Alla
fine dell’ottocento la teoria darwiniana fu messa seriamente
in crisi, così come più
o meno nello
stesso
periodo successe alla fisica classica .
Un
duro colpo
per l’evoluzionismo come l’aveva concepito Darwin arrivò
infatti con il
progresso
della biologia e soprattutto con
la
nascita della
genetica.
Con
le scoperte di Mendel si vide che gli organismi trasmettono le
proprie caratteristiche innate alla discendenza e certi caratteri che
sembrano nascosti o persi
in realtà si manifestano dopo un certo numero di generazioni
secondo rapporti ben definiti: non sembrava esistere nessuna
ereditarietà dei caratteri acquisiti a
cui Darwin insieme
ad altri del suo tempo credeva.
Fu necessario
quindi apportare delle
modifiche per
armonizzarla con le nuove
scoperte della biologia
e così nacque
il Neodarwinismo. Una delle prime ipotesi di questa nuova teoria fu che i responsabili della trasmissione ereditaria sono dei geni e la comparsa di variazioni improvvise e discontinue nella prole venne attribuita a mutazioni di questi geni indotte da condizioni di stress ambientale. Più tardi si capì che questi cambiamenti erano in realtà dovuti a ricombinazioni del materiale genetico, anche se la presenza di mutazioni in certi casi venne comunque confermata. Ma con ciò non si riuscì a rafforzare la teoria darwiniana. Il meccanismo proposto di cambiamenti improvvisi cozzava con quello continuo e lento proposto da Darwin. Per questo i biologi persero il loro interesse per la teoria, disinteresse che dura fino ad oggi. Infatti come fa notare Georgiev "la sterilità euristica dell'ipotesi evoluzionistica è dimostrata dal fatto che, dei 141 premi Nobel (99 di medicina e 42 di chimica) consegnati dal 1901 al 2008 per contributi fondamentali alla conoscenza degli organismi viventi, neppure uno ha alcun rapporto con la teoria dell'evoluzione" (1) e ancora "Dei 30 maggiori testi di biochimica pubblicati tra il 1970 e il 1992 negli USA, 13 non fanno nessun riferimento all'evoluzione nell'indice analitico e in 17 i riferimenti sono meno dello 0,1%. Nella divulgazione e nell'insegnamento invece l'evoluzionismo fa ben altra figura occupando il 20% dei testi per i licei scientifici. Questi fatti dimostrano l'infondatezza della pretesa che tale teoria sia indispensabile per il progresso scientifico, essa è semmai indispensabile solo per coloro che (...) mirano ad indottrinare i ragazzi nella visione evoluzionistica del mondo" (2).
Il
genetista Morgan si
dedicò allo studio dei moscerini, trovò che i caratteri che si
trasmettevano alla discendenza – come ad esempio il colore degli
occhi - erano contenuti nei geni e che in essi potevano avvenire
delle mutazioni spontanee
che variavano tale colore. Incrociando il moscerino mutato con quelli
originari, il nuovo colore appariva nella discendenza con rapporti
mendeliani, provando così perciò la trasmissione del carattere
mutato. Dopo questa scoperta alcuni scienziati elaborarono una nuova
teoria dell’evoluzione nota ormai come Teoria
sintetica o
Neodarwinismo
in cui si riconosce come causa dei cambiamenti evolutivi, postulati
comunque
lenti
e graduali, quella
derivante
dall’accumulo di mutazioni casuali dovuti ad errori di copiatura
nel DNA. Che le piccole variazioni possano accumularsi fino a causare
profondi cambiamenti, dai neodarwinisti viene ritenuto un fatto,
ma in realtà è solo una ipotesi
non dimostrata sperimentalmente. Insomma il grande problema, è
sempre quello: il passaggio dalla microevoluzione
alla macroevoluzione
viene ritenuto scontato e invece non lo è affatto. Georgiev
propone infatti di ridenominare la microevoluzione come ‘evoluzione
osservata’
e la macroevoluzione come ‘evoluzione
supposta’;
infatti “dall’osservazione
dell’una si cerca di dimostrare l’altra, ma ciò non è lecito in
quanto sono processi qualitativamente diversi”
(3)
.
Del gruppo ‘fondatore’ del neodarwinismo faceva parte il
matematico Fisher che aveva calcolato la probabilità dei cambiamenti
evolutivi in una popolazione, ma questi risultati sono stati smentiti
con calcoli successivi da esperti di teoria della probabilità che
hanno trovato invece probabilità infinitesime sulla trasformazione
da una specie ad un’altra per accumulo di piccole mutazioni. Ad
esempio il biofisico Lee Spetner usando le stesse ipotesi proposte
dai neodarwinisti ha calcolato che in realtà la probabilità che
avvenga il passaggio da una specie ad un’altra è di 0,…27 dove i
puntini indicano ben 2739 zeri! Cioè a conti fatti quindi
l’evento
risulta praticamente impossibile! (4)
Fra
l’altro il
discorso può essere impostato
anche
a
livello
di tipologia dei
geni: quelli
polimorfi,
che sono variabili
e una
minoranza, che determinano poche
e marginali caratteristiche
all’interno della stessa specie
(occhi, piumaggio, becco,
ecc..)
e che sono quindi responsabili della microevoluzione
e quelli
monomorfi,
la
maggioranza, che
non cambiano neanche durante i lunghi periodi di tempo evolutivo e
che determinano caratteristiche identiche in specie lontane l’una
dall’altra, come ad esempio la struttura dell’emoglobina che è
uguale in tutti gli animali a sangue caldo: non sono state osservate
mutazioni di questi geni, forse perché queste sono incompatibili con
la vita (5).
Oltre
che dalla biologia altre difficoltà provengono anche dai resti
fossili, in quanto non è più possibile giustificarsi con la
scarsità della documentazione: già nella seconda metà del
novecento oltre il 97% degli ordini e l’85% delle famiglie dei
vertebrati erano stati trovati come reperti fossili (6).
A causa di queste evidenti
difficoltà, alcuni paleontologi fra cui J. Gould, proposero la
‘Teoria degli equilibri punteggiati’, secondo la
quale le nuove specie si svilupperebbero con processi evolutivi
rapidi seguiti da lunghi periodi di stasi.
Peccato
però che questa nuove teoria fu messa in crisi dalla
scoperta dell’esplosione
cambriana
e anche perché
non
riesce a spiegare l’origine della vita.
Per
cercare di superare le due teorie l’ultima arrivata è quella detta
‘Evo
Devo’,
che fissa la propria attenzione sui geni ‘omeobox’,
che non sintetizzano proteine ma si occupano di costruire e
assembrare i ‘moduli’ di cui sono fatti gli organismi: tale
teoria
spiega la trasformazione delle specie con le mutazioni, duplicazioni
e divergenze di questi geni. In
effetti piccole variazioni nella struttura di questi geni determinano
grandi variazioni nell’organismo, però solo
‘mostruosità’,
tipo zampe al posto delle antenne o ali aggiuntive, non funzionanti
perché sprovvisti dei collegamenti: per dire che simili errori
possano determinare lo sviluppo evolutivo ci vuole molta fantasia!
Comunque ammesso anche che tali geni ‘omeobox’ possano portare ad
un cambiamento evolutivo, ciò potrebbe accadere solo dopo che la
struttura finale fosse stata ‘progettata’ prima e nessuno ha più
pallida idea di come ciò possa accadere. Cioè l’Evo Devo non
riesce a fornire una spiegazione dell’origine dell’informazione
genetica (7).
E’
interessante notare che ogni maggiore scoperta genetica e fossile si
è trovata in disaccordo con tutte le teorie inerenti l’evoluzione.
Inoltre i migliori critici delle precedenti teorie evolutive
sono
stati non i creazionisti, ma quelli che ne hanno proposta una nuova:
infatti
i
sostenitori della teoria degli equilibri punteggiati criticano il
neodarwinismo e i seguaci dell’Evo Devo criticano entrambe le
teorie.
Termino
questa
parte con due brani: uno di Eldredge fondatore della teoria degli
equilibri punteggiati contro i neodarwinisti: “scoprii
(…) che le specie non tendono a cambiare granché: non solo
rimangono, ma rimangono imperturbabilmente
resistenti al cambiamento”
(8).
Ma anche
i sostenitori dell’Evo Devo squalificano l’evoluzione classica,
dicono infatti i fondatori Kirchner e Gerhart: “ è
stata
una sorpresa ( se non uno shock) trovare che gli stessi geni
controllano lo sviluppo della testa del moscerino e nei mammiferi”
(9)
e ancora per W. Ghering vale lo stesso per gli occhi : “Questa
è una scoperta inaspettata perché l’occhio a lente singola dei
vertebrati si considerava evoluto indipendentemente dall’occhio
composto degli insetti, perché i due tipi di occhio sono
morfologicamente completamente diversi”
(10).
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Note
e crediti
(1)
Mihael Georgiev-
Charles Darwin -
oltre le colonne d’Ercole
- Gribaudi – 2009
pag. 259
(2)
Mihael
Georgiev op.
cit.
a pag. 259
(3)
Mihael
Georgiev op.
cit.
a pag. 263
(4)
Lee
Spetner – Not
by Change! Shattering the Modern Theory of Evolution
– Judaica Press 1997 a pag. 103 citato
da Georgiev a pag. 263 – come
ipotesi Spetner
ha usato una probabilità di 1/300.000 che in una popolazione si
verifichi una mutazione utile e l’ulteriore
ipotesi che
per la trasformazione di una
specie in un’altra differente sono
necessarie 500 di tali mutazioni utili)
(5)
tratto da Georgiev op. cit. a pag 263-264
(6)
Mihael
Georgiev op.
cit.
a pag. 264
(7)
Mihael
Georgiev op.
cit.
a pag. 270
(8)
Niles Eldredge - Reinventing
Darwin
a
pag.
3 citato da Georgiev a pag 271 op.
cit.
(9)
Kirchner e Gerhart - The
plausibility of life
- a pag. 195 citato da Georgiev a pag. 271 op.
cit.
(10)
Walter J. Gehring – The
master control gene for morphogenesis and evolution of the eye
– Genes Cells 1: 11-15 citato da Georgiev a pag. 272 op. cit.
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