Dopo la scomparsa di Stephen Hawking ripubblico un post che scrissi qualche tempo fa:
Si può considerare Stephen Hawking come uno scienziato disabile con
una intelligenza molto acuta. Una malattia progressiva lo paralizza da
anni su una sedia a rotelle: egli comunica con il mondo tramite un
sintetizzatore vocale collegato al computer. Il suo handicap pur
costringendolo all’immobilità non gli ha però impedito di dedicarsi a
tempo pieno allo studio dapprima della Relatività Generale e poi della
Gravità quantistica.
Egli si è applicato principalmente allo
studio della struttura dei buchi neri e alla cosmologia. Si potrebbero
considerare le sue ricerche come dei ‘virtuosismi’ di fisica -
matematica.
Ma egli non scrive solo su riviste scientifiche
prestigiose, dove tratta di argomenti così di confine che pochi
specialisti della materia riescono a comprendere del tutto in quanto
richiedono una conoscenza di metodi matematici molto avanzati, ma si
cimenta anche nella scrittura di testi divulgativi che sono diventati
dei best-seller, come ‘Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del
tempo’ e ‘ L’Universo in un guscio di noce’.
A
parte il fatto che molte sue speculazioni teoriche sulla struttura
dell’universo sono per ora solo ipotesi che attendono ancora una
(difficile) verifica sperimentale, viene da chiedersi però se la fama di
questo fisico sia meritata e se abbia avuto nei suoi libri la capacità
di rispondere in maniera corretta all’interrogativo che assilla
l’umanità dagli albori della sua storia: Dio esiste e ha creato
l’universo oppure no?
Una delle prime frasi che ho
incontrato nel libro di Artigas (1), nel capitolo dedicato a lui, e che
ha attirato la mia attenzione è questa: ‘I critici lo accusano di
superficialità e di ignoranza filosofica, ma a lui non interessa. Quando
parla il mondo ascolta’. Effettivamente Hawking, a torto o a ragione,
piaccia o no, viene considerato una star del firmamento scientifico e
qualunque cosa dica viene amplificata e da milioni di suoi estimatori
ritenuta, spesso acriticamente, come ‘verità’. Il problema è capire,
come al solito, se i passaggi strettamente filosofici e teologici che fa
dopo aver esposto le sue teorie e ipotesi cosmologiche siano leciti.
Insomma il problema principale, come per gli altri scienziati profeti
dell’ateismo che abbiamo visto in precedenza (Dawkins, Gould),
è capire se l’avventurarsi di questi studiosi in campi che non gli
appartengono abbia le stesse caratteristiche di rigore che essi
presentano nelle discipline di cui sono esperti.
Dice
Martin Rees scienziato e collega di Hawking,: “ Le incursioni degli
scienziati in campi come la teologia e la filosofia possono essere
tremendamente ingenue o dogmatiche. Le implicazioni che la cosmologia
può avere in questi campi potranno essere anche assai profonde, ma un
senso di diffidenza mi impedisce di avventurarmici” (2) e a proposito
del successo del libro “Dal Big Bang ai buchi neri” dice “
disgraziatamente questo successo ha avuto una conseguenza negativa: il
libro è finito nelle mani di filosofi e teologi, ed è stato discusso e
analizzato più di quanto potesse sopportare” (3).
La
teoria dell’inizio dell’Universo da un punto primordiale, quella del Big
Bang, fu introdotta dall’astronomo belga e sacerdote cattolico
Lemaitre, e appunto l’insulso nome ‘Big Bang – Grande Bang’ fu
affibbiato in maniera sprezzante dal fisico Hoyle, ideatore della teoria
dell’Universo stazionario, per indicare che Lamaitre si era lasciato
influenzare dalle sue credenze ‘creazioniste’ nell’ipotesi che aveva
fatta. Ma la successiva scoperta della radiazione di fondo nel 1965
confermò l’ipotesi del ‘Big Bang’ come quella corretta, spedendo in
soffitta quella dell’arrogante Hoyle.
Il problema però è che l’ipotesi del Big Bang mette in campo l’esistenza di una singolarità iniziale.
Le
singolarità sono grandezze che diventano infinite nelle equazioni che
trattano certe situazioni limite, come la gravità all’interno dei buchi
neri o la densità iniziale dell’universo, e mettono in difficoltà la
fisica in quanto generalmente si ammette che nel nostro universo non
possono esistere quantità infinite. Nei calcoli, le singolarità si
possono aggirare con un procedimento matematico, non del tutto rigoroso e
convincente che si sono inventati i fisici , chiamato
‘ri-normalizzazione’. Ma il problema fisico resta.
Per
trattare casi come questi, in cui la forza di gravità tende a diventare
spaventosamente grande e vengono fuori problemi di questo tipo, Hawking e
altri hanno cercato di costruire una branca della fisica teorica, detta
Gravità quantistica, in cui si cerca di mettere assieme la fisica dell ’
immensamente grande, la Relatività Generale, con quella del mondo
microscopico, la Meccanica Quantistica. E questo perché si ritiene che
le leggi della fisica classica, che descrivono tramite la forza di
gravità il moto e la composizione dei corpi celesti, siano inefficaci o
insufficienti quando la densità diventa enorme come nel puntino iniziale
del Big Bang o al centro di un buco nero e debbano essere sostituite
dalle regole un po’ strane della Meccanica Quantistica, che si basano
sul principio di indeterminazione di Heisemberg.
Hawking
nei suoi studi cosmologici si è interessato soprattutto del problema
delle singolarità affermando che il Big Bang ne conteneva una, e in essa
le leggi normali della fisica non valevano. Applicando le leggi
quantistiche sui buchi neri ha cercato di eliminare quella singolarità
iniziale insieme ad Hartle in una teoria in cui si asserisce fra l'altro
che ‘ l’universo non ha confini, oltre che nello spazio anche nel
tempo’ e che non esistono così problemi di ‘condizioni al contorno’.
Questa
proposta dell’assenza delle condizioni al contorno è simile all’idea
secondo la quale l’universo sarebbe finito ma senza confini, almeno
nello spazio . Un po’ come in una superficie sferica non ci sono limiti
anche se la sfera è finita, così per l’universo, essendo curvo, non ci
sarebbero confini pur rimanendo esso finito. La stessa cosa Hawking e
Hartle dicono del tempo, almeno nella sua dimensione ‘immaginaria’,
cioè in una delle due dimensioni , reale e immaginaria, in cui si
svilupperebbe il tempo. Non essendoci confine per il tempo allora nessun
istante potrebbe considerarsi come ‘iniziale’, cioè mancherebbe
l’inizio temporale dell’universo. Per riportare un esempio di Hawking
stesso, 'chiedere cosa c’è stato prima del Big Bang è come chiedere cosa
c’è al nord del polo Nord'. Però questa ipotesi elimina la singolarità
nel tempo ‘immaginario’ ma la mantiene in quello ‘reale’: “quando
ripercorriamo a ritroso il tempo reale in cui viviamo ci troviamo ancora
di fronte a singolarità ” dice.
Paul Davies scrive che
“occorre sottolineare che la teoria Hartle-Hawking è una pura
speculazione teorica che poggia su basi abbastanza deboli…” (4). Il
famoso fisico - matematico Penrose trova la proposta di H-H dell’assenza
di contorno “interessante”, ma osserva che “incontra serie difficoltà a
riguardo” nell'accettarla (5). Ma perfino lo stesso Hawking, gliene va
dato atto, insiste sul fatto che la sua idea è solo una ipotesi :
“Vorrei sottolineare che questa idea che il tempo e lo spazio siano
finiti ma illimitati è solo una proposta: essa non può essere dedotta da
alcun principio” (6).
Nel 1998, Hawking ha dichiarato
che “nel giro di pochi anni dovremmo essere in grado di sapere se è
possibile credere che viviamo in un universo completamente contenuto in
se stesso e senza inizio né fine” (7). E qui, come anche in altre
occasioni, Hawking mostra di fare confusione in quanto fonde
erroneamente la sua ipotesi di “assenza di contorno” con l’ammissione
filosoficamente contraddittoria dell’universo contenuto in se stesso.
Ma
quello che appare ancora meno accettabile a mio avviso e secondo il
parere di tanti altri è il collegamento che egli stabilisce tra
l’ipotesi di “assenza di contorno” e Dio.
Egli in pratica
asserisce che Dio nel creare l’Universo non avrebbe avuto grande
possibilità di scelta nelle condizioni iniziali, ma su questa
affermazione molti scienziati non sono d’accordo. Fra l’altro questa sua
‘deduzione’ è stata interpretata da parte dei suoi estimatori come
l’affermazione dell’inesistenza del Creatore, cosa che però Hawking non
dice da nessuna parte nel suo libro Best-seller, anche se forse lo
lascia credere in quanto si domanda quale sarebbe il ruolo di Dio in un
Universo senza contorno e chiuso in se stesso.
Hawking
dice di credere molto nelle equazioni che regolano l’universo ed è
ottimista sulla scoperta di una “teoria completa” che in un tempo non
lontano tutti potranno capire e con ciò “ dovremmo allora essere in
grado di partecipare alla discussione del problema del perché noi e
l’universo esistiamo. Se riusciamo a trovare la risposta a questa
domanda, decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché
allora conosceremo la mente di Dio” . Come la conoscenza delle equazioni
che regolano il comportamento dell’universo possa dirci qualcosa sul
perché noi e l’universo esistiamo mi sembra una affermazione filosofica
francamente esagerata, ma dove forse Hawking passa il segno è quando fa
l’affermazione, assurda dal punto di vista teologico, che allora
“conosceremo la mente di Dio”.
Peter Coles, professore di
astrofisica all’Università di Nottingham, in un articolo dedicato
all’idea di Dio di Hawking ha affermato che “ l’espressione di Hawking
“conoscere la mente di Dio” è solo un esempio della sua tendenza a
violare i confini (nota mia: cioè a sconfinare dalla fisica alla
teologia). Ma giocando la carta di Dio, Hawking ha chiaramente
contribuito ad alimentare il fuoco della sua immagine pubblica…come
scienziato – sacerdote. Non sono per natura un uomo religioso, ma
conosco abbastanza il cristianesimo per capire che “conoscere la mente
di Dio” è nel migliore dei casi un’espressione senza senso e, nel
peggiore, blasfema’ (8).
Bisogna dire che in effetti pare che in
Hawking ci sia una confusione riscontrata anche in altri scienziati
atei: il credere che la creazione dell’universo debba necessariamente
coincidere con l’inizio del tempo e che quello sia stato il solo compito
di Dio. Ma il ruolo di Dio non cessa mai perchè è anche quello di
mantenere continuamente nell’esistenza tutto il creato!
Però
mi sono convinto che forse il pensiero di Hawking su Dio non è poi così
drastico come vorrebbero sostenere i suoi ammiratori o anche i suoi
‘detrattori’. Infatti in una intervista rilasciata a Sue Lawly nel 1992
(9) alla domanda ‘Lei crede che non ci sia stato un inizio e che non ci
sarà fine, che l’universo sia autosufficiente. Ciò significa che non ci
sia stato un atto di creazione, e che quindi non ci sia posto per Dio?’
Hawking rispose: ‘ Lei ha ipersemplificato. Io credo ancora che
l’universo abbia un inizio nel tempo reale, in un big bang. Ma c’è un
altro tipo di tempo, il tempo immaginario, perpendicolare al tempo reale
(nota mia: il tempo a cui si riferisce è appunto a 2 dimensioni, una
espressa nell’ambito dei numeri reali e l’altra espressa nell’ambito dei
numeri immaginari), in cui l’universo non ha né un inizio né fine…Io
non dico nulla sull’esistenza o no di Dio, ma solo che Egli non è
arbitrario (nota mia: nel senso che non avrebbe avuto molte possibilità
di scelta delle condizioni iniziali )….Rimane ancora una domanda: perché
l’Universo si dà la pena di esistere? Se crede, può dire che Dio sia la
risposta a questa domanda.’ (10).
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Note e bibliografia
(1) Giberson e Artigas – Profeti senza Dio (Ed. San Paolo) 2007, pag. 186
(2) Martin Rees – Prima dell’inizio, il nostro Universo e gli altri – Ed. Cortina Milano 1998 – pag. 125, citato da Artigas.
(3) op cit pag 7-8
(4) Paul Davies – I misteri del tempo – Oscar saggi Mondadori 1996 - pag. 206
(5) Roger Penrose – La strada che porta alla realtà – BUR 2005 – pag 771
(6) Stephen Hawking – Dal Big Bang ai buchi neri – pag. 161, citato da Artigas
(7) Stephen Hawking – A brief History of Time – Bantam NY 1998 pag 8-9, citato da Artigas
(8)Peter Coles – Hawking and the mind of God – Icon Cambridge 2000, pag 64 citato da Artigas
(9) Stephen Hawking – Buchi neri e universi neonati – 1992 pag 203 –204, citato da Artigas
(10) Espongo qui una mia proposta che evidenzia però, lo ammetto, un mio personale sconfinamento nella teologia…
Tempo fa ho scritto un post in cui ho detto che, per spiegare l’evidenza sperimentale dell’esistenza di segnali che arrivano dal futuro, l’ipotesi più credibile potrebbe essere quella che suppone la natura del tempo a 2 dimensioni (come ritiene Hawking, del resto) e quella dello spazio a 6 dimensioni. Nel post ipotizzai che la componente ‘immaginaria’ dello spazio – tempo ( che consta di ben 4 dimensioni) potesse in qualche modo avere a che fare con la natura spirituale di tutto ciò che esiste. Ebbene, l’Universo sicuramente era nella mente di Dio dall’eternità, e quindi è come se nel mondo spirituale esso non abbia mai avuto un vero inizio e ciò in qualche modo sembrerebbe dare ragione all’affermazione di Hawking che nel tempo immaginario ‘ l’universo non ha né un inizio né una fine’, mentre nel tempo reale sì.
Mi viene da pensare che anch'io potrei esporre una teoria astrusa quanto mi pare, tanto poi mi basterà concludere con:
RispondiElimina"È solo una proposta: essa non può essere dedotta da alcun principio”.
Facile, no?
Sì,ma tu non sei uno scienziato che studia da mezzo secolo e non sei ritenuto un genio da mezzo mondo...ci puoi sempre provare,magari davanti a una pizza e quattro amici e poi facci sapere che ti hanno detto,facile no?
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RispondiEliminaMi sembra di capire che cmq Hawking non esclude affatto Dio nella creazione,sia perchè lo tira in ballo in qualche "tempo" sia quando ammette che sia "difficile"(semplifico)conoscere la mente di Dio.
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