Eccoci arrivati alla
questione cruciale: microevoluzione e macroevoluzione sono
equivalenti?
La
prima è un fatto osservato ed è l’insieme dei cambiamenti di
caratteristiche particolari all’interno dei tipi base, cioè
all’interno delle specie che hanno rapporti fecondi tra loro, la
seconda, la nascita di nuove specie con nuovi organi da specie
precedenti da un tipo base ad un altro, cioè la trasformazione di
un tipo vivente in un altro con diverso piano corporeo, non è mai
stata osservata. La prima è un fatto, la seconda quindi solo una
ipotesi. In pratica gli evoluzionisti fanno una estrapolazione, non
supportata da dati sperimentali passando, in maniera illecita dal
punto di vista scientifico, dalla microevoluzione alla
macroevoluzione.
Gli
evoluzionisti battono il tasto sulla cosiddetta ‘evoluzione dei
microorganismi’. Questi ultimi sono adatti per lo studio di
eventuali meccanismi evolutivi in quanto, come ho già detto in
precedenza, per la loro velocità di riproduzione, ad esempio ogni 20
minuti per i batteri, e per il loro numero, in poche migliaia di anni
avrebbero dovuto subire i processi darwiniani di mutazione/selezione
equivalenti a decine o centinaia di milioni di anni degli organismi
superiori.
Per
i batteri sono state osservate nel corso di 120 anni più o meno tre
milioni di generazioni, equivalenti al numero di generazioni degli
animali superiori che si realizza in 60 milioni di anni, senza però
osservare particolari cambiamenti. Gli esperimenti principali tra i
più recenti sono quelli di Ayala e di Linsky. Nel primo si è
cercato di indurre in brodi di coltura nei colibatteri due
caratteristiche, con due successive selezioni ‘artificiali’ che
impropriamente Ayala chiama ‘selezione naturale’: la resistenza
ad un antibiotico e poi la sopravvivenza senza l’istidina, che è
un amminoacido necessario al batterio per potersi riprodurre in
vitro. Cioè Ayala ha ottenuto una popolazione con la coesistenza di
due varianti: resistenza ad un determinato antibiotico e non
necessità dell’istidina. Egli ne deduce che con la selezione
‘naturale’ si riescono ad ottenere varianti
che
rappresentano una ‘evoluzione’.
Ma
come risponde Georgiev : “ i dati sperimentali sono veri, non sono
però corrette le deduzioni e perciò le conclusioni sono false”
(1). Infatti così come avviene in natura i batteri resistenti
agli antibiotici tendono a scomparire nelle successive riproduzioni,
cioè vengono eliminati dalla ‘selezione naturale’ perché la
mutazione che li rende resistenti all’antibiotico ne rallenta
contemporaneamente la crescita: cioè 1) la mutazione avvenuta
è in realtà una perdita e non un acquisto di
qualcosa, è come se un meccanismo che prima funzionava si sia
inceppato, si è ottenuto un individuo ‘difettoso’ e come tale
sfavorito nella lotta per l’esistenza 2) successivamente la
selezione naturale fa il contrario di quanto sperato dagli
‘evoluzionisti’: tende a spazzare via i mutanti . “Ayala usa i
dati ottenuti in una situazione sperimentale di selezione artificiale
per trarre conclusioni di ciò che sarebbe potuto accadere
normalmente in una situazione di selezione naturale" (2).
Un
altro importante esperimento è quello che ha condotto a partire dal
1988 Lensky e durato 20 anni. Proverò a riassumerlo. Egli ha
coltivato decine di migliaia di generazioni di colibatteri per vedere
se si notavano mutazioni successive che portassero ad una
‘evoluzione’ ovvero alla nascita di una nuova specie di batterio.
Come nutrimento nel brodo di coltura venne utilizzato molto glucosio
e poco citrato. Questi batteri all’aria si nutrono di glucosio,
mentre senza ossigeno si nutrono di citrato. Una volta esaurito il
glucosio se la popolazione doveva crescere bisognava che si
sviluppasse la capacità di metabolizzare citrato anche in presenza
di ossigeno. In effetti dopo la 31.500 esima generazione è comparsa
la nuova caratteristica, una parte dei batteri aveva acquisito la
capacità di utilizzare citrato in presenza di aria. Ciò portò
Lensky e gli evoluzionisti a dichiarare che era nata una nuova specie
di batteri. Analizzando le generazioni precedenti Lensky capì che
tale capacità si era sviluppata a partire dalla 21.000 esima
generazione con piccole mutazioni. Ma l’esistenza di batteri che
si nutrono di citrato era già nota prima, e gli antievoluzionisti
affermano quindi che non si può dire che sia nata una nuova specie
perché la capacità di nutrirsi di citrato tutti i colibatteri ce
l’hanno, solo che essa si innesca normalmente in assenza di
ossigeno. Quindi può essere che nei ‘mutanti’ si sia guastata la
‘pompa’ che immette citrato nelle cellule solo in assenza di aria
e che quindi in essi il citrato passi senza ostacoli. Ancora una
volta cioè si nota che quella che viene spacciata per ‘evoluzione’
è in realtà una selezione di individui ‘difettosi’. Fra l’altro
il fatto che la pompa sia sempre in funzione, in presenza o assenza
di aria, comporta che non si spega mai e che consumi energia e quindi
in condizioni normali i mutanti sono svantaggiati e tendono a
scomparire. Insomma per la nascita di una nuova specie è necessario
che spuntino funzioni e organi nuovi, in questo caso invece abbiamo
il guasto di una struttura già esistente, quindi l’esperimento non
ha portato ai risultati sperati dagli evoluzionisti nonostante lo
vendano al grosso pubblico come una conferma della teoria evolutiva.
Un ulteriore esempio che gli evoluzionisti portano a sostegno
dell’evoluzione e di cui ho già parlato, è lo sviluppo di
resistenza agli antibiotici nei batteri: ma anche in questo caso,
come già detto, il ceppo resistente che viene selezionato è
‘difettoso’, non ha una marcia in più, semmai una in meno,
tant’è che, una volta tolto l’antibiotico il ceppo resistente si
riconverte in quello selvatico, perché in condizioni normali è
svantaggiato nella selezione naturale appunto perché ‘difettoso’.
Stessa
cosa per gi umani con una mutazione che li rende resistenti alla
malaria: sono quelli che hanno l’emoglobina alterata che però
causa l’anemia falciforme. Anche qui la resistenza è stata
acquistata con una perdita per l’organismo e non con un guadagno.
Ma
esistono anche variazioni genetiche che conseguono da rimescolamento
del materiale genetico già presente e non sono dovute quindi a
mutazioni casuali. Essi portano in certi casi a ‘speciazione’,
cioè alla separazione di una specie in due o più specie derivate,
che però non hanno funzioni o organi nuovi, quindi si possono
classificare come prodotto di microevoluzione.
Insomma
le specializzazioni in risposta a determinate condizioni ambientali,
le ottimizzazioni di singoli caratteri, gli adattamenti dettagliati o
anche regressioni, la speciazione e i risultati dovuti a
rimescolamenti genetici che portano in evidenza informazioni già
predisposte ma nascoste, sono ‘variazioni sul tema’ e
costituiscono quella che si chiama ‘microevoluzione’. Un esempio
di microevoluzione è la variazione di forma nel becco degli uccelli. Invece
lo sviluppo di nuovi organi e strutture viene considerata come
‘macroevoluzione’, come ad esempio la trasformazione di una
mascella dentata di rettile in un becco corneo di uccello: “perché
ciò avvenga sono necessarie varie ristrutturazioni che non sono
raggiungibili con semplici varianti (più grosso, più sottile, più
corto, più lungo) (...) Un becco corneo è costituito da un materiale
diverso dai denti, la muscolatura deve subire adeguamenti, i
comportamenti (procacciamento del cibo, movimenti masticatori) devono
essere adattati, l'integrazione del becco nella scatola cranica è
differente da quella di una mascella, ecc.” (3)
Pare
insomma evidente come gli esempi di evoluzione portati dagli evoluzionisti
(ottenuti per giunta in condizioni di selezione artificiale fatta
passare poi come equivalente a quella naturale) siano in realtà
inerenti il campo delle ‘microevoluzione’ che nulla ha a che
vedere con la ‘macroevoluzione’: infatti con questi loro
esperimenti viene clamorosamente smentita anche la loro sottintesa
e sperata equivalenza ‘microevoluzione + tempo’ =
‘macroevoluzione’.
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Note e crediti
(1) Mihael Georgiev - Charles Darwin - oltre le colonne d'Ercole - Gribaudi 2009
pag 284
pag 284
(2) Mihael Georgiev - Opera citata - pag 284
(3) Junker - Scherer - Evoluzione - un trattato critico - Gribaudi 2007 a pag. 54
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