"

Hanno risposto:

1) L'esperienza è stata decisamente reale, 962 persone (95,6%);

2) L'esperienza era probabilmente reale, in 40 (4,0%);

3) L'esperienza probabilmente non era reale, 3 (0,3%);

4) L'esperienza non è stata decisamente reale, 1 sola persona (0,1%).

Studi prospettici sui pazienti rianimati

Studio olandese pubblicato su Lancet nel 2001

Nel 1988 il dr. Lommel cardiologo e 2 psicologi iniziarono uno studio prospettico, (cioè dei risultati nel tempo), durato 12 anni su pazienti rianimati dopo arresto cardiaco con ricordi del loro periodo di incoscienza in diversi ospedali dell’Olanda. Questi pazienti venivano interrogati dopo pochi giorni dalla rianimazione, dopo due anni e dopo otto anni. Venne creato anche un gruppo di controllo di sopravvissuti all’arresto cardiaco e che non avevano ricordi.

Le interviste vennero registrate su nastro. “Il fatto notevole era che dopo due o otto anni i pazienti riferivano la loro NDE quasi con le stesse precise parole, fino al più piccolo dettaglio. Cosa praticamente impossibile nel caso di sogni o storie inventate” (1)

Nello studio 282 pazienti (82%) non avevano ricordi del loro periodo di incoscienza, mentre 62 pazienti (18%) riferivano una NDE. Di questi 21 avevano avuto solo qualche ricordo, 18 pazienti avevano avuto una NDE moderatamente profonda, 17 una profonda e 6 una molto profonda.

Metà dei 62 pazienti erano consapevoli di essere morti e provavano emozioni positive, il 30% ha visto il tunnel, un paesaggio celestiale, incontrato parenti defunti, circa il 25% ha avuto una OBE, ha comunicato con una luce e ha visto dei colori, il 13% ha avuto una visione panoramica della vita, l’8% ha percepito la presenza di un confine.

Gli autori della ricerca hanno cercato di rispondere al quesito sul perché alcuni hanno l’esperienza di NDE e altri no. Hanno perciò confrontato i dati biometrici dei 62 con NDE con i 282 che non l’avevano avuta e hanno trovato che questi dati non presentavano nessuna differenza significativa nella durata dell’arresto cardiaco, e di altre situazioni e parametri. La NDE è sembrata più frequente in pazienti con età inferiore ai 60 anni e un infarto miocardico, o sottoposti a più rianimazioni o con NDE precedenti. Come pare ovvio c’è stata una minore frequenza di NDE in persone che hanno riscontrato dopo la rianimazione dei difetti duraturi nella memoria e ciò fa pensare che una buona memoria sia un requisito importante per ricordare una NDE.

Questo studio non ha confermato le cause fisiologiche (anossia) o psicologiche (paura della morte) o farmacologiche (assunzioni di farmaci). Tutti i pazienti dello studio erano stati clinicamente morti e solo una piccola percentuale riferiva uno stato di coscienza ampliata (…) a volte con percezioni da un punto al di fuori e al di sopra del proprio corpo senza vita durante le manovre rianimatorie. Se questa coscienza ampliata avesse una causa fisiologica come l’anossia tutti i pazienti nello studio avrebbero dovuto riferire una NDE. (…) La spiegazione psicologica è improbabile perché la maggior parte dei pazienti non sperimentò nessuna paura della morte prima di andare in arresto cardiaco: questo si verificò in maniera così improvvisa che non se ne resero neanche conto. Siamo anche in grado di escludere una spiegazione farmacologica, poiché i farmaci somministrati non influirono sul verificarsi di una NDE” (3)

Per quanto riguarda i cambiamenti della vita, dopo due anni venne somministrato un test ai due gruppi (con e senza NDE). Tra quelli che accettarono di fare il test il 38% delle risposte sulle 34 domande erano significativamente diverse tra i due gruppi. L’intervista mostrava nel gruppo NDE una significativa diminuzione della paura della morte e un altrettanto convincimento di una vita dopo la morte. Altre differenze notevoli riguardavano l’accettazione degli altri, la disponibilità a mostrare emozioni, un atteggiamento più amorevole verso la vita, se stessi e gli altri. Inoltre altre differenze riguardavano un maggior interesse verso la spiritualità, un maggior coinvolgimento nella famiglia, minor interesse per il denaro e sul mantenere le apparenze. Dopo otto anni il test venne ripetuto e i cambiamenti che si erano riscontrati dopo due anni nel gruppo NDE si erano accentuati. Anche nell’altro gruppo si notarono dei cambiamenti in positivo (la vecchiaia porta saggezza?) ma si notò una significativa riduzione dell’interesse per la spiritualità (4).

Studi inglesi

I due studi britannici sono stati quello del dr. Parnia  e quello della dottoressa Sartori.

Quello del dr. Parnia ha riguardato 63 pazienti rianimati dopo arresto cardiaco di cui 7, cioè 11%,  avevano avuto una NDE. A tutti i pazienti erano stati misurati ossigeno, anidride carbonica e farmaci somministrati. Il risultato dell’indagine secondo il dr. Parnia conferma il fatto che la NDE avviene negli stati di incoscienza (5) .

L’altro studio, condotto dalla dottoressa Sartori su 243 pazienti di cui solo l’10% aveva avuto una vera NDE. Tra i 39 pazienti con arresto cardiaco, il 18% riferì una NDE e il 5% solo una OBE (6).

Negli studi di Parnia e di Sartori sono stati usati dei segni nascosti visibili solo dall’alto nelle sale di rianimazione, però nessuno di questi segni è stato notato dai pazienti che avevano avuto una OBE. Considerato che spesso i pazienti che hanno riferito una OBE hanno notato particolari delle manovre rianimatorie e della strumentazione usata, che è stata poi confermata dai medici, il fatto che non siano stati notati questi segni messi apposta induce a pensare che l’attenzione dei pazienti si sia focalizzata su altri particolari che nel momento della OBE sembravano interessare di più la loro persona e gli eventi che la riguardavano anziché particolari inessenziali (7).

Una ulteriore ricerca  è stata effettuata e pubblicata da Sam Parnia nel 2014 e pubblicata in Resuscitatin Journal qui.

NDE di contenuto terrificante.

Si ritiene siano il 20% del totale (il precedente dato era sottostimato a causa della ritrosia a parlarne delle persone che hanno avuto tale esperienza). A mio avviso questo fatto smonta il principale argomento contrario alla veridicità delle NDE da parte di alcuni credenti ‘tradizionalisti’, che le giudicano un inganno 'diabolico' perché farebbe credere che dopo la morte ci sia solo Paradiso e niente Inferno.

La ricerca ha stabilito che tali NDE avvengono, ma la loro frequenza è incerta perché si suppone che molti di quelli che le hanno sperimentate abbiano sofferto di NDE così orrende che siano stati riluttanti a segnalarle. Attualmente, si pensa che forse il 20% delle NDE sia del tipo angosciante, con tre sottotipi, per ciascuno dei quali Bush e Greyson offrono descrizioni ed esempi dettagliati:

(a) NDE con le stesse caratteristiche di quelle piacevoli ma che sono percepite come ostili o minacciose

(b) NDE vuote: in questo secondo sottotipo più riportato, chi la sperimenta si ritrova in un vuoto eterno eterno, consapevole di essere totalmente da solo per sempre;

(c) l'NDE infernali: in questa il soggetto soffre una qualche forma di tormento.

I professionisti della salute mentale sono messi alla prova nel gestire esperienze come queste, in particolare quando hanno poca o nessuna conoscenza dei fenomeni NDE. Le persone che hanno sperimentato questo tipo traumatico di NDE sembrano sapere anche questa cosa, quindi tendono a mantenere l'esperienza per se stesse e sviluppare strategie di copertura.

In una revisione retrospettiva un soggetto che ha avuto una NDE terrificante dice che "avevo bisogno di questa esperienza" come una specie di avvertimento e impeto per cambiare la sua vita.

Un altro esempio riportato è quello di "un professore precedentemente ateo che durante la sua NDE ha sperimentato l’aggressione di esseri malevoli, e successivamente ha lasciato la sua università ed è entrato in seminario" (8) .

Ipotesi più recenti sulle cause fisiologiche delle NDE

1) Carenza di ossigeno

Per quanto riguarda le cause chimiche, è stato ipotizzato che le NDE possano accadere per l’anossia (mancanza di ossigeno), o anche per l’ipossia (riduzione di ossigeno), con conseguente blocco di alcuni recettori cerebrali e il rilascio di endorfine che causano allucinazioni e un senso di pace e beatitudine.

Pin van Lommel (9) sostiene che essendo la NDE sempre caratterizzata da una coscienza ampliata e lucida, associata a ricordi e può verificarsi anche nell’imminenza di un pericolo mortale o nella depressione, in cui non c’è carenza di ossigeno, questa spiegazione non pare essere applicabile. Inoltre l’allucinazione è una percezione che non ha fondamenti nella realtà, mentre nelle OBE associate alle NDE si ha una visione dell’ambiente confermata da testimoni. Inoltre non ci si dovrebbero aspettare allucinazioni quando il cervello non funziona in quanto le allucinazioni richiedono un cervello attivo.

In particolare per l’esperienza del tunnel, essa è stata associata ad una carenza di ossigeno nella corteccia visiva cerebrale, mentre altri l’hanno associata alla carenza di ossigeno agli occhi che oscurerebbe gradualmente il campo visivo, lasciando alla fine solo la parte centrale vista come un tunnel, Ma come fa osservare Lommel “ un’esperienza di tunnel è accompagnata da un senso di alta velocità, dall’incontro con i parenti defunti e a volte da una bella musica; e una carenza di ossigeno agli occhi non può spiegare tutto ciò” (9).

Una delle scoperte fatte è che le OBE sono anche possibili in laboratorio: con una centrifuga che serve ad aumentare artificialmente il valore di ‘g’ e che viene usata per addestrare i piloti di aerei supersonici. E stato notato infatti dal dott. James E. Whinnery, (10) coinvolto nelle ricerche sugli effetti dell’aumento estremo della gravità nei piloti, che questi hanno per un certo periodo più o meno lungo (che va dai 2 ai 35 secondi) una ‘perdita di coscienza’ – chiamata G-lock - e questa è accompagnata dalla sensazione di staccarsi dal corpo, visione del tunnel e di una luce brillante. Il dottore ha scritto un resoconto per il ‘National Institute for Discovery Science’ sul fenomeno che riporto per sommi capi nella nota (11).

Il fatto che la coscienza rimanga lucida e si senta come esterna al corpo, in condizioni in cui il cervello entra in crisi perché privato per un certo periodo di tempo del sangue - come avviene in questi esperimenti con la centrifuga gigante - è molto difficile da spiegare in un contesto in cui si ritiene che la mente e la coscienza vengano create dal cervello. Infatti in quei momenti il cervello si trova in condizioni di ‘ipossia’, cioè in mancanza di sangue e ossigeno e in pratica smette di funzionare.

2) Eccesso di anidride carbonica

Stessa cosa forse può dirsi di un eccesso di CO2 nel sangue. IL Dr. van Lommel parla delle osservazioni fatte nel 1950 da Ladislas Medina facendo respirare CO2 ai suoi pazienti. Egli riferisce di alcuni episodi rari in cui ci sono state fasi tipiche delle NDE (visioni luce, di un tunnel, di senso di pace e di rapidi ricordi) per il fatto però che queste immagini erano molto frammentarie e non diventavano mai una revisione panoramica della vita o un incontro con i defunti, né a queste visioni seguivano cambiamenti nella vita delle persone, van Lommel ritiene che non si possa parlare quindi di NDE, ma io personalmente sono tentato di pensare che, così come per l’ipossia, anche la presenza di eccesso di CO2 possa fungere come da starter per le NDE (12).

3) Rilascio di ketamina

siccome la ketamina causa allucinazioni, e in alcune persone anche senso di distacco dal corpo e visione di un tunnel, perché blocca alcuni recettori cerebrali, tipo le NMDA, si è ipotizzato che essa venga rilasciata nel cervello in caso di forte stress. Il punto debole di tale teoria è che nel cervello non sono mai state trovate sostanze simili alla ketamina (13).

4) Rilascio di endorfine

sotto stress il nostro corpo rilascia endorfine, che sono dei neurotrasmettitori. Esse possono eliminare il dolore e indurre un senso di pace. Però i loro effetti durano molte ore, mentre l’assenza del dolore e il senso di pace nelle NDE cessano subito dopo che si riacquista coscienza (14) .

 Ipotesi più recenti  sulle cause psicologiche delle NDE

1) Paura di morire

Il fenomeno OBE (Out-of-Body Experience) a quanto pare si è verificato anche in altri casi ‘estremi’, come in situazioni in cui l’individuo si è trovato in serio pericolo o abbia provato paura di morire. Alcune persone in estremo pericolo di vita infatti, a secondo della durata del pericolo, hanno sperimentato l’uscita dal corpo e talvolta anche la revisione delle scene della propria vita e altre fasi delle NDE (15). Come ho detto per l’ipossia, forse lo spavento provoca lo scatto del ‘grilletto’ che innesca la separazione temporanea della coscienza dal corpo e innesca le diverse fasi della NDE.

Non regge l’ipotesi che le NDE vengano create dal cervello come risposta protettiva dall’angoscia provocata dalla paura di morire in quanto spesso le NDE sono avvenute in casi in cui i soggetti non erano coscienti di essere in pericolo di vita (ad esempio per complicazioni durante interventi chirurgici).

2) Aspettative

Ma al di là di questo alcuni psicologi hanno ipotizzato che le NDE potrebbero essere evocazioni di esperienze che permettano alle persone di sottrarsi alla paura della morte in maniera conscia o inconscia. A questa ipotesi i contrari rispondono che per molte persone il contenuto delle NDE non coincide con loro precedenti aspettative sulla morte (16). Inoltre non si spiegherebbero le esperienze negative a volte terrificanti riferite da circa il 5% di quelli che hanno avuto una NDE (percentuale sicuramente più alta perché il racconto di tali esperienze potrebbe essere più raro a causa della ritrosia del soggetto a riferire una esperienza paurosa)

2) Spersonalizzazione

fenomeno di perdita di identità associato a senso di distacco e di alienazione. E’ il percepire la vita come un sogno. Ma durante le NDE le persone invece mantengono la loro identità, con sentimenti di pace e amore (17).

3) Dissociazione

Fuga da una realtà spaventosa attraverso la perdita di identità, memoria e coscienza. Ma durante le NDE le persone non perdono né identità né memoria (18).

4) Fantasie

il maggior argomento a sfavore di chi sostiene che i racconti di NDE possano essere delle fantasie è che essi sono praticamente identici in tutti i Paesi e in tutte le culture, quindi appare impossibile che si possa inventare un racconto simile senza che ci sia sotto un fenomeno oggettivo (19).

5) Ricordi della nascita

Si è supposto che la visione del tunnel e della luce in fondo ad esso sia un ricordo della nascita ma a sfavore di questa ipotesi c’è il fatto che non sempre le NDE hanno un vissuto di tunnel e che lo hanno avuto anche persone nate con parto cesareo (19) .

Inoltre come già detto questa ipotesi è stata confutata nel 1982 da C. B. Becker che ha sostienuto che il sistema nervoso neonatale è fisiologicamente incapace di percepire e ritenere il processo di nascita con dettagli sufficienti da giustificare i contenuti NDE e comunque, quand’anche il sistema nervoso del nascituro fosse in grado di simili operazioni, il vissuto della nascita non corrisponde in modo significativo al contenuto del vissuto delle NDE (20).

6) Allucinazioni

E’ una percezione della realtà che viene avvertita come reale da chi ce l’ha ma che non ha riscontri con la realtà. Un’allucinazione è personale e soggettiva, che non ha riscontri con la realtà, mentre le NDE hanno elementi universali comuni a tutti i vissuti e in certi casi di OBE hanno un riscontro oggettiva sulla realtà percepita. Inoltre i cambiamenti dopo le allucinazioni sono rari mentre quelli dopo le NDE sembrano essere una costante (21).

7) Sogni

I sogni si verificano nella fase REM durante il quale il cervello evidenzia una grande attività, invece le NDE avvengono a volte senza apparente attività cerebrale. Inoltre i sogni oltre a essere facilmente dimenticati, mescolano situazioni reali con eventi immaginari personalizzati, mentre le NDE lasciano ricordi stabili e la sperimentazione di realtà molto vivida con elementi e fasi comuni a tutte le esperienze. Elementi comuni ai sogni e alle NDE sono l’apparente assenza dello spazio e del tempo (22).

 

Induzioni sperimentali di esperienze simili alla NDE

1) con somministrazione di sostanze psicoattive

"La dimetiltriptamina (DMT), la mescalina, la psilocybina e l’ LSD sono sostanze si legano allo stesso recettore S2 del cervello a cui si lega anche la serotonina e provocano esperienze di espansione mentale. La DMT viene prodotta dalla ghiandola pineale quando questa viene stimolata da ormoni che vengono rilasciati in grande quantità in caso di forte stress. Si suppone che la ghiandola pineale rilasci grandi quantità di DMT durante le fasi di morte a causa della distruzione delle sue cellule" (22). Queste sostanze, e soprattutto la DMT inducono esperienze molto simili alle NDE per cui si può supporre che esse possano far scattare il ‘grilletto’ che porta all’ipotizzata separazione temporanea della coscienza dal cervello.

2) Con stimolazione della corteccia cerebrale

"Alcuni ricercatori sostengono che la stimolazione elettrica dei lobi temporali e parietali potrebbero scatenare delle OBE. Però un’analisi attenta dei pochi casi in cui sarebbero avvenute fa ritenere che queste esperienze indotte non sono state delle vere OBE ma solo delle fasi illusorie. Allo stesso modo una stimolazione magnetica alle volte scatena esperienze mentali simili ma ad una attenta analisi le fa giudicare differenti dalle NDE" (23).

3) con Centrifuga per piloti

Come già detto le OBE sono state ottenute anche con una centrifuga che serve ad aumentare artificialmente il valore di ‘g’ e che viene usata per addestrare i piloti di aerei supersonici.Il dott. James E. Whinnery, coinvolto nelle ricerche sugli effetti dell’aumento estremo della gravità nei piloti, ha relazionato sul fatto che questi piloti hanno per un certo periodo più o meno lungo (che va dai 2 ai 35 secondi) una ‘perdita di coscienza’ – chiamata G-lock - e questa è accompagnata dalla sensazione di staccarsi dal corpo, visione del tunnel e di una luce brillante (10).

Stato del cervello durante una NDE

Tutti gli studi menzionati hanno concluso che la coscienza può venire sperimentata durante un periodo in cui il cervello non mostra nessuna attività rivelabile e tutte le sue funzioni, come i riflessi del centro encefalico e la respirazione sono assenti. “Questa conclusione è stata raggiunta sulla base della schiacciante prova che la NDE si verifica durante il periodo di morte clinica e non subito prima o dopo l’arresto cardiaco(24).

Dice Greyson “ L’evento paradossale di una consapevolezza lucida e ampliata e di processi di pensiero logico durante un periodo di perfusione cerebrale assente, fa sorgere domande particolarmente sconcertanti sulle nostre attuali conoscenze della coscienza e sulla sua relazione con la funzione cerebrale. Come hanno concluso altri ricercatori: un sensorio integro e processi percettivi complessi, durante un periodo di apparente morte clinica, mettono in dubbio il concetto che la coscienza sia localizzata esclusivamente nel cervello”. E Sam Parnia ha concluso: “ I dati suggeriscono che in questo modello di arresto cardiaco la NDE insorga durante lo stato di incoscienza. Questa è una conclusione sorprendente perché quando il cervello è così compromesso che addirittura il paziente è in coma profondo, le strutture cerebrali che sottendono all’esperienza soggettiva e alla memoria devono essere gravemente menomate. Esperienze complesse, come sono quelle riportate nelle NDE non dovrebbero verificarsi o essere conservate nella memoria e Sartori: “ Il fenomeno resta inspiegato se viene considerato dal punto di vista dell’attuale pensiero scientifico che ritiene la coscienza un sottoprodotto dei processi neuronali. Il fatto che esperienze chiare e lucide fossero riportate durante un periodo in cui il cervello era privo di attività non concorda assolutamente con gli attuali principi scientifici(25).

I ricercatori partono dal fatto che quando c’è un arresto cardiaco e quindi non arriva più sangue al cervello questo cessa la sua attività. Infatti la ricerca scientifica ha mostrato che quando c’è un arresto cardiaco la perdita di attività sia del tronco encefalico che della corteccia cerebrale causano perdita di coscienza entro pochi secondi. Smette di funzionare anche il centro del respiro. In molti casi di arresto cardiaco indotto, sono stati effettuati in contemporanea ECG e EEG e i risultati hanno mostrato che l’attività elettrica nella corteccia cerebrale e nelle strutture più profonde cessa dopo brevissimo tempo.

I primi segni della carenza di ossigeno vengono registrati in media dopo 6,5 secondi dall’inizio dell’arresto cardiaco. Se il battito non viene ripristinato la perdita completa dell’attività cerebrale dà luogo a un EEG piatto entro dieci o venti secondi. Nei test sugli animali i potenziali auditivi evocati non possono essere più indotti, cioè le reazioni che i suoni determinano in un tronco encefalico normalmente funzionante non si verificano più". “ Molti affermano che la scomparsa del flusso cerebrale e un EEG piatto non escludono la presenza di qualche attività in qualche parte del cervello, ma il punto non è se da qualche parte c’è attività non misurabile, ma se c’è qualche segno di quegli aspetti specifici dell’attività cerebrale che, secondo la neuroscienza corrente, vengono considerati essenziali per sperimentare lo stato di coscienza” (26).

Sappiamo che tutti i pazienti con arresto cardiaco inclusi negli studi prospettici sulle NDE hanno subito un arresto del flusso sanguigno e una cessazione dell’attività elettrica cerebrale. Il loro quadro clinico riflette anche la perdita di tutta l’attività della corteccia cerebrale e del tronco encefalico (…) ciononostante durante una tale perdita temporanea di tutte le funzioni cerebrali misurabili, un certo numero di questi pazienti ha sperimentato un periodo caratterizzato da uno stato di coscienza straordinariamente lucida” (27).

Una ricerca condotta con RMI ha mostrato che la connessione e l’attività simultanea della corteccia cerebrale e del tronco encefalico, con le loro vie condivise (cioè l’ippocampo e il talamo) è un requisito fondamentale per sperimentare il normale stato di coscienza. Se l’assenza di flusso sanguigno al cervello interrompe il rifornimento di glucosio e di ossigeno, una delle prime conseguenze è l’impossibilità da parte dei neuroni di mantenere il loro potenziale (elettrico) di membrana e questo determina la perdita dell’attività neuronale (27).

Una possibile spiegazione

Il fenomeno sarebbe semplice da comprendere se si ammettesse che la coscienza possa esistere indipendentemente dal cervello: in questo caso infatti la coscienza potrebbe pensarsi come ‘ospite’ del corpo e non come suo ‘prodotto’. E se fosse vero questo fatto, si potrebbe anche ipotizzare: 

1) che esista una legge naturale che causa l’espulsione dal corpo -, reale o virtuale, non lo sappiamo ancora - della coscienza di sé, e cioè della mente, non appena il cervello tende a non funzionare o a morire: un po’ come se ci fosse un meccanismo analogo all’apparato di espulsione automatica del seggiolino del pilota di un aereo che precipita: insomma l’ipossia o l’anossia, sarebbero allora come il movimento del dito in un grilletto che può innescare una NDE, 

2) e una volta liberatasi dal cervello che la coscienza assuma delle proprietà di sintonizzazione con la realtà che prima erano come bloccate per via del fatto che essa normalmente si deve raccordare con l’apparato cerebrale che, per forza di cose, essendo fatto di materia/energia, ha dei limiti intrinseci, legati anche al fatto che esso deve comandare e coordinare un corpo materiale.

Conclusioni

Pare appurato che certe condizioni psicofisiche innescano alle volte una NDE parziale o completa. Il problema da risolvere è se la NDE è frutto del cervello oppure se è un fenomeno che può avvenire anche senza necessariamente la sua collaborazione attiva e che quindi faccia pensare che la coscienza può sussistere indipendentemente dal corpo. Io personalmente propendo per quest'ultima ipotesi. Il dibattito su questo dilemma comunque è intenso e ha sostenitori per entrambe le possibilità, prosegue da molti anni ma non ha ancora avuto una risposta certa e definitiva.

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Note e crediti

(1) Dr. Pim van Lommel – Coscienza oltre la vita – La scienza delle esperienze di premorte – 2007-2016 – ed. Amrita - pag. 149

(2)  Book Review: The Science of Near-Death Experiences, edited by John C. Hagan III• Reviewed by Rudolf Smit in Journal of Near-Death Studies Vol. 35, No. 3, Spring 2017 pag. 173 consultabile qui

(3) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag 156

(4) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag 158

(5) Sam Parnia e al. - A Qualitative and Quantitative Study… in Cardiac Arrest Survivors – Resuscitation 48 (2001) pag. 149-156

Si veda anche una più recente pubblicazione del 2014 di una ulteriore ricerca  qui  in resuscitationjournal.com

(6) Sartori e al, A Protively Studued NDE with OBE Perception – Journal of NDE Studies 25 n. 2 (2006) pp. 69-84

(7) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag 162

(8) Book Review: The Science of Near-Death Experiences, edited by John C. Hagan III• Reviewed by Rudolf Smit in Journal of Near-Death Studies Vol. 35, No. 3, Spring 2017 pag. 77 consultabile qui 

(9) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag 125

(10) James E. Whinnery, Ph.D., M.D. - Psychophysiologic Correlates of Unconsciousness and Near-Death Experiences - Journal of Near-Death Studies 15 (4) 1997

(11) “Questo rapporto si concentra sugli eventi mente / cervello associati alla perdita di coscienza indotta con l'accelerazione gravitazionale, nota anche come G-LOC, in individui completamente sani (…)
Lo stress gravitazionale riduce il flusso sanguigno alla testa e induce un ristagno di sangue nell’addome e le estremità che si traducono quindi in una G-LOC (..)
I risultati rappresentano  i dati raccolti da oltre quindici anni di ricerca e più di 700 episodi di G-LOC che si sono verificati in aerei da combattimento e durante l'esposizione alla centrifuga gravitazionale. I soggetti della ricerca in media sono giovani militari dell'età media di 32 anni. Tutti loro erano in buona salute dopo aver completato con successo un esame fisico militare. I G-LOC sono stati tutti registrati su videocassetta per l'analisi.
Quando lo stress gravitazionale viene applicato ben al di sopra del limite di tolleranza, c'è un breve periodo di tempo durante il quale la normale funzione cerebrale persiste, nonostante la perdita del flusso di sangue adeguato. Al termine di questo periodo, la coscienza si perde, e lo stress gravitazionale è ridotto di nuovo a condizioni normali. La lunghezza del incoscienza è in media di 12 secondi (..). La lunghezza media stimata del flusso di tempo sangue al sistema nervoso centrale è stata alterata durante la perdita ed il recupero di coscienza era circa 15 a 20 secondi.
L’esperienza di  G-LOC include specifici sintomi visivi, convulsioni, alterazioni della memoria, e altri sintomi psicologici. I principali sintomi che hanno comunanza con le NDE sono:
uscita dal corpo, visione del tunnel e di una luce brillante, visioni di luoghi splendidi, ricordi precedenti”.
Il rapporto termina con questa importante considerazione:
“ Il fatto che molti dei sintomi NDE sono simili a quelle derivanti dalla perdita e recupero della coscienza nelle G-LOCK suggerisce che gli individui che hanno segnalato i loro NDE hanno fornito accurate descrizioni dei sintomi. Questo include (perciò - perché sono testimoni credibili- nota mia) i sintomi al di fuori degli scopi di sperimentazione del G-LOC e che sono unici per la NDE”.
(Traduzione dall’originale in inglese riportato qui

(12) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 126

(13) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 127

(14) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag 128

(15) Riflettendo su questo fatto mi sono ricordato della espressione siciliana (il mio dialetto) che per descrivere una situazione in cui uno ha provato un grosso spavento si dice. ‘mi sciu l’alma!’, che significa letteralmente: ‘mi è uscita l’anima dal corpo!’. Probabilmente l’espressione è nata in tempi remoti a causa di esperienze di OBE causate da grande spavento.

(16) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 134

(17) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 135

(18) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 136

(19) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 140

(20) B. Becker – Why Birth models cannot explain NDE – Anabiosis 2 (1982) 75-82

(21) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 141

(22) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 128

(23) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 131

(24) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 167

(25) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag.  168-169

(26) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 172

(27) Dr. Pim van Lommel op. cit. a pag. 174


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