26 settembre 2021

Indizi di Intelligent Design? - la complessità irriducibile

"Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova." (Agatha Christie)

Il naturalismo non accetta l’idea che nella natura ci sia un finalismo, cioè un disegno o una progettazione per uno scopo. Eppure molti indizi in biologia farebbero pensare il contrario. Questi si notano nella loro complessità strutturale e funzionale che fa sospettare che una origine casuale nell’ambito delle probabilità accettabili non si possa ritenere plausibile. Dal punto di vista della teoria dell’evoluzione non è nota nessuna pressione selettiva che potrebbe favorire l’origine di strutture più complesse di quanto sarebbe richiesto per la sopravvivenza. Esempi di questa complessità se ne potrebbero portare tanti, qui e in seguito in altri post ne elencherò alcuni e suddivisi nell’ambito di cinque gruppi principali: quello della complessità irriducibile, quello della complessità sovrabbondante, quello della complessità giocosa, quello della complessità tecnologica futuristica e quello della complessità potenziale.

Esempi di complessità irriducibile.

Un sistema si dice ‘irriducibilmente complesso’ se è composto da ‘pezzi’ che fanno parte di un insieme cooperativo funzionante e tali che nessuno di essi può essere eliminato senza che il sistema smetta di funzionare. Per questo motivo la probabilità della formazione casuale di un sistema irriducibilmente complesso è irrisoria e, se non vogliamo prenderci in giro, rappresenta l’impossibilità: infatti ogni singola parte isolata non avrebbe ragione di sussistere, perché sarebbe uno spreco e verrebbe eliminata dalla selezione naturale, e quindi si deve supporre la formazione e l’aggregazione e il raccordo contemporaneo delle singole parti per ottenere in tal modo un complesso funzionante. L’esempio più semplice che si può fare è la trappola per topi che è composta da esca, molla, fermo molla, tavoletta e ‘forca’: tutte i componenti cooperano tra loro allo scopo di catturare il topo, e togliendone anche solo uno la trappola smette di funzionare.

Nell’ambito dei viventi sistemi irriducibilmente complessi ce ne sono tantissimi, qui riporto alcuni esempi:

 

1) il motore flagellare di alcuni batteri. (Ne ho parlato in maniera più dettagliata QUI).




Ci sono batteri che hanno un flagello azionato da un piccolo motore, che permette loro di muoversi in un liquido alla ricerca del cibo. Questo motore nel caso dell’Escherichia coli, è stato studiato più nei dettagli ed è risultato essere un apparato molto sofisticato composto (come si vede in figura) dal flagello, dall’elemento angolare, dai cuscinetti di raccordo e di quelli che lo fissano al tre membrane, esterna, cellulare e citoplasmatica, dall’asse, dal volano e dall’apparato motore elettrico funzionante con una tensione di circa 200 mV. Si è visto che il numero totale di proteine strutturali e di regolazione e assemblaggio coinvolte sono di 34 tipi, ma il funzionamento nel dettaglio di questo ‘motore elettrico super-ultra-nano’ non è stato ancora del tutto chiarito.

Ci si chiede come sia potuto nascere con processi evolutivi di ‘mutazione’ questo apparato chiaramente "irriducibilmente complesso", se si toglie un ‘pezzo’ infatti smette di funzionare, e che pertanto può essere portato come indizio dell’esistenza di un ‘Progetto Intelligente’ (1). 

Kenneth R. Miller, che si è opposto a Behe, ha ipotizzato invece che esso sia nato dalla semplice trasformazione con mutazioni delle proteine strutturali dell’orifizio escretorio, chiamato sistema di secrezione di tipo III. Ma questa tesi è stata contestata da Scott Minich il quale ha asserito che invece forse è vero il contrario, in quanto molte linee di prova sostengono che il flagello esisteva prima dell’apparato escretore (2). In ogni caso il motore consiste in parecchie dozzine di proteine che non sono presenti nel sistema di secrezione di tipo III ma sono “uniche in questo motore e non sono state trovate in altri sistemi viventi” (3).

 

2) il ristorante per insetti nel Gigaro. (Ne ho parlato in maniera più estesa QUI).

Questo fiore è un vero e proprio ristorante per insetti: fa pubblicità riscaldandosi in modo che il profumo si espanda, quindi accoglie gli insetti che entrano e non permette loro l’uscita se non dopo hanno depositato il polline sugli stigmi, consumato per premio il nettare, ricevuto il polline dai fiori maschili.

 


La prima figura mostra l’infiorescenza che è avvolta da un’ampia brattea (modificata in spata nella parte inferiore). Dalla parte superiore della brattea semiaperta sporge l’estremità a forma di clava, detta spadice, mentre la sua parte inferiore, la spata, rimane chiusa:

esiste però un’entrata, che si nota nella seconda figura (la brattea è stata aperta per osservarne l’interno):

 

fra lo spadice e la spata si trova una stretta apertura a collo di bottiglia resa però più angusta da formazioni setolose rivolte verso il basso che permettono l’entrata ma non l’uscita.
Si distinguono, dall'alto verso il basso, i fiori maschili (rossi) ancora chiusi e più giù i fiori femminili (bianchi), quelli che verranno ‘impollinati’ dagli insetti ospitati.

Ecco cosa dicono Junker e Scherer:  “verso sera, l’estremità dello spadice emana un odore che attira moscerini e insetti notturni; il colore chiaro della brattea contribuisce anch’esso ad attirare gli insetti. La combustione di amido nello spadice provoca una forte emissione di calore, così il profumo del fiore può essere diffuso in maniera più efficace. E in basso il calore si accumula in modo da riscaldare l’interno della spata. Gli insetti che, attirati dall’odore, atterrano sulla parte interna della brattea, scivolano in basso essendo la superficie resa viscida da innumerevoli goccioline d’olio.
Grazie al calore gli insetti che cadono nell’interno diventano più attivi, depositano il polline (che portano già su di sé) sugli stigmi dei fiori (bianchi) femminili e ricevono in premio il nettare: si tratta di una specie di ristorante. Dopo alcune ore si aprono le teche polliniche dei fiori (rossi) maschili, ricoprendo di nuovo polline gli insetti, che lo trasporteranno al prossimo fiore visitato. Dato che con l’aprirsi delle teche polliniche le formazioni setolose che bloccavano l’uscita cominciano ad avvizzire, la via d’uscita per gli insetti risulta di nuovo libera. Ci troviamo così di fronte a strutture adattate le une alle altre e ad un perfetto tempismo, senza il quale tutta la struttura sarebbe inutile per la pianta.
Le caratteristiche e le facoltà elencate indicano quali caratteri strutturali e funzionali sono indispensabili al funzionamento di questi ristoranti vegetali: nessuna di tali caratteristiche può essere considerata opzionale.” (4)

 

3) il meccanismo di pompaggio nella trifoglina e nel lupino


(foto tratta da https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/49/Lupinus_micranthus.JPG)

In questi fiori la carena è leggermente appuntita sul davanti ma possiede una piccola apertura: anche quando sono ancora allo stadio di bocciolo gli stami scaricano il loro polline su questa punta. Alcuni stami sono particolarmente lunghi e ispessiti . Il peso dell’insetto spinge la carena verso il basso e così gli stami ispessiti ‘spremono’ il polline rilasciato in precedenza nella punta della carena, depositandolo sull’addome dell’insetto dopo che questo è passato per una piccola apertura della carena stessa. Dopo che con diverse visite il polline viene tutto espulso, al suo posto fuoriesce lo stigma pronto ad accogliere il polline portato da altri insetti. “Questo fiore presenta una struttura che non sembra semplificabile senza che il tutto diventi inservibile.” (5). Quello che ci si chiede è perché esistono meccanismi complicati come quello della sacca da pasticciere del lupino appena descritta quando basterebbero anche metodi di impollinazione più semplici come quelli adottati da altri fiori? Cioè dal punto di vista della teoria dell’evoluzione non è nota nessuna pressione selettiva che potrebbe favorire l’origine di strutture più complesse di quanto sarebbe richiesto per la sopravvivenza. “Da un processo di origine evolutivo, dipendente dalla selezione, ci si aspetterebbero soluzioni semplici, economiche, che tra l’altro ci sono e funzionano. Perché allora aggiungere delle versioni insolite? Esse diventano comprensibili se le si considera dalla prospettiva di un designer”. (6)


4) La Rana Rheobatrachus silus: la cova nello stomaco trasformato temporaneamente in utero

 

(foto tratta da https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/102014247 )

Questa rana australiana ha una forma complessa di cova: essa ingoia un paio di dozzine di uova già fecondate e trasforma temporaneamente lo stomaco in utero: per tutto il periodo della cova lo stomaco interrompe completamente la sua normale funzione sennò digerirebbe le uova, queste quindi si sviluppano fino a diventare piccole rane, che dopo ciò lasciano lo stomaco uscendo dalla bocca della madre. “Uno sviluppo graduale di questa forma eccezionale di cova appare impossibile: dovrebbe essersi prodotta nell’arco di una sola generazione” (7)

Ha scritto lo stesso scienziato ed evoluzionista Michael J.Tyler: “È inconcepibile l’idea che ci sia stato un lento e progressivo cambiamento nella sua biologia riproduttiva”, “Questo comportamento o è assolutamente efficiente o fallisce del tutto”. Secondo Tyler l’unica spiegazione plausibile è “un unico grande balzo radicale” (8).

 

5) Il processo di coagulazione del sangue

Behe ha portato come ulteriore esempio di complessità irriducibile, oltre al motore flagellare dei batteri, anche il processo di coagulazione del sangue. In esso intervengono almeno dodici proteine. Se una persona si fa un taglio il sangue deve coagulare perché non fuoriesca e la persona non muoia dissanguata. Però anche troppa coagulazione al momento e al posto sbagliato potrebbe provocare la formazione di trombi nei vasi sanguigni e costituire perciò un pericolo mortale. Quindi la sequenza in cascata delle dodici proteine deve avvenire con la loro interazione una dopo l’altra per produrre un coagulo al tempo e al posto giusto. Ogni proteina è già molto complessa, ma la sequenza è irriducibilmente complessa, perché tutte le molecole devono essere presenti ed agire al momento opportuno affinché il sistema possa funzionare.

L’affermazione di Behe che questo sistema sia irriducibilmente complesso bisogna dire però con J. Wells che “è stata contestata dal biochimico evoluzionista Russel Doolittle, che ha asserito che degli esperimenti hanno mostrato che se una componente della sequenza viene eliminata in un gruppo di topi e un’altra viene eliminata in un altro gruppo, entrambi mancano di sistemi di coagulazione funzionanti; ma (sostiene) quando queste due linee di topi sono state incrociate… per tutti gli scopi pratici i topi mancanti di entrambi i geni erano normali!’. Peccato però che Doolittle abbia frainteso gli articoli scientifici sui quali ha basato il suo argomento. Infatti quando i topi dei due gruppi anormali sono stati incrociati, la loro discendenza non era normale, ma mancava di un sistema di coagulazione sanguigna funzionante e soffriva di frequenti emorragie” (9). Ciò ha rafforzato quanto sostenuto da Behe sul fatto la coagulazione sia un sistema irriducibilmente complesso e che rappresenti un problema per il darwinismo.

(continua nella 2^ parte)

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Note e crediti

(1) Jonathan Wells – Le balle di Darwin – Rubettino 2009 a pag. 145

(2) Minnich e Meyer ‘Genetic Analysis of coordinate flagellar and tipe III regulatory circuits’ citato da Jonathan Wells op. cit. a pag. 147

(3) Jonathan Wells op. cit. a pag. 147

(4) Reinhard Junker – Siegfried Scherer – Evoluzione, un trattato critico - certezza dei fatti e diversità delle interpretazioni – Edizioni Gribaudi 2007 – pag. 79.

(5) Reinhard Junker – Siegfried Scherer - Op. cit. - pag 316

(6) Reinhard Junker – Siegfried Scherer - Op. cit. - pag 316

(7) Reinhard Junker – Siegfried Scherer - Op. cit. - pag 80

(8) M. Tyler - The gastric brooding frog - Londra 1983

(9) Jonathan Wells - Le balle di Darwin - Rubettino 2009 - pag 143 

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