18 maggio 2010

La bella Ipazia...





Siamo alle solite. Basandosi o su falsi documenti, come quelli di cui si è servito Dan Brown ne il ‘Codice da Vinci’ o su fatti storici veri, ma interpretati a proprio uso e consumo, come nel film ‘Agora’ su Ipazia, si attacca il Cristianesimo: infatti è quello il nemico da abbattere oltre alla Chiesa cattolica  e agli stessi Cristiani...










Il film, ambientato nel  415 d. c., narra la vicenda di Ipazia, rimasta vittima del fanatismo politico che si nascondeva dietro la teologia in quei tempi in cui la distinzione tra fede e politica non era ancora assodato.
Ipazia (che all’età della sua uccisione nel 415 d. c. aveva circa 60 anni e non era quindi così giovane come viene raccontato nel film), era una esponente del neoplatonismo ed era diventata una consigliera del prefetto romano di Alessandria, Oreste, che sosteneva il cesaropapismo imperiale e per questo era entrato in conflitto con Cirillo, Patriarca di Alessandria, che invece difendeva le prerogative della Chiesa.
Fra l’altro in quel momento la comunità cristiana era alle prese con una disputa molto intensa sulla Divinità-Umanità di Cristo che contrapponeva Nestorio, patriarca di Costantinopoli allo stesso Cirillo, patriarca di Alessandria d’Egitto. La disputa finì con la vittoria delle tesi di Cirillo.
Gli sconfitti nestoriani furono i responsabili della ‘cattiva fama’ di Cirillo, poi rinfocolata in età moderna. Infatti l’immagine da essi tramandata di Cirillo è quella di vescovo autoritario ed intollerante. Ma qualunque  documentazione su un personaggio storico scritta dai suoi avversari dovrebbe essere guardata con sospetto.

All’origine dell’accusa, mai provata, rivolta a Cirillo, di essere stato il mandante dell’assassinio di Ipazia, vi sono quindi il conflitto politico tra Cirillo ed Oreste (esigenze della Chiesa contro il cesaropapismo) e quello teologico tra Cirillo e Nestorio (contrapposizione tra umanità e divinità di Gesù). Furono tali avversari politici e religiosi ad accusare il Patriarca Cirillo di aver ordito l’assassinio della filosofa. Una diceria senza alcun sicuro fondamento storico, a parte la non proprio imparziale fonte costituita dagli scritti  dei nemici religiosi e politici di Cirillo, come Socrate Scolastico e Filostorgio.

Gli accusatori attuali di Cirillo si attaccano al fatto che ad uccidere Ipazia sarebbe stato un gruppo di «parabalanoi» suoi seguaci. Si trattava di cristiani in odore di eresia in quanto cercavano a tutti i costi il martirio e per questo tenuti dalla gerarchia ecclesiastica e dallo stesso Cirillo con sospetto ai margini della comunità cristiana.
Il fatto che Ipazia fosse la consigliera di Oreste finì per fare di lei, agli occhi degli esaltati «parabalanoi», la vera responsabile della politica prefettizia contraria ai Cristiani. I suoi nemici politici finirono per screditarla come una praticante di magia nera. Nel 415 la marea montante contro di lei raggiunse il culmine. Ipazia venne assalita e trucidata da un gruppo di esagitati «parabalanoi».
E’ dunque  innegabile, da un punto di vista storico, che la responsabilità ricade su quei  'monaci'  fanatici di quel tempo, e solo su di essi. E non sulla Chiesa nel suo complesso come si vorrebbe far credere.

A tal proposito, osserva infatti Zaccuri, sul giornale ‘Avvenire’:

«Ci sono due modi,  di affrontare il passato, due criteri che chiedono almeno di essere riconosciuti e distinti.
Il primo è lo sguardo che potremmo definire dell’esattezza (…). La sceneggiatura… è sufficientemente smaliziata da evitare le forzature più grossolane. Basti considerare la cautela con cui il vescovo Cirillo viene presentato quale mandante morale e non quale diretto responsabile dell’uccisione di Ipazia (…). Come se non bastasse, le circostanze dell’assassinio da parte dei fanatici cristiani sono addirittura edulcorate rispetto alla narrazione di Socrate Scolastico, l’autore ecclesiastico a cui si devono le informazioni sul terribile episodio.
Ma c’è un altro criterio, un secondo punto di vista che si può adottare nei confronti del passato, ed è quello dell’analogia. (...)
Dopo una prima parte tutto sommato equilibrata e coinvolgente nel descrivere il marasma dell’Alessandria tardo-antica, nella quale credenze vecchie e nuove si intrecciano in una rete pressoché inestricabile di conflitti, (...), il film cambia bruscamente di tono e il gioco delle analogie si fa più evidente. Cirillo e i suoi seguaci, i monaci parabolani, si presentano come una sorta di Gestapo, la Chiesa è una congrega oscurantista e misogina (...), la fede appare di volta in volta come una scelta opportunistica, come una fuga dalla realtà, mai come un tormento. La stessa Ipazia lo afferma con chiarezza quando, invitata a battezzarsi, sostiene che non potrebbe mai smettere di revocare in dubbio ciò in cui crede. Illuminismo scientifico contro cieco fideismo, dunque, con tanti saluti alla complessa elaborazione teologica che, proprio nel IV secolo, comporta una continua riconsiderazione di una tradizione ancora recente. Del resto, è così che funziona l’analogia: prende quel che serve e respinge tutto il resto. Il risultato è che, al di là delle raffinatezze filologiche di cui ‘Agora’ è costellato, l’impressione generale che lo spettatore ne ricava è di una Chiesa arrogante e spietata, che si fa scudo del nome di Dio per compiere stragi e perseguitare innocenti».

Appare chiaro quindi che l’intenzione del regista, Amenàbar, non è affatto quella di portare a conoscenza del pubblico una storia vera, ma quella di mettere sul banco degli imputati, con un odioso criterio di responsabilità oggettiva e collettiva, la Chiesa e tutti i cristiani. Anzi, il Cristianesimo stesso che, a detta di tanti ‘laicisti’,  sarebbe, come tutte le altre le fedi monoteistiche,  molto  intollerante a causa della  sua  pretesa di possedere la Verità.

Ma ci sarà mai un regista coraggioso che faccia un film in cui si parla dei massacri perpetrati sui cristiani dagli intolleranti religiosi in uno dei tanti periodi storici in cui sono avvenuti? Ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta, tanto sono stati numerosi. Ma purtroppo non succederà…

Invece sui giornali ‘laici’ appariranno pagine sul film con recensioni che metteranno in risalto la violenza dell'oscurantismo religioso cristiano. Nelle scuole verranno  organizzate proiezioni e gli alunni non si faranno scappare l’occasione di mettere in croce gli insegnanti di religione cattolica chiedendo loro conto del fatto di come la Chiesa abbia potuto proclamare Santo Cirillo D’Alessandria, che sarebbe stato il mandante morale dell’uccisione della bella (anche se sessantenne) Ipazia: come al solito il cristianesimo nemico della civiltà e responsabile morale di tutti i possibili crimini commessi nella storia dell’umanità. Tutto secondo il noto copione, affinché il fronte dei paladini della libertà contrari all’oscurantismo religioso possa continuare ad illudersi e non vedere chi, nel mondo attuale, possiede il potere vero e imbonisce le masse come gli pare.
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