17 gennaio 2023

Le incaute supposizioni di alcuni evoluzionisti

Ci sono degli argomenti che sono stati usati da alcuni evoluzionisti per propagandare il loro personale ateismo (con una operazione quindi  più ideologica che scientifica). Ma questi temi spesso però col tempo si sono rivelati controproducenti per il loro scopo . 

Ne sono un esempio il fatto di considerare alcuni organi del corpo umano come inutili o ‘atavici’, cioè un lascito dei progenitori, a cui servivano mentre adesso avrebbero perso la loro funzione originaria - tipo le tonsille, l’appendice cecale, il coccige, i denti del giudizio e addirittura fino a pochi anni fa il 97% del DNA - oppure il ritenere che alcune soluzioni strutturali negli organismi viventi siano imperfette, come ad esempio l’inversione retina-gangli nervosi dell’occhio di cui parlerò in questo articolo.

In casi come quello dell’occhio, questi evoluzionisti portano l’esempio della supposta pecca dell’organo per affermare che visto che un creatore onnisciente avrebbe fatto tutto perfetto, il fatto che esistono dei difetti nei suoi supposti ‘manufatti’ sarebbe una prova che egli in realtà non esiste e che il tipo di evoluzionismo che loro sostengono, che va avanti migliorando con il tempo gli organismi tramite variazioni casuali e selezione naturale, sarebbe perciò vero.

Il problema però sta nel fatto che è spesso per ignoranza e imprudenza che essi suppongono che l’organo sia anomalo, o che abbia una costruzione che non ne permette appieno uno sfruttamento ottimale. Infatti ad esempio per quanto riguarda l’occhio le scoperte più recenti hanno permesso di capire che la soluzione presente in natura è in realtà quella migliore, nonostante ad uno sguardo superficiale parrebbe il contrario.

Nell’occhio, che ricordo è uno degli organi più sofisticati di cui gli esseri viventi sono dotati, la retina è lo ‘schermo’ su cui viene proiettato dalla luce l’oggetto esterno che si sta osservando. Questa immagine dalla retina deve arrivare al cervello per essere elaborata e dare quindi la ‘sensazione’ della visione. Ciò avviene tramite dei neuroni collegati in serie a cellule  dette di Müller, che a loro volta sono collegate con le cellule fotorecettrici della retina. Quindi la luce arrivando si trova davanti prima le cellule gangliari collegate al nervo ottico, poi le cellule di Müller e poi le cellule fotorecettrici della retina (queste ultime sono quelle sensibili alla luce e sono di due tipi, coni e bastoncelli). Da notare che le cellule gangliari e le cellule di Muller non sono perciò poste dietro la retina come ci si aspetterebbe, ma davanti ad essa. E questo comporta che essendo queste le cellule messe tra fonte esterna e la retina in qualche modo dovrebbero schermare la luce che arriva diminuendone l’intensità, facendo così proiettare sulla retina stessa un figura più debole o comunque disturbata, in quanto esse farebbero da ostacolo generando una specie di ombra. Almeno così sembrerebbe a prima vista.

Invece, contrariamente al senso comune, si è scoperto che questa soluzione è più efficiente di quella che si ritiene sarebbe stata ottimale.

 


(Nella figura è rappresentata una piccola porzione di retina ingrandita. La luce arriva dalla parte inferiore e incontra nell’ordine: la cellule gangliari, le cellule bipolari o di Müller, i coni e i bastoncelli).

Si è trovato infatti che non c’è vero disturbo, anzi il tutto sembra finamente costruito per migliorare l’efficienza nella raccolta della luce proveniente dalla sorgente che si vuole osservare.

Dicono infatti dei ricercatori che hanno studiato il problema (2) : “I piedi terminali delle cellule di Müller coprono l'intera superficie retinica interna e hanno un basso indice di rifrazione, consentendo un ingresso altamente efficiente della luce dal vitreo. Allo stesso tempo, l'indice di rifrazione crescente insieme alla loro forma a imbuto a capacità di guida della luce quasi costante li rende collettori di luce ingegnosamente progettati” e ancora: “Le singole cellule di Müller agiscono come fibre ottiche e la loro matrice parallela nella retina ricorda le lastre a fibre ottiche utilizzate per il trasferimento di immagini a bassa distorsione. Pertanto, le cellule di Müller sembrano mediare il trasferimento dell'immagine attraverso la retina dei vertebrati con distorsione minima e bassa perdita”.

Quindi per dirla brevemente, le cellule di Müller canalizzano la luce focalizzandola sulle cellule fotorecettrici retiniche comportandosi come fibre ottiche, riducendo la perdita dovuta a rifrazione e riflessione. Il tutto cioè è costruito in maniera molto intelligente anche se contraria al senso comune, tanto da far dire agli stessi ricercatori che la cellule di Müller (il grassetto è mio) "sono collettori di luce progettati ingegnosamente " .

E con questo per ora mi fermo qui.

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Note e crediti

(0) foto iniziale su Pixabay

(1) Lo spunto per questo articolo mi è stato ispirato dalla lettura del libro di Lee Spetner – The Evolution Revolution – Judaica Press 2014

(2) K. Franze, J. Grosche, S. Skatchkov e altri - Müller cells are living optical fibers in the vertebrate retina - Edited by Luke Lee, University of California, Berkeley 2007.  L’articolo può essere reperito con questo link: https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.0611180104

Per chi vuole approfondire rimando alla lettura dell’articolo citato (in inglese). Per comodità riporto sotto la traduzione dell’introduzione e della discussione tratte dallo stesso articolo

(il grassetto è mio):

Introduzione

Controintuitivamente, la retina dell'occhio dei vertebrati è invertita rispetto alla sua funzione ottica e la luce deve passare attraverso diversi strati di tessuto prima di raggiungere le cellule dei fotorecettori che la rilevano (…). Abbiamo studiato il tessuto retinico e le singole cellule di Müller, che sono cellule gliali radiali che coprono l'intero spessore retinico. Le cellule di Müller hanno una forma a imbuto allungato, un indice di rifrazione più alto rispetto al tessuto circostante e sono orientate lungo la direzione di propagazione della luce.(…). Queste cellule forniscono un passaggio a bassa dispersione della luce dalla superficie retinica alle cellule dei fotorecettori (…) inoltre agiscono come fibre ottiche e la loro matrice parallela nella retina ricorda le lastre a fibre ottiche utilizzate per il trasferimento di immagini a bassa distorsione. Pertanto, le cellule di Müller sembrano mediare il trasferimento dell'immagine attraverso la retina dei vertebrati con distorsione minima e bassa perdita. Questa scoperta chiarisce una caratteristica fondamentale della retina invertita come sistema ottico e attribuisce una nuova funzione alle cellule gliali.”

Discussione

Questi risultati forniscono informazioni sulle proprietà ottiche della retina. La maggior parte delle strutture nella retina, in particolare quelle nello strato di fibre nervose e in entrambi gli strati plessiformi, sono oggetti di fase che causano necessariamente la diffusione della luce Al contrario, le proprietà ottiche e la geometria delle cellule di Müller sono coerenti con quelle delle fibre ottiche in modo che fungano da condotti a bassa dispersione per la luce attraverso la retina. Il basso scattering è probabilmente dovuto alla loro peculiare ultrastruttura perché gli oggetti altamente scattering, come i mitocondri, sono rari, o addirittura assenti, mentre abbondanti filamenti lunghi e sottili sono orientati lungo l'asse cellulare , impostando così un'anisotropia dielettrica come tipicamente visto nelle fibre di cristallo fotonico. I piedi terminali delle cellule di Müller coprono l'intera superficie retinica interna e hanno un basso indice di rifrazione, consentendo un ingresso altamente efficiente della luce dal vitreo nelle cellule stesse . Allo stesso tempo, l'indice di rifrazione crescente insieme alla loro forma a imbuto a capacità di guida della luce quasi costante li rende collettori di luce ingegnosamente progettati . Questi risultati insieme al loro orientamento generale lungo il percorso della luce potrebbero ben spiegare il basso backscattering assoluto nella retina di solo l'1–5% . La disposizione parallela collettiva delle cellule di Müller nella retina assomiglia a quella delle fibre ottiche nelle lastre a fibre ottiche, che vengono utilizzate per trasferire le immagini tra piani spazialmente separati con bassa perdita e bassa distorsione. La somiglianza strutturale suggerisce una funzione analoga della matrice di celle di Müller in situ . La struttura di base simile a una piastra a fibre ottiche è particolarmente caratteristica per le retine di tutti i mammiferi ad eccezione della fovea centralis degli esseri umani e dei primati superiori, la regione della nostra retina responsabile della visione nitida; qui, le cellule dei fotorecettori non sono affatto oscurate da nessuno strato retinico interno. In media, ogni cellula di Müller di mammifero è accoppiata a una cellula fotorecettrice a cono (responsabile della visione nitida in condizioni di luce diurna, cioè la visione fotopica) più un numero specifico di cellule fotorecettrici a bastoncino (≈10 sia nell'uomo e porcellino d'India), al servizio della visione a basso livello di luce (scotopica). Pertanto, nel caso della visione fotopica, l'apparato parallelo di cellule Müller può preservare la risoluzione iniziale dell'immagine guidando la luce direttamente alla rispettiva cellula fotorecettrice del cono, riducendo al minimo la distorsione dell'immagine. Questo apparato potrebbe anche servire a migliorare il contrasto dell'immagine aumentando il rapporto segnale/rumore . Nella visione scotopica, le cellule di Müller potrebbero ridurre la perdita di intensità riducendo al minimo il riflesso della luce, in particolare sulla superficie retinica interna. In sintesi, le cellule di Müller nella retina assumono il ruolo di fibre ottiche e trasferiscono in modo affidabile la luce con bassa dispersione dalla superficie retinica allo strato cellulare dei fotorecettori. Allo stesso tempo, la loro forma a imbuto lascia l'80% del volume retinico per altre cellule e la connettività neuronale e potrebbe quindi disaccoppiare spazialmente il trasporto della luce dall'elaborazione del segnale neuronale. La funzione delle cellule gliali che descriviamo qui spiega una caratteristica fondamentale della retina invertita come sistema ottico.

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