25 febbraio 2021

L’informazione biologica può nascere dal caso?

"I fisici non dovrebbero disprezzare i biologi, perché i fisici si sono presi tutti i problemi facili e ai biologi sono rimasti quelli difficili" (Richard Feynman)

L’informazione tecnica è costituita da diversi livelli. Nel piano più basso abbiamo quello statistico, per cui il contenuto di informazione presente in una frase può essere misurato in base alla frequenza con cui figurano le lettere o le parole, ma non tiene conto del significato di esse: le due parole ‘cesto’ e ‘secto’ hanno la stessa quantità di informazione statistica perché presentano le stesse lettere anche se in lingua italiana la prima parola ha un significato mentre la seconda non ce l’ha. Il secondo livello è quello sintattico, che è quello che riguarda le regole per costruire le parole e le frasi, quello che viene inteso come livello ‘grammaticale’. Il terzo livello è quello semantico, che si occupa del significato della frase. Ad esempio le frasi ‘la luna si riflette nel pozzo’ e ‘il pozzo si riflette nella luna’ sono corrette dal punto di vista grammaticale ma non dal punto di vista semantico. C’è poi un livello che dà conto della intenzione di chi ha costruito la frase e infine il livello che tratta dell’effetto, cioè dell’aspetto del risultato. Si può portare come esempio che copre questi livelli quello di un codice o software che svolge un determinato compito in un computer.

Per quanto riguarda l’informazione di tipo biologico si ritiene che i primi due livelli (quello statistico e quello sintattico) siano ormai conosciuti, perché sappiamo come è registrata l’informazione nel DNA, (anche se probabilmente ciò non è del tutto vero in quanto non si può essere sicuri che tutta l’informazione che fa funzionare i viventi sia registrata in esso). Ma già quando si passa al livello semantico, cioè quello del significato di tale informazione, cominciano i problemi, perché non tutti i processi che avvengono sono stati chiariti.

Una differenza tra l’informazione tecnica e quella biologica è la ridondanza. Mentre nella prima non ci sono ripetizioni ‘inutili’ e ogni parola ha il suo significato, e l’errore anche con lo scambio di una sola lettera fa perdere senso alla parola, e inoltre la sostituzione di una parola con un’altra fa perdere il concetto che vorrebbe esprimere la frase, e quindi è facile sbagliarsi (e qualunque programmatore sa cosa intendo), in campo biologico invece troviamo delle ripetizioni in tutti i tre livelli: infatti sappiamo che nei codoni che indicano un amminoacido ( ad esempio CGU che sta per arginina) spesso la sostituzione di una lettera porta ad identificare lo stesso amminoacido o uno simile, e nel DNA vi sono geni codificanti che si ritrovano ripetuti più volte o che sono abbastanza simili, per cui possono essere scambiati o sostituirsi l’un l’altro senza eccessiva perdita di funzionalità. Questo è un modo sofisticato di limitare gli errori.

Fra l’altro il contenuto informativo del DNA è dinamico: nella stessa stringa sono contenuti tipi diversi di informazione in base a come viene letta o composta (questo significa fra l’altro che un gene può codificare per diverse proteine). In pratica perciò si ha un immagazzinamento di informazione con una densità superiore a quello statico. Senza parlare poi di quello che gli evoluzionisti avevano incautamente chiamato DNA spazzatura e che invece si è scoperto contenere le istruzioni per combinare in maniera dinamica i contenuti del DNA stesso e chissà quant’altro.

Un’altra differenza molto importante tra informazione biologica e quella tecnica è che gli esseri viventi si riproducono: essi devono essere costruiti in maniera tale da contenere l’informazione che li fa funzionare ma anche quella che li fa riprodurre, cioè quella che permette di creare copie di se stessi. E inoltre questa caratteristica, con il suo meccanismo di accoppiamento e ricombinazione genetica, permette di ottenere copie che sono delle variazioni sul tema dell’originale, cosa che alla lunga si può manifestare come processo microevolutivo nell’ambito della stessa specie (1).

A questo punto così come sappiamo da dove viene un software (l’ha composto un programmatore) o un romanzo (l’ha creato uno scrittore), viene da chiedersi da dove è spuntata l’informazione biologica? Può essere nata per caso?

Essendo il codice genetico quaternario (composto da quattro ‘lettere’ o nucleotidi, le basi A, T, G, C) a triplette (fatto cioè di ‘parole’ o codoni composti da tre basi, tipo ‘AGC’ ) e quindi molto complesso, è ovvio che in una ipotesi di nascita casuale non si potrebbe ammettere che sia spuntato così com’è attualmente: bisognerebbe supporre che almeno inizialmente fosse più semplice e che si sia ‘evoluto’ col tempo. Ma quanto semplice potrebbe essere un codice genetico? Si è visto che le proteine con attività enzimatica più semplici che possano esserci sono composte al minimo da 9 tipi di amminoacidi e quindi un eventuale codice primitivo avrebbe dovuto codificare almeno 9 dei venti amminoacidi e lo avrebbe potuto fare, supposta una struttura più semplice, se fosse stato di tipo ternario a doppiette, ma il passaggio al tipo quaternario a triplette avrebbe comportato tante di quelle difficoltà che si è dovuto optare per la nascita iniziale già di tipo quaternario a triplette.

Sono state trovate alcune macromolecole con struttura simile a pezzi di RNA, chiamate aptameri, che hanno la proprietà di poter catturare molecole organiche, e alcuni di tipo particolare possono legarsi ad uno specifico amminoacido, essendo anche dotate fra le altre anche da triplette di basi che poi sono attualmente quelle codificanti l’amminoacido stesso. Questo ha comportato la nascita dell’ipotesi di un mondo primitivo composto solo da tali pezzi di RNA, trasportanti ognuno un amminoacido, che unendosi assieme facevano in modo che i loro amminoacidi specifici si legassero per formare proteine: si tratterebbe di codifica diretta senza la fonte, cioè senza il codice DNA, senza gli aiutanti intermedi, mRNA e tRNA, e senza i ribosomi.

Ma le obiezioni a questa ipotesi sono diverse e vengono specificate bene nel testo di Junker e Scherer. Provo a riassumerle rinviando ad esso per una disamina più esaustiva (2) .

La prima obiezione è essenzialmente basata sul fatto che già le cellule attuali spendono molta della loro energia per correggere gli errori nella sintesi delle proteine, e questo perché pur essendo apparati sofisticati la possibilità casuale di errori è molto elevata in quanto basta spesso lo scambio di un amminoacido con un altro perché la proteina risultante o non funzioni oppure non lavori in maniera ottimale. Quindi se già per la cellula odierna vi è questo rischio figurarsi per gli aptameri che essenzialmente dovevano agire con incontri pressoché casuali per poter costruire le proteine. Inoltre non si conoscono aptameri per gli amminoacidi più semplici, quelli che in condizioni di brodo primordiale erano i più diffusi. E non è chiaro come possa avvenire una reazione di fusione tra questi diversi amminoacidi trasportati dai rispettivi aptameri, in quanto per poterli fondere tra loro devono essere fatti combaciare in 3D e con una ben precisa disposizione spaziale, e ciò è molto improbabile per aptameri ad incontri casuali. Inoltre il complesso così ottenuto avrebbe dovuto avere proprietà catalitiche, che però non sono state dimostrate, o bisogna presupporre l’esistenza di una proteina che però all’inizio non esisteva, oltre ad altre proprietà particolari di tipo biochimico di questa unione di aptameri costituenti questa ipotetica progenitrice del’RNA. Ma ovviamente anche in questo caso c’è da chiedersi con quale probabilità si sarebbe potuta formare una catena di almeno 30 aptameri di amminoacidi qualsiasi che nel contempo producesse una proteina utile : “sebbene esistano certamente molte possibilità diverse per realizzare una sequenza di questo genere, la probabilità che una serie (utile) venga sintetizzata per intero è transatronomicamente piccola” (3), quindi infinitesimale.

Ma anche se si ammettesse la formazione casuale di tale codice genetico primitivo, un’altra grande difficoltà sarebbe costituita dai processi che avrebbero dovuto far evolvere tale codice per ottenere quello attuale, molto più sofisticato. Un altro problema fra l’altro è che mentre prima si pensava che il codice genetico fosse universale poi si è scoperto che non è così: ad esempio la stessa tripletta UGA per i batteri indica uno stop, mentre per i mammiferi indica il triptofano, mentre le triplette AGA e AGG indicano lo stop per quest’ultimi e invece per i batteri l’arginina. 

Fra l'altro i Neodarwinisti sostengono che l'evoluzione e quindi la creazione di informazione sia avvenuta con piccole mutazioni casuali a livello genetico, ma appare del tutto inverosimile che delle forze cieche del caso abbiano compiuto dei passi per cambiare il supporto e il modo di registrazione della informazione, quindi il codice, e soprattutto abbiano accresciuto nel contempo l'informazione tanto da permettere ad essa la costruzione di nuovi organi stabilendo correlazione con quelli precedenti e nuove funzioni.

L’ordine nell'Universo diminuisce col tempo: anche se in un sistema aperto lo si può aumentare, da qualche altra parte deve corrispondentemente diminuire di una quantità maggiore (questo è il 2° Principio della termodinamica). Invece l’energia nell’Universo non si può creare, essa rimane costante (questo invece è il 1° Principio della termodinamica). Ma per quanto riguarda l’informazione, notiamo che mentre quella fisica rimane costante, fissatasi all'inizio col Big Bang, quella biologica (compresa quella generata dall’uomo che 'crea') è invece aumentata.

L’informazione è legata all’entropia negativa (la neghentropia) e quindi all’ordine, ma è più di essa. Alcuni studiosi come Prigogine e altri hanno portato come esempio di ordine che si crea 'spontaneamente' la formazione dei cristalli, i sistemi dissipativi come i fluidi in convezione e le reazioni chimiche con auto-catalisi note come reazioni BZ (4). Ma la differenza fondamentale con l’informazione biologica però è che in questi casi non si genera organizzazione per uno scopo, sono sistemi in origine omogenei e indistinti, che si auto-alimentano per reazioni di feedback e assumono delle regolarità spaziali o temporali, ma dal punto di vista informativo si possono considerare come contenenti solo una semplice informazione fisica o chimica, quella dello stato che rappresentano e delle condizioni fisiche necessarie per ottenerlo, informazione che era però già presente in partenza e che è stata inserita dallo sperimentatore. Possono essere di aiuto per comprendere in certi casi la formazione dell’organizzazione chimica e fisica di certe strutture spazio-temporali che assumono i viventi, ma sono ben lungi dal poter spiegare l’organizzazione cooperativa tra diverse parti per un fine (il funzionamento per vivere e riprodursi) come invece succede nelle strutture biologiche (5).  Lo stesso Prigogine ha detto: "Sfortunatamente questo principio (di auto-organizzazione) non spiega la formazione delle strutture biologiche. La probabilità che a temperature normali un numero macroscopico di molecole si aggreghi per dare luogo a strutture altamente ordinate e a funzioni coordinate che caratterizzano gli organismi viventi è infinitamente piccola" (6). 

L’ordine, statico o dinamico, è alla base dell’informazione ma non costituisce l'informazione stessa. Quest'ultima si basa sull’ordine ma lo trascende, è qualcosa di superiore e diverso, così come il significato di una frase (che è l'informazione) non è l'insieme fisico dei segni ortografici e dell'inchiostro con cui è scritta (l'ordine fisico), anche se si basa su di essi. L'informazione sembra avere le caratteristiche di una energia con una marcia in più, energia organizzata con l'aggiunta di significato. 

Possiamo anche distinguere tre tipi di informazione:  fisica, che è quella dei sistemi non dotati di vita, biologica e ora anche quella umana, cioè generata da un atto creativo dell’uomo. Inoltre più un sitema è ordinato e complesso, maggiore sembra essere il suo contenuto di informazione.

Però notiamo che le interazioni fisiche, e quindi anche il caso, non possono portare ad un aumento dell'informazione nell'Universo in quanto  se avvenisse ciò, questo trascinerebbe a fondo il 2° Principio della Termodinamica, che è una legge che non ammette eccezioni, perchè si avrebbe una diminuzione dell'Entropia totale nell'Universo, che invece è destinata ad aumentare. Allora la realtà fisica da sé non può aumentare l'informazione, c'è bisogno di una causa che sembra quasi trascenderla e cioè l'intelligenza (e alzi la mano chi ha capito cosa essa sia veramente) .

Il fatto importante quindi è proprio questo: se oggi vediamo che occorre l’intelligenza per creare l'informazione  generata dall’uomo, allora per il 'principio di uniformità storica' (7) anche nel passato, quando l’uomo non c’era ancora, l’informazione che ha permesso la comparsa delle strutture fisiche ordinate e l'apparizione e lo sviluppo dei viventi deve essere stata creata e inserita nell’Universo da un essere intelligente. Non credo ci sia altra soluzione.

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Note e crediti

(1) Junker e Scherer – Evoluzione – un trattato critico – Gribaudi 2007 a pag 120

(2) vedi Junker e Scherer op. cit. pag 120-125

(3) Junker e Scherer op. cit. a pag 122

(4) vedi Gregoire Nicolis - Fisica dei sistemi lontani dall'equilibrio e auto-organizzazione - in La Nuova Fisica a cura di Paul Davies - Boringhieri 1992 a pag. 329.

(5) vedi Thomas Seiler – La possibile formazione dell’ordine su base termodinamica esclude l’Evoluzione – da Evoluzionismo il tramonto di una ipotesi – a cura di Enrico Mattei 2009 pag. 157

(6) Nicolis e Prigogine - Self organisation in non-equilibrium systems - Wiley N.Y. 1977 citato da Andrew McIntosh in Aston - i 6 giorni della creazione - 2001 Armenia a pag.153

(7) Questo 'principio di uniformità storica' sull'origine dell'informazione biologica l'ho tratto da Meyer - DNA and the origin of Life: Information, Specification, and Explanation -  citato da Johnatan Wells in - Le balle di Darwin - Rubettino ed. 2009 a pag. 126

(8) la foto è di Pete Linforth dal sito pixabay.com

1 commento:

  1. D.N. Nella biochimica e nella genetica che studiavo cinquant'anni fa il termine “informazione” non compariva assolutamente. Vedo di esprimermi con chiarezza per cercare di inserire il concetto di informazione in una cultura scientifica (la mia) che fino a qualche anno fa lo ignorava.

    Penso di poter dire che il modo più semplice di farlo sia pensare insieme a chi mi legge allo zigote, cioè alla prima cellula -formatasi per la fusione di uno spermatozoo e di una cellula uovo- dalla quale ogni essere umano deriva.
    In tale cellula manca ogni capacità di ragionamento e di autocoscienza, ma tale cellula contiene al suo interno un programma per il quale nel corso di nove mesi si formerà, secondo il programma stesso, un bambino o una bambina.
    La cellula “sa” o meglio “è informata” di quello che deve fare minuto dopo minuto, giorno dopo giorno. Questa informazione è scritta in un linguaggio fatto di quattro lettere consistente di parole formate da tre di esse.

    Insomma l'informazione è un programma di sviluppo scritto in un linguaggio particolare (per capire ciò vengono in soccorso le poche conoscenze che anche i non esperti, come me D.N., hanno di linguaggi software).
    L'informazione comprende sia il linguaggio sia il programma. Di conseguenza il giudizio se possa derivare dal caso o da una intelligenza non può prescindere né dalla riflessione sul linguaggio né dalla riflessione sul programma.

    Una cosa sulla quale almeno tutti possiamo essere d'accordo è che questa informazione non porta a niente se non è inserita nell'ambiente adatto. Lo zigote, nel nostro caso, non si sviluppa se non c'è l'utero materno: forse proprio come un programma non gira se non c'è il computer che lo fa girare.

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