Con questo post continuo nella serie di articoli in cui sottopongo ad analisi critica alcune affermazioni della teoria evoluzionistica.
In particolare qui voglio analizzare il problema delle 'affinità ( o omologie)' che soprattutto nei manuali divulgativi viene presentato come una delle prove dell’evoluzione. Sarà capitato infatti a tutti di vedere delle foto di scheletro di un’ala di uccello, di quella un pipistrello, della zampa di un felino, di quella di un capriolo e del braccio di un uomo raffrontate per far vedere come sono simili nella loro struttura costruttiva (affinità nella forma). Per la teoria evolutiva la struttura originaria sarebbe l’arto anteriore di un anfibio primordiale che aveva acquisito l’abbozzo fondamentale e nella successiva evoluzione dei vertebrati nonostante la funzione diversa esso si sarebbe modificato, senza tuttavia ricostruirsi completamente.
Gli evoluzionisti nel trattare le ‘affinità’ si basano su questa argomentazione: si sa per esperienza che alcuni caratteri distintivi sono ereditati e che i figli somigliano ai genitori. In questo caso le affinità dipendono dal fattore ereditario e dalla discendenza. Tale fenomeno è indubbiamente osservabile però il fatto è che lo è solo per le specie che sono incrociabili tra loro, cioè nell’ambito degli stessi ‘tipi base’, mentre gli evoluzionisti la estendono a tipi base diversi (ad esempio scimmia e uomo) il cui legame di discendenza non è più verificabile (1).
Il problema è che una spiegazione alternativa e lo stesso valida è quello che motiva queste affinità ricorrendo semplicemente ai vincoli costruttivi, senza appellarsi all’evoluzione . Le analogie possono derivare dal fatto che determinate strutture devono espletare funzioni simili (2).
Per gli evoluzionisti una ulteriore prova che le affinità nelle diverse specie deriverebbero da un antenato comune sarebbe la ‘sovrabbondanza’, cioè il fatto che alcune di esse sarebbero più accentuate di quanto richiederebbe la loro funzione: ad esempio, la forma delle ossa della talpa che scava è la stessa del cavallo che galoppa o del pipistrello che vola. Questo fatto proverebbe che ‘il modello base’ dello scheletro degli arti una volta acquisito dall’antenato comune non poteva più essere cambiato successivamente per via evolutiva. Queste affinità sarebbero infatti meno evidenti se le relative strutture fossero state costruite per il loro scopo odierno.
Il fatto è però che non è dimostrato sperimentalmente che le singole strutture (ali di pipistrello, zampe di cavallo, arti della talpa) non siano adatte ad assolvere la loro relativa funzione in modo ottimale e che quindi altre strutture sarebbero più adeguate. Anzi lo studioso Peters (1993) (3) ritiene e spiega perché queste strutture siano ottimali in riferimento alla loro funzione e conclude che le affinità 'sovrabbondanti' dello scheletro degli arti dei vertebrati, di per se, non costituiscono nessuna prova a sostegno dell’evoluzione.
D’altronde attribuire all’evoluzione il fatto che alcuni organi non sarebbero perfetti si è dimostrato spesso prematuro e alquanto temerario (come vedremo in un altro futuro post...).
Inoltre non tutte le affinità vengono attribuite, e dagli stessi evoluzionisti, a un’origine comune, essi sono infatti costretti ad ammettere che esistono numerosissime ‘affinità convergenti’ cioè strutture omologhe simili che però si sono formate, in maniera indipendente e molteplice, da strutture di base diverse. Esempi se ne possono portare molti, fra questi l'esistenza del pappo piumoso sia nella ‘Geum’ che nella ‘Pulsatilla’, nonostante le due specie non siano strettamente imparentate. Ciò significa che i due pappi dal punto di vista evoluzionistico dovrebbero essersi formati indipendentemente e la loro affinità non avrebbe quindi niente a che vedere con una origine in comune.
Ecco altri esempi di ‘affinità convergenti’:
- omeotermia degli uccelli e dei mammiferi
- zampe raptatorie dei mantoidei (mantide religiosa) e dei neurotteri (mantispide)
- carena degli uccelli, degli pterosauri e dei pipistrelli
- pneumaticità delle ossa degli pterosauri e degli uccelli
- lingua vischiosa, lunga e estroflettibile usata da alcuni animali per catturare gli insetti. Essa si sarebbe formata ben cinque volte in maniera indipendente ( nel formichiere, nell'armadillo, nell'oricteropo, nel picchio e nel camaleonte) e siccome c’è sempre bisogno di un ventriglio, una mandibola corrispondentemente stretta, delle glandole salivari ben sviluppate si tratta di un apparato molto complesso (4).
Ma allora sorge la domanda: come fa un’evoluzione priva di uno scopo preciso (essendo casuale) a ottenere ripetutamente un risultato affine?
Gli evoluzionisti rispondono solitamente a questa domanda dicendo che l’evoluzione è stata fortemente canalizzata da pressioni selettive simili. Ma questa spiegazione è stata confutata con due obiezioni: si tratta di un concetto puramente teorico che per le grosse trasformazioni, cioè per la macroevoluzione, non è stato dimostrato sperimentalmente, può essere vero solo per la microevoluzione (5), e in molti casi si sono rilevati lo stesso ‘affinità convergenti’ (cioè formatesi in maniera indipendente) pur mancando ogni tipo di legame con effetti selettivi simili o condizioni ambientali affini.
Possiamo quindi dire che la presenza di numerose ‘affinità convergenti’ è un fenomeno per cui la teoria evolutiva non ha spiegazioni.
Una ulteriore difficoltà nel presentare le affinità come prova dell'evoluzione è che, "nelle diverse specie, organi affini derivano da diverse regioni embrionali: ad esempio l'esofago nelle lamprede deriva dalla parte inferiore della cavità intestinale embrionale, negli squali dalla parte superiore, nelle rane dalla parte superiore e inferiore, nei rettili e uccelli dallo strato più basso del disco germinativo. E c'è di più: anche considerando il livello genetico non si trova affatto una corrispondenza stretta tra strutture affini; in molti casi geni omeobox ( quelli che presiedono alla costruzione embrionale) omologhi influenzano la formazione di strutture non omologhe." (6)
"Il fatto che organi affini, vie di sviluppo embrionali e geni spesso non corrispondano, ha causato una crisi del concetto di affinità o omologia, perchè è sempre meno chiaro in base a che cosa si possa vedere nelle affinità degli indicatori di rapporti evolutivi" (7).
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Note
(1) “non è mai stata osservata una catena continua che parta da antenati scimmieschi e porti all’uomo (sui reperti fossili). Il prodursi di affinità tra l’uomo e lo scimpanzé non è quindi una conclusione dovuta alle osservazioni effettuate, ma si applicano piuttosto conclusioni tratte da un settore verificabile (produzione della discendenza all’interno delle specie incrociabili) ad un ambito non verificabile (passaggio da un tipo base ad un altro). Si fa cioè una conclusione per analogia, ossia una deduzione di ciò che è ignoto sulla base di ciò che è noto: dalle relazioni all’interno di una specie, o di un tipo base, si traggono conclusioni che vanno oltre tale confine. (per tali autori questo ragionamento non sempre è lecito infatti dicono ancora..) I dati non permettono di dire con certezza se le affinità che vanno oltre il campo empiricamente sperimentabile rimandino ad una discendenza comune. Solo le affinità osservate attualmente sono provate empiricamente, mentre non lo è la loro origine, dato che il processo che ha determinato l’origine si è svolto nel passato. Dunque le affinità, di per sé, non danno alcuna informazione sulla loro provenienza.” (Junker e Scherer - Evoluzione - un trattato critico - Ed. Gribaudi 2007 - pag 168).
(2) Infatti un arto deve essere una macchina, ad esempio una ‘leva’ e in fisica esistono delle leggi che riguardano le leve e che impongono la forma ad esse (presenza di fulcro, punti di applicazione delle forze …). Cioè se un organo deve essere una ‘leva’ non può che essere costruito nel modo in cui si presenta in natura, sennò sarebbe un’assurdità fisica.
(3) Peters DS -su Praxis d. Naturwiss. Biol. 42, quaderno 8, pp.38-42
(4) Junker e Scherer - Op. cit. pag 172 e seg.
(5) "Le convergenge sono infatti verificabili empiricamente solo nel campo microevolutivo (cioè all'interno dello stessio 'tipo base'), dove le stesse pressioni selettive possono determinare specializzazioni simili sulla base di una forma originaria polivalente ma non portano mai alla formazione di nuove strutture, neppure parziali"- (Junker e Scherer - Op. cit. pag 170).
(6) Junker e Scherer - Op. cit. pag 173.
(67 Junker e Scherer - Op. cit. pag 174.
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