Il Prodigio delle Ostie incorrotte di Siena
Tra i documenti più importanti che descrivono il Prodigio c’è una memoria scritta da un certo Macchi nel 1730, in cui si racconta che il 14 agosto del 1730, alcuni ladri riuscirono ad entrare nella chiesa di San Francesco a Siena, e rubarono la pisside contenente 351 Particole consacrate.
Dopo tre giorni, il 17 agosto, nella cassetta delle elemosine del Santuario di Santa Maria in Provenzano, in mezzo alla polvere, furono ritrovatele 351 Ostie intatte.
Riportate con solenne processione nella chiesa da dove erano state asportate, non vennero consumate – come pure prescriveva il diritto canonico – perché i fedeli espressero il desiderio di adorarle a fini riparatori; ma, pare, anche perché – essendo state introdotte in una cassetta per le elemosine che si apriva una sola volta all’anno e piena, dunque, di polvere e ragnatele – ragioni igieniche sconsigliavano di comunicarsi con esse, malgrado i tentativi di ripulirle.
Sta di fatto che, col passare del tempo, vennero in qualche modo " dimenticate" e solo quasi cinquant’anni dopo si scoprì che erano rimaste assolutamente intatte sin dall’aspetto, non avendo nemmeno assunto una colorazione diversa da quando erano state fabbricate (impiegando, tra l’altro, un ferro particolare che prova che le ostie in questione sono proprio quelle rubate nel 1730).
Dal furto sono passati quasi tre secoli e le particole sono ancora – fresche come all’inizio – nell’artistica pisside della basilica di San Francesco in Siena. Da 351 che erano si sono ridotte a 223; ma non perché quelle che mancano siano state distrutte dal tempo ma perché, fra le tante "prove" eseguite, ci fu anche comunicare con esse delle persone che ne saggiassero il gusto. Che è risultato, esso pure, non alterato.
Ma come è possibile?
Il materiale con cui sono fabbricate le particole, la farina azzima di frumento, è estremamente deperibile. In condizioni normali, una particola non consumata si riduce in poltiglia nel volgere di un paio d’anni, e poi in polvere. Dal 1730, a Siena questo inevitabile processo naturale è assente: come appena accennato, le ostie sono intatte ancor oggi, e tuttora esposte all’adorazione dei fedeli.
Sgombriamo subito il campo da alcune facili obiezioni. Le ostie sono le stesse del 1730: lo provano, tra l’altro, le tracce del ferro particolare usato in quel periodo per produrle. Nessun accorgimento è mai stato adottato per assicurare la loro conservazione: qualsiasi accorgimento, tra l’altro, sarebbe stato vano dinanzi allo scorrere di quasi tre secoli di storia e al frequente tocco di mani umane con relativi microrganismi. Più volte si sono eseguite delle controprove: si sono poste cioè le ostie prodigiose in appositi contenitori, frammischiate a particole non consacrate e appena prodotte. Queste ultime si sono sempre sbriciolate e disfatte in breve tempo; le ostie del 1730 mai.
Per le ostie di Siena, il tempo non ha provocato neppure un ingiallimento…
Più volte, studiosi le hanno esaminate con ogni mezzo e le conclusioni sono state sempre le stesse: "Le Particole sono ancora fresche, intatte, fisicamente incorrotte, chimicamente pure e non presentano alcun principio di corruzione".
Per le ostie di Siena, il tempo non ha provocato neppure un ingiallimento…
Più volte, studiosi le hanno esaminate con ogni mezzo e le conclusioni sono state sempre le stesse: "Le Particole sono ancora fresche, intatte, fisicamente incorrotte, chimicamente pure e non presentano alcun principio di corruzione".
Nel 1914, il Papa San Pio X autorizzò un esame a cui parteciparono numerosi professori di bromatologia, igiene, chimica e farmaceutica, fra cui vi era anche il noto Professore Siro Grimaldi. La conclusione finale del verbale che redassero diceva: "Le Particole di Siena si presentano lucide e lisce, con bordi netti, non sfrangiati né smussati. Prive di acari, tarli, di ragnatele, di muffe e di qualsiasi altro parassita animale e vegetale propri di quella farina di frumento con cui sono composte. La farina di grano è il miglior terreno di coltura dei microrganismi, dei parassiti animali e vegetali, della fermentazione lattica e putrida. Ma le particole sono in perfetto stato di conservazione, contro ogni legge fisica e chimica e nonostante le condizioni del tutto sfavorevoli in cui si sono venute a trovare. Un fenomeno assolutamente anormale: le leggi della natura si sono invertite. Il vetro della pisside in cui sono conservate è diventato sede di muffe, mentre la farina si è rivelata più refrattaria del cristallo".
E’ quindi un fatto unico consacrato negli annali della scienza .
Altre analisi furono compiute nel 1922, in occasione del trasferimento delle Particole in un cilindro di puro cristallo di rocca, nel 1950 e nel 1951, sempre con gli stessi i risultati.
Non è dunque a caso se tutti coloro che si sono seriamente informati sul caso – e tra essi molti Papi, ma anche molti scienziati – non hanno esitato a parlare di "evidente prodigio".
Quello di Siena è un unicum straordinario, pur tra i numerosi miracoli eucaristici avvenuti nei secoli. Un caso di conservazione della materia che sfida le leggi della natura.
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