26 settembre 2022

“Dio esiste” – come l'ateo più famoso ci ha ripensato - Seconda parte: "Come è spuntato l’Universo? E’ mai nato qualcosa dal nulla?”

Continuo con la seconda parte del discorso iniziato nel precedente post...

 In questo periodo ho avuto modo di leggere un libro di Antony Flew, considerato per oltre mezzo secolo il filosofo ateo più importante del globo. Lo scritto è del 2007 ed è intitolato “Dio esiste - come l’ateo più famoso del mondo ha cambiato idea” (1). Non farò qui il riassunto del testo, ma mi focalizzerò su quali sono stati i motivi che hanno portato l’autore a scrivere l’opera per spiegare ciò che lo aveva portato a ripudiare l’ateismo cinque anni prima di morire, all’età di 87 anni. 

 Ecco la seconda domanda che si è posto Flew:

"Come è spuntato l’Universo? E’ mai nato qualcosa dal nulla?”

Che l’Universo sia nato dall’esplosione di un punto di densità pressoché infinita, da una ‘singolarità’ dello spazio-tempo, all’incirca 13, 8 miliardi di anni fa, è un fatto ormai accettato dalla stragrande maggioranza della comunità scientifica, soprattutto dopo l’osservazione, fatta da Hubble negli anni ‘30, che le galassie si allontanano le une dalle altre con velocità crescente con la distanza e dopo la scoperta negli anni ‘60 , da parte di Penzias e Wilson, che esiste una radiazione di fondo che permea tutto lo spazio e che si può considerare il resto ‘fossile’ dell’esplosione iniziale .

Pur essendo ormai sicuri che questa ‘nascita esplosiva’ ci sia stata, gli scienziati non sono però riusciti a trovare un accordo sulla ‘causa’ che può averla generata e quindi sul ‘perché’ e sul ‘come’ sia ‘inizialmente’ avvenuta.

Nella fisica moderna va per la maggiore la teoria della nascita dell’Universo dal vuoto per mezzo del Principio di Indeterminazione e comunque a causa del ‘caso’ (scusate il gioco di parole...). Questo vuoto originario da cui sarebbe nato l'Universo però non potrebbe essere stato il ‘nulla’ , come alcuni, fra cui l’astrofisico Kraus (2) , sostengono. Infatti il dire ‘prima esisteva solo il nulla’ sarebbe quanto meno una contraddizione in termini in quanto ‘il nulla’ dotato della caratteristica dell’esistenza non è più se stesso, è già 'qualcosa' perciò potremmo dire che, secondo i sostenitori della teoria del Big Bang, all’inizio esisteva un 'qualcosa' che si potrebbe chiamare ‘vuoto primordiale’ o quantistico, un ‘quid’ privo di materia ed energia ma dotato come minimo della proprietà dell’esistenza, se no di esso non si potrebbe neanche parlare. E allora la domanda: “come è spuntato questo vuoto quantistico?”.

Per la fisica delle particelle elementari il ‘vuoto’ è sede di una miriade di processi ‘spontanei’ e casuali di creazione e annichilazione di particelle virtuali che sembrano provenire dal ‘nulla’ e che spariscono nel ‘nulla’.

Ma come ha fatto notare il fisico Shevi (3) in meccanica quantistica una fluttuazione viene descritta da una funzione d’onda ed apparirebbe ben strana se questa si riferisse al ‘nulla’. Per definizione infatti una funzione d’onda descrive lo stato quantico di qualcosa, come sovrapposizione di stati quantici incompatibili, ognuno con il suo peso di probabilità (ad esempio stato ‘testa’ e stato ‘croce’ di una moneta non truccata che hanno un peso 50% ciascuno), e la fluttuazione in essere non è altro che il collassare di questa funzione in uno degli stati molto improbabili, e quindi con peso piccolo, che la compongono. Lo stesso ‘vuoto’, che potrebbe avvicinarsi al concetto di nulla di cui si parla, in realtà è un oggetto quantico in cui nascono e scompaiono continuamente coppie di particelle-antiparticelle anche virtuali, e perciò tutto si può dire tranne che esso sia ‘nulla’.

Ma questa non sarebbe stata la sola caratteristica di questo 'vuoto' primordiale. Infatti, come fa notare Flew, esso avrebbe dovuto avere una ulteriore ‘qualità’, una ‘possibilità’ fantastica, perché avrebbe contenuto dentro di sé, almeno in senso ‘potenziale’, sia le leggi della fisica, che non sono certo ‘nulla’ e anche tutto l’Universo così come si è sviluppato successivamente, compresa la vita e noi stessi.

Hawking nei suoi studi cosmologici si è interessato soprattutto del problema delle singolarità affermando che il Big Bang ne conteneva una, e in essa le leggi normali della fisica non valevano. Applicando le leggi quantistiche sui buchi neri ha cercato di eliminare quella singolarità iniziale insieme ad Hartle in una teoria in cui si asserisce fra l'altro che ‘ l’universo non ha confini, oltre che nello spazio anche nel tempo’ e che non esistono così problemi di ‘condizioni al contorno’.

Questa proposta dell’assenza delle condizioni al contorno è simile all’idea secondo la quale l’universo sarebbe finito ma senza confini, almeno nello spazio . Un po’ come in una superficie sferica non ci sono limiti anche se la sfera è finita, così per l’universo, essendo curvo, non ci sarebbero confini pur rimanendo esso finito. La stessa cosa Hawking e Hartle dicono del tempo, almeno nella sua dimensione ‘immaginaria’, cioè in una delle due dimensioni (una reale e l’altra immaginaria) in cui si svilupperebbe il tempo. Non essendoci allora confine per il tempo come per lo spazio, allora nessun istante potrebbe considerarsi come ‘iniziale’, cioè mancherebbe l’inizio temporale dell’universo. Per riportare un esempio di Hawking stesso, “chiedere cosa c’è stato prima del Big Bang è come chiedere cosa c’è al nord del polo Nord” restando sulla superficie terrestre. Però questa ipotesi elimina sì la singolarità nel tempo immaginario ma la mantiene in quello reale infatti dice: “quando ripercorriamo a ritroso il tempo reale in cui viviamo ci troviamo ancora di fronte a singolarità ” cioè ad un istante iniziale zero.

Paul Davies scrive che “occorre sottolineare che la teoria Hartle-Hawking è una pura speculazione teorica che poggia su basi abbastanza deboli…” (4) e ancora, rincarando la dose: “L’idea di un multiverso rimpiazza il mondo reale ordinato in modo razionale con una farsa infinitamente complessa e rende vuota l’intera idea di spiegazione” (5) . Il fisico - matematico Penrose trova la proposta di Hartle-Hawking dell’assenza di contorno “interessante”, ma osserva che “incontra serie difficoltà a riguardo” nell'accettarla (6). Ma perfino lo stesso Hawking, gliene va dato atto, insiste sul fatto che la sua idea è solo una ipotesi : “Vorrei sottolineare che questa idea che il tempo e lo spazio siano finiti ma illimitati è solo una proposta: essa non può essere dedotta da alcun principio” (7).

E bisogna chiarire che anche supposto vero tale modello, con la sua conclusione Hawking mostra di  trascurare un po' la teologia scolastica, perchè, come ebbe a sostenere Tommaso D'Aquino, una cosa eterna non esclude un Dio che l’ha voluta perché anche Lui è eterno. In pratica l’argomento ‘eternità’ di qualcosa non potrebbe mettere in imbarazzo Dio per il semplice fatto che l’eternità è il suo stato.

Ma quello che appare  poco accettabile è il collegamento che egli stabilisce tra l’ipotesi di “assenza di contorno” e Dio. Egli in pratica asserisce che Dio nel creare l’Universo non avrebbe avuto grande possibilità di scelta nelle condizioni iniziali, ma su questa affermazione molti non sono d’accordo. Fra l’altro questa sua ‘deduzione’ è stata interpretata da parte dei suoi estimatori come l’affermazione dell’inesistenza del Creatore, cosa che però Hawking non dice da nessuna parte nel suo libro best-seller, anche se forse lo lascia credere in quanto si domanda quale sarebbe il ruolo di Dio in un Universo senza contorno e chiuso in se stesso.

Cito infatti la frase conclusiva di Hawking del suo “Dal Big Bang ai buchi neri”: “Finché l’universo ha avuto un inizio, noi possiamo sempre supporre che abbia avuto un creatore, ma se l’universo è davvero autosufficiente e tutto racchiuso in se stesso, senza un confine o un margine, non dovrebbe avere né un principio né una fine: esso semplicemente sarebbe. Ci sarebbe ancora posto in tal caso per un creatore?” (9) . Sulla prima parte di tale questione, cioè sula sua proposta di mancanza di un inizio temporale, ho già detto. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, cioè se considerata vera le premessa  ci possa essere ancora posto per il Creatore, rispondo “sì c’è senz’altro posto per Dio”, in quanto la sua esistenza è necessaria per poter spiegare in maniera semplice e senza contorcimenti il fine tuning, che ha permesso la nascita della vita nell’Universo.

E a proposito di questo fine tuning, sono state fatte delle ipotesi per cercare di motivarlo ‘razionalmente’. Una di queste sostiene che visto che un solo universo spuntato per caso proprio con le leggi ‘giuste’ non sarebbe possibile, per una semplice questione di impossibilità probabilistica, così come ho spiegato in precedenza, allora esisterebbe un multiverso, ovvero un insieme composto da un numero infinito di universi, ognuno nato con le sue proprie leggi fisiche (e spuntato dal nulla o da un un universo madre). In esso solo alcuni di questi universi sarebbero adatti ad ospitare la vita, mentre la quasi totalità, sarebbe come ‘morto’, cioè privo di qualunque afflato vitale. Però così, come ho già detto in un altro post, pur di non ammettere l’esistenza di un solo ente, Dio creatore, si suppone l’esistenza di infiniti enti, gli universi del multiverso, con ciò cozzando però contro due dei principi basilari che guidano la costruzione di nuove teorie fisiche: quello del rasoio di Occam, che dice che ‘gli enti e le ipotesi non devono essere moltiplicati senza necessità’ e quello della semplicità delle leggi di natura. Paradossalmente, pur di non ammettere l’esistenza di un solo ‘ente’ infinito quale è Dio, si suppone l’esistenza di un ente molto complicato, cioè il multiverso, composto però da altri infiniti enti. In pratica l’infinito attuale che si vorrebbe rifiutare viene fatto uscire dalla porta ma nello stesso tempo viene fatto rientrare dalla finestra. E senza contare anche il fatto che non esiste ad oggi nessuna prova sperimentale che conferma l’esistenza di ulteriori universi oltre il nostro. Flew dice: “Non trovai l’alternativa del multiverso molto utile. La supposizione di molteplici universi, sostenni, è un’alternativa veramente disperata. Se l’esistenza di un universo richiede una spiegazione, molteplici universi richiedono una spiegazione ancora più grande: il problema aumenta con il fattore di quale sia il numero di universi.” (10)

Ma anche ammessa l’esistenza di questo cosiddetto multiverso, nascerebbe e rimarrebbe comunque senza risposta l'ulteriore domanda: come sono nate le leggi della Natura che hanno permesso l’esistenza del multiverso? E comunque quest’ultimo come è saltato fuori? (11), Come si vede, il problema della nascita dell’esistente, con l’ipotesi astrusa del multiverso viene solo spostato ad un livello superiore ma non risolto, un po’ come non viene risolto il problema della nascita della vita sulla Terra supponendo la panspermia, cioè il suo arrivo dalla spazio. E fra l'altro, sulla nascita della vita nell'Universo si basa la terza domanda di Flew che affronto nel post successivo...

(vai alla terza parte)

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Note e crediti

(1) Antony Flew - Dio esiste - come l’ateo più famoso del mondo ha cambiato idea- Ed. Alfa Omega 2010.

(2) si veda l’intervista a Krauss in https://www.samharris.org/blog/everything-and-nothing

(3) si veda https://shenviapologetics.com/do-quantum-fluctuations-show-that-something-can-come-from-nothing/

(4) Paul Davies – I misteri del tempo – Oscar saggi Mondadori 1996 - pag. 206

(5) Paul Davies Universes Galore: Where Will It At End? - al seguente link: https://www.cambridge.org/core/books/abs/universe-or-multiverse/universes-galore-where-will-it-all-end/0536CA4E48A0BE61228527ABD3837236

(6) Roger Penrose – La strada che porta alla realtà – BUR 2005 – pag 771

(7) Stephen Hawking – Dal Big Bang ai buchi neri – pag. 161 e citato da Artigas

(8) Stephen Hawking – A brief History of Time – Bantam NY 1998 pag 8-9, citato da Artigas

(9) S.Hawking – Dal Big Bang ai buchi neri – pag 165

(10) Antony Flew op. cit. a p. 140

(11) Antony Flew op. cit. a p. 141

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