La tautologia è un discorso ‘deduttivo’ illecito in cui si presuppone come già vero quello che in realtà si deve o si vuole dimostrare. Essa viene rappresentata alle volte efficacemente come un cane che girando attorno a se stesso si morde la coda. E’ un procedimento illogico, perché circolare, è insomma una specie di trucco che non dimostra nulla.
Alcuni ritengono che l’affermazione fatta dall’evoluzionismo sul fatto che ‘gli esseri viventi si evolvono’ sia di questo tipo.
In uno dei miei post precedenti avevo inserito la seguente provocazione:
“Se in un altro pianeta venisse trovato non dico una lavatrice ma anche solo un bullone, subito gli scienziati evoluzionisti direbbero che c'è stata sicuramente una vita intelligente che l'ha fatto. Ma se si trovasse un gatto, direbbero che senza ombra di dubbio l'evoluzione ha agito anche lì, e che alla fin fine non è stato fatto da nessuno ma dal caso”. La questione l’ho enunciata così soprattutto per mettere il risalto il fatto paradossale che ciò che è molto semplice viene attribuito al frutto di una intelligenza mentre quello che è infinitamente più complicato, quale è un essere vivente, viene considerato come prodotto del caso.
La replica degli evoluzionisti ad argomenti di questo tipo suona più o meno così: “L’affermazione è scorretta perché mentre la lavatrice o il bullone non possono evolvere, il gatto invece può farlo”. Anche se la risposta appare sensata essa a mio parere è però il frutto di un ‘ragionamento’ non corretto: si dice che gli esseri viventi evolvono perchè composti da apparati biologici che hanno la capacità di farlo, però in tal modo l’evoluzione viene presupposta e poi si porta come ‘prova’ a conferma il suo risultato 'finale' dichiarandolo 'evoluto'. Il racconto evoluzionista funziona se l’evoluzione è vera, ma questo discorso non può essere conferma di se stesso perché in realtà mancano vere prove che l’evoluzione c'è stata.
Ovviamente l'evoluzionista dice che le prove esistono. Ma a parere di molti quelle vere le stiamo ancora aspettando: la maggior parte sono solo ipotesi, ‘proiezioni’ su processi di lungo periodo basate sull’osservazione di quelli a breve, e quindi non sono vere prove.
Non ci sono vere testimonianze che gli apparati biologici possano evolvere, almeno nella maniera macroevolutiva sostenuta dagli evoluzionisti; quest'ultima è per lo più una spiegazione ‘storica’ che viene ottenuta in due modi: estrapolando i processi microevolutivi attuali che avvengono nell’ambito delle stesse specie, estendendoli a processi macroevolutivi che sarebbero avvenuti nel passato e che avrebbero portato a specie diverse ma imparentate tra loro, e interpretando le omologie, gli organi simili presenti con piccole variazioni in specie diverse, come il frutto di un cambiamento nel tempo da una specie a un’altra, a causa di variazioni casuali a partire da un ascendente comune.
Che durante la meiosi, cioè nella riproduzione sessuata, avvengano variazioni sul tema è vero, ma quelle normali sono il risultato di ricombinazioni tra parti di geni per ottenere così varietà nella discendenza. Però “attraverso la ricombinazione non si forma materiale genetico, in quanto solo dei geni e degli alleli preesistenti possono essere ricombinati e mischiati” 2 e inoltre il risultato rimane sempre nell’ambito della stessa specie. Durante questo processo alle volte accadono degli errori e il prodotto sono dei mutanti che nella maggior parte dei casi non sopravvivono o, se lo fanno, presentano malattie ‘genetiche’ che ne ostacolano il successo vitale completo (in ambito umano esistono 8000 malattie genetiche più o meno gravi che non permettono una vita normale), tranne nei casi in cui queste variazioni, come ad esempio la perdita della vista nei pesci che vivono in zone senza luce, rappresentino un ‘risparmio’ e quindi un vantaggio. Ma le ‘mutazioni’ in generale sono appunto delle ‘perdite’, non ‘acquisti’, e quindi non appare credibile o per lo meno molto speculativo l'affermare che col tempo e casualmente possano spuntare variazioni ‘positive’ che rappresentino organi nuovi o molto migliorati rispetto a quelli di partenza. E in effetti in ormai più di un secolo di esperimenti in biologia, non si è mai ottenuto la nascita di un nuovo organo o il cambiamento da una specie ad un’altra.
L' osservazione di numerosissime generazioni di batteri, per un tempo equivalente quindi molto lungo se proporzionato a quello delle specie superiori, fa pensare più ad una ‘conservazione’ nel lungo periodo anziché ad una ‘trasformazione’. Molto appropriato mi sembra a tal proposito quanto detto da Georgiev: "il batterio Escherichia coli si riproduce ogni 20 minuti. Nei 120 anni dalla sua scoperta se ne sono osservate circa tre milioni di generazioni - corrispondenti a 60 milioni di anni della specie umana - senza notare particolari cambiamenti. L'osservazione dei batteri non fornisce quindi dati favorevoli all'evoluzione (..). Il presunto meccanismo evolutivo - il tempo a disposizione sufficientemente lungo - che (secondo gli evoluzionisti) con le mutazioni potrebbe portare al passaggio da una specie ad un'altra, non è riuscito a trasformare un batterio (il più semplice degli esseri viventi) mentre dovrebbe essere riuscito a trasformare un quadrupede in un uomo." 3.
Le somiglianze o affinità sia nella forma esteriore che nella struttura interna, nel metabolismo, o nel materiale genetico degli esseri viventi appartenenti a specie diverse vengono considerate come prove a favore della macroevoluzione. Ma anche in questo caso ci sono ambiguità, problemi e interpretazioni controverse. L’esempio principale di affinità potrebbe essere quello delle strutture omologhe del criterio di posizione: le ossa negli arti anteriori dei vertebrati. Secondo gli evoluzionisti sarebbero tutti derivati da un anfibio capostipite in quanto presentano, nonostante la funzione diversissima, caratteri comuni. Ma queste omologie potrebbero essere in realtà derivate da una necessità costruttiva (meccanica, in quanto ‘leve’) per svolgere le diverse funzioni.
Junker e Scherer dicono che “l’affermazione secondo la quale alcune affinità non siano da ricercare nella funzione e perciò si debbano spiegare soltanto attraverso trasformazioni evolutive precedenti non è dimostrata” 4. E ancora, si distinguono le affinità in omologie che indicherebbero l’origine comune e in analogie che vengono interpretate invece come convergenze (cioè caratteri o addirittura organi simili in specie non aventi origine comune e che quindi sarebbero apparsi in maniera indipendente nel corso della storia, nonostante la probabilità infinitesime di ognuno di questi singoli eventi. Fra l’altro è stato dimostrato che le convergenze sono ampiamente diffuse anche tra gli invertebrati). Ma questo fatto fa nascere due problemi: non si sa bene quali criteri adottare per distinguere tra omologie e analogie o convergenze - e quelli proposti andrebbero bene anche per una teoria creazionista. Però come fa un’evoluzione priva di uno scopo preciso ad ottenere ripetutamente un risultato affine?
Dicono Junker e Scherer: “Le omologie come indicatori di un’origine comune non si possono definire chiaramente sulla base di dati empirici, ma vengono riconosciute tali solo con la premessa di diversi ipotesi evolutive e applicando il principio di parsimonia. Anche per questo motivo le affinità non rappresentano alcuna prova indipendente a favore dell’evoluzione” 5.
E non appare neanche accettabile l'approccio evo-devo in cui si
sopravvaluatano i geni master, quelli che dirigono la costruzione degli esseri
viventi durante il loro formarsi, cioè nel corso dell' ontogenesi. Questi geni vengono
considerati da alcuni come i veri fautori dell'evoluzione in quanto
decidono la posizione in cui devono inserirsi e formarsi i diversi
organi, ma in tutti gli esperimenti genetici effettuati
in cui sono stati manipolati, spostati, attivati o spenti, i risultati sono
stati delle mostruosità. Inoltre tale impostazione lascia scoperti molti
interrogativi, ad esempio non spiega come sarebbero nati i materiali (le complicatissime proteine) e le 'istruzioni' che costituiscono il processo di costruzione di un organismo vivente.
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Note e crediti
(0) Immagine iniziale sulle omologie tratta da Wikipedia
(1) Lo Presti – Gli irriducibili dell'evoluzionismo darwiniano - Bonanno Editore -2010 a pag. 122
(2) Junker-Scherer - Evoluzione un trattato critico – Certezza dei fatti e diversità delle interpretazioni – ed. Gribaudi 2007
(3) Mihael Georgiev - Charles Darwin oltre le colonne d’Ercole – Gribaudi 2009 a pag 282
(4) Junker-Scherer op. cit a pag. 169
(5) Junker – Scherer op. cit. pag 174
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