13 gennaio 2010
L'Inferno (parte 4^)
Continuo con i post dedicati all’inferno presentandone la descrizione ricevuta dalla veggente Maria Valtorta negli anni 40.
Maria Valtorta può essere considerata una delle maggiori mistiche del 900: essa passò molto tempo della sua vita ammalata e a letto e fu in continuo contatto con il soprannaturale. Mise per iscritto molte sue visioni e monumentale risulta la sua opera magna, ‘Il poema dell’Uomo-Dio’ in cui raccontò in 10 volumi la vita di Gesù così come lei stessa la vide. Infatti (a quanto pare) veniva trasportata in spirito nel tempo e nei luoghi di Gesù, nella Palestina di 2000 anni fa, e così poteva vederne fatti, luoghi e sentirne dialoghi. Inoltre ricevette molti dettati mistici da Gesù Cristo stesso, riempendo così molti quaderni raccolti poi in annate.
In alcuni momenti ricevette la visione dell’Inferno e di Satana, chiamato ‘il mostro d’abisso’, e la descrizione dell’Inferno che qui riporto e che mi è sembrata la più completa è ripresa proprio da un quaderno scritto nel 1944.
Da Maria Valtorta – I quaderni del 1944 (15/1/1944)
Dice Gesù:
“Una volta ti ho fatto vedere il Mostro d’abisso. Oggi ti parlerò del suo regno. Non ti posso sempre tenere in Paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle verità ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E’ da queste dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne, provengono tanti mali degli uomini.
Scrivi dunque questa pagina dolorosa (…). Scrivi guardando al tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono paragonabili a quelli dell’inferno, e che l’ha voluta, tale morte, per salvare gli uomini dalla Morte.
Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza dell’inferno. Si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli dello Spirito del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all’inferno così come la Fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.(…)
Ho detto, Io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato all’inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte non si esce a resurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Né crediate che ciò sia sino alla fine del mondo. No, che anzi, dopo la tremenda rassegna (Nota – dopo il giudizio universale), più spietata si farà quella dimora di pianto e di tormento, poiché ciò che è ancora concesso ai suoi ospiti di avere per loro infernale sollazzo – il potere nuocere ai viventi e il veder nuovi dannati precipitare nell’abisso – più non sarà, e la porta del regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli, per sempre, per sempre, per sempre, un sempre il cui numero di anni non ha numero e rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti gli oceani della terra, sarebbero meno di un giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell’alto per i benedetti, fatta di tenebre e orrore nel profondo per i maledetti.
Ti ho detto che il Purgatorio è fuoco d’amore. L’Inferno è fuoco di rigore.
Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui essenza vi è brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore Dio vostro. Attraverso l’amore conquistate l’Amore, e per gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e lucente per entrare nel regno della Luce e i cui fulgori ti ho mostrato giorni sono.
L’Inferno è il luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intravisto nel giudizio particolare non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, ogni attimo di pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.
Dopo averlo adorato, Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo possiedono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillio dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
(…)
Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni, calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché causa del loro tormento.
La parola ‘Odio’ tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei cachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; suona, suona, suona come una eterna campana a martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suo suono il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere.
L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore, e muore e rinasce ad ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta al rivivere per un nuovo tormento. Tutto il delitto di aver tradito Dio nel tempo sta di fronte all’anima nell’eternità; tutto l’orrore di aver ricusato Dio nel tempo sta per suo tormento presente ad essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate coi più appetitosi aspetti, e stridono, stridono il loro ricordo (…).
Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco di amore perfetto. In Purgatorio è fuoco di amore purificatore. In Inferno è fuoco di amore offeso. (…) Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi, meno che del Fuoco di Dio, il Fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno. E nel fuoco è gelo.
Oh! Che sia l’Inferno non potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete, ferite, malattie, piaghe, morte, e fatene un’unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.Nel calore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. (…) E il gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.
(…) Voi non sapete e non credete. Ma in verità vi dico che vi converrebbe di più subire tutti i tormenti dei miei martiri anziché un’ora di quelle torture infernali.
L’Oscurità sarà il terzo tormento.Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del Paradiso ed essere nell’abbraccio della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio! Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui si illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore confitti! Non trovare appiglio, in quel rimestio di spiriti che si odiano e nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e nutrirà questi morti per l’eternità. (..)”
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