13 aprile 2021

Il tempo trascorso sulla Terra è stato sufficiente per l'evoluzione?

 “Ai miei amici biologi vorrei fare questa domanda: quale velocità deve raggiungere l’evoluzione prima che inizino a sentirsi a disagio?” (Samuel Bowring) (1)

Anche ammesso che il periodo dell'evoluzione sulla Terra sia stato di 3,5 miliardi di anni, si presentano due problemi: l’intervallo iniziale troppo corto e il tempo successivo comunque breve. E non solo: da alcuni anni si stanno effettuando delle ricerche che tenderebbero a smentire l'ipotesi che la Terra abbia una età di 4,5 miliardi di anni o che i fossili si siano formati in periodi così lunghi come si è finora ritenuto. Se questo fatto venisse confermato, cioè che l'ipotizzato processo evolutivo non sarebbe perciò durato 3,5 miliardi di anni ma molto meno, allora la teoria dell’evoluzione sarebbe in serie difficoltà perché verrebbe a mancare uno dei due pilastri su cui poggia: quello del periodo di tempo lunghissimo necessario affinché ciò che è estremamente improbabile  possa accadere.

La moderna teoria dell’evoluzione si basa essenzialmente su due postulati: quello delle variazioni casuali a livello genetico e quello della selezione naturale. Ammessi come veri, ambedue gli eventi però necessitano il trascorrere di lunghissimi periodi di tempo perché ci sia il formarsi casuale di funzioni e organi nuovi, e quindi la nascita di nuove specie, in quanto, a causa delle risibili probabilità di mutazioni in sequenza o persino simultanee che possano costruire ex novo un organo o una funzione irriducibilmente complessi, si deve supporre che la ruota della fortuna in cui siano spuntate come premio le variazione utili abbia girato innumerevoli volte in un tempo però troppo breve.

Si porta l’esempio della scimmia che battendo a caso sui tasti di un computer riesce a scrivere la Divina Commedia oppure quello di un tornado che soffiando in un deposito di rottami assembla un Boeing 747 perfettamente funzionante, compreso quindi il computer di bordo e il suo software. Gli evoluzionisti dicono che aspettando molto tempo tali eventi anche se molto improbabili, dopo innumerevoli tentativi andati a vuoto, potrebbero succedere, anzi succedono, almeno una volta, così come sarebbe già accaduto con la nascita della vita dalla materia inanimata sulla Terra. Gli antievoluzionisti ritengono invece che questi processi siano talmente improbabili che è praticamente impossibile che possano accadere nei tempi a disposizione (almeno di non considerare un tempo 'infinito' per cui allora tutto potrebbe succedere, anche la nascita da qualche parte di una luna fatta di formaggio o innumerevoli copie di noi stessi!).

Ma anche ammesso come vero il periodo di 3,5 miliardi di anni di evoluzione, si presentano comunque due tipi di problemi che riguardano questo lasso di tempo. Infatti visto che la Terra sarebbe diventata fredda 4 miliardi di anni fa, la nascita della vita, ipotizzata come avvenuta 3,5 miliardi di anni fa, avrebbe richiesto ‘solo’ 500 milioni di anni di tentativi casuali per potersi concretizzare, ma ciò viene considerato, praticamente da tutti, come un periodo troppo breve, e la cosa mette talmente in difficoltà gli stessi sostenitori dell’evoluzione che alcuni di essi hanno supposto il fenomeno della panspermia, cioè l’arrivo extraterrestre della vita tramite le meteoriti.

Inoltre per il passaggio dalla vita monocellulare a quella più complessa quale quella umana, si dubita fortemente che il periodo di 3,5 miliardi di anni sia stato sufficiente, in quanto praticamente per 3 miliardi di anni i reperti fossili mostrano scarse prove di qualunque processo evolutivo e cioè lungo tutto quel periodo ci ritroviamo con organismi unicellulari, e poi solo 500 milioni di anni fa sarebbero spuntate improvvisamente le nuove specie più ‘evolute’ (con l'eplosione cambriana) e alcune, come si evince dai fossili, sarebbero saltate fuori molto velocemente, con processi evolutivi durati non più di 5 o 10 milioni di anni.

Considerato ciò, figurarsi cosa succederebbe se venisse però dimostrato che in realtà il tempo a disposizione non è stato neanche quello ma uno molto più breve!

Insomma, alcuni anni sono state effettuate delle ricerche che tenderebbero a smentire la tesi che la Terra sia così vecchia o che i fossili si siano formati in periodi così lunghi come quelli ipotizzati. E la domanda all’inizio del post evidenzia l’imbarazzo in ambiente evoluzionista per questo probabile restringersi dei tempi a disposizione.

Ecco riportati in seguito alcune prove sperimentali che sembrano indicare che il tempo comunemente accettato in geologia e stratigrafia, e recepito dagli evoluzionisti, cioè quello di 4,5 miliardi di anni di età della Terra e di 3,5 miliardi di anni di sviluppo ed evoluzione della vita, sia stato in realtà troppo dilatato e che le diverse ere che avrebbero interessato le trasformazioni della Terra sarebbero state molto più brevi di quanto asserito.

1) Probabile fallacia della datazione tramite il metodo radiometrico Potassio 40/Argon 40

La datazione delle rocce si basa essenzialmente sul metodo radioattivo Potassio/Argon. Esso consiste nella misura del decadimento di Potassio radioattivo (K40) presente nelle rocce che ha come prodotto finale Argon non radioattivo (Ar40). Perché il tempo fornito dall’applicazione di tale metodo sia corretto necessitano due condizioni: una iniziale e l’altra in itinere. La prima dice che è assolutamente necessario che inizialmente, quando la roccia è nata, ad esempio come solidificazione di una colata lavica, l’Argon contenuto era zero e la seconda presuppone che il sistema sia sempre stato chiuso cioè senza perdita o guadagno di Potassio o Argon verso o dall’esterno.

Di fatto nella pratica però né la prima né la seconda condizione vengono verificate: per esempio i risultati ottenuti come età di rocce laviche prese dopo l’eruzione del Monte St. Helens negli anni 1980-1985 hanno dato delle età comprese tra i 340 mila e i 2,8 milioni di anni. Risultati simili sono stati ottenuti con rocce originate dal Monte Ngauruhoe eruttate tra il 1954 e il 1975, con età comprese tra i 270 mila e 3,5 milioni di anni per lo stesso campione di roccia. Ciò si spiega con il fatto “l’Argon 40 misurato in queste rocce contemporanee non è il risultato del decadimento radioattivo del Potassio 40 (…). L’Argon in eccesso è presente (inizialmente) nei cristalli in varia quantità in dipendenza di una geochimica alquanto complessa che ha luogo nei depositi di magma che si trovano nella crosta terrestre o nel mantello”. Cioè quello che dovrebbe essere lo zero iniziale (di Argon) non è uno zero: c’è Argon presente nella roccia sin dalla sua formazione. “In pratica le lave presunte vecchie sono molto più giovani di quanto si pensa a causa della presenza di Argon in eccesso” e “ Nel caso particolare del metodo Potassio/Argon, la presenza di Argon in eccesso e l’impossibilitò di correggere gli errori introdotti mettono in discussione interamente i risultati di ‘modelli di età’ ottenuti in paleontologia durante gli ultimi decenni” (2).

E ciò senza contare che i metodi di radiodatazione su tempi così lunghi potrebbero anche fallire per un altro importante motivo: perché non siamo sicuri che il tasso di decadimento radioattivo si mantenga costante nel tempo, se diminuisse allora nel passato il decadimento sarebbe stato più rapido e ciò comporterebbe oggi una misura dei periodi di tempo falsata per eccesso, cioè i campioni sembrerebbero molto più vecchi di quanto in realtà lo siano.

2) il ritmo di erosione effettivo agendo su tempi lunghi non permetterebbe l’esistenza dei continenti

Il ritmo di erosione misurato attualmente, se applicato al passato, fa concludere che i continenti non dovrebbero esistere in quanto essi si sarebbero dovuti abbassare a livello del mare in 10 milioni di anni, ma ciò contrasta con l’interpretazione che vuole che essi esistano da miliardi di anni. E’ stato allora proposto il fenomeno di sollevamento delle montagne, ma questo spiegazione non risolve il problema perché “non è una soluzione il rinnovamento dei continenti dal basso dal momento che la colonna geologica che contiene strati molto antichi è ancora rappresentata nei continenti” mentre invece anch’essa sarebbe dovuta essere stata spazzata via dall’erosione (3). Giorgiev aggiunge. “Il fatto che la colonna sia così ben conservata, con tutti gli strati ancora presenti, fa pensare che non abbia l’età attribuitagli dal modello evoluzionistico” ma molto meno. Si fa l’esempio fra l’altro dell’isola di Kangaroo vicino all’Australia, la cui superficie è completamente piatta e quasi al livello del mare. Le sue rocce sono state datate come vecchie di 160 milioni di anni, ma se l’età fosse veramente quella, non avrebbero dovuto esserci più né l’isola né fossili perché col tempo l’erosione avrebbe rimosso dalla sua superficie uno spessore di 5 km.

3) le velocità di accrescimento delle stalattiti e stalagmiti e quella di pietrificazione del legno sarebbero molto più rapide di quelle comunemente accettate (4)

Alcuni studiosi hanno effettuato un numero significativo di ricerche che dimostrano il rapido sviluppo delle formazioni di carbonato di calcio che permette la crescita di stalattiti e stalagmiti nelle condizioni seguenti un grande diluvio mondiale.

Il fisico Keith Wanser riporta questo gustoso aneddoto: “Da ragazzo visitai le grotte di Carlsbad, nel New Mexico, e ricordo che la guida ci spiegò, come se fosse scontato, che le grotte di calcare e le formazioni si erano sviluppate nel corso di molti milioni di anni. Fino al 1988, un’iscrizione sopra l’entrata diceva che le grotte avevano almeno 260 milioni di anni. In epoca successiva, l’età venne ripetutamente ridotta a 7-10 milioni di anni, poi a 2 milioni di anni, e oggi l’iscrizione è scomparsa: conseguenza forse del fatto che sono comuni le osservazioni che indicano che le stalattiti crescono di parecchi centimetri al mese!” (5).

Inoltre pare che anche l’ipotizzato lunghissimo periodo di tempo necessario per la pietrificazione del legno sia da rivedere. “E’ stato dimostrato che la pietrificazione del legno avviene rapidamente in acque molto silicizzate, processo che potrebbe essere stato accelerato dalle condizioni venutesi a creare in seguito ad una alluvione mondiale” (6).

4) il Carbonio 14 intrappolato nei diamanti e giacimenti di carbone non conferma la loro supposta età di formazione

Sono state scoperte tracce di C14 in diamanti che secondo la geologia avrebbero una età compresa tra 1-3 miliardi di anni. Ma se l’età della formazione fosse veramente quella, questo C14 non dovrebbe esserci in quanto le sue tracce possono trovarsi in oggetti di età massima di 50.000- 100.000 anni. Questa presenza di C14 è stata segnalata da oltre 70 studi scientifici (7).

5) I tempi di deposizione effettiva degli strati sedimentari sotto certe condizioni sono più veloci di quelli ipotizzati

La stratigrafia si occupa dello studio degli strati sedimentari e fornisce però una stima dei tempi effettivi richiesti per la sedimentazione che sembrano contraddire l’ipotesi evoluzionistica. Per la teoria dell’evoluzione è necessario che gli strati contenenti i fossili si siano depositati nel corso di lunghi periodi, ma i tempi di formazione delle rocce stratificate sembrano non corrispondere ai tempi necessari. Vengono perciò supposti lunghi intervalli di tempo nelle pause di sedimentazione, ma non ci sono indizi sufficienti a confermare ciò.

Guy Berthault ha condotto degli esperimenti di stratificazione e i risultati hanno in qualche modo messo in discussione i principi basilari della stratigrafia enunciati da Stenone nel 1669 e comunemente accettati dalla Geologia. Infatti “l’analisi paleo-idraulica dimostra il tempo di sedimentazione di una sequenza, che risulta essere molto più breve del tempo stratigrafico. Evidentemente tale breve periodo di tempo non sostiene l’ipotesi evoluzionistica secondo la quale la vita è comparsa dalla non vita e le forme viventi si sono sviluppate da un antenato comune attraverso innumerevoli mutazioni genetiche nel corso di centinaia di milioni di anni. Dal momento che le attuali specie marine vivono in differenti ecosistemi, in base a profondità del mare, latitudine e longitudine, la sovrapposizione nelle rocce di fossili differenti può corrispondere alla loro distribuzione paleo-ecologica in profondità e a percorsi migratori” (8) . In pratica esperimenti di flusso hanno mostrato che in presenza di una corrente variabile letti stratificati sovrapposti si formano simultaneamente nella direzione della corrente.

6) fossili di animali ma niente fossili di piante

Per sopravvivere gli animali devono nutrirsi delle piante, ma si è scoperto che in molte formazioni geologiche pur essendoci fossili di animali mancano completamente fossili di vegetali. Questo fatto è considerato da molti evoluzionisti come ‘sconcertante’. E in effetti se si accetta la teoria che i diversi strati di fossili si siano accumulati durante periodi di tempo molto lunghi e quindi molto lentamente, questo fatto diventa inspiegabile. Infatti cosa avrebbero mangiato gli animali nel corso di milioni di anni?

Una possibile spiegazione alternativa punta sulla rapidità di formazione di tali strati, con il cosiddetto catastrofismo in opposizione all’uniformismo oggi comunemente accettato: essa suppone che questi fossili non si sono depositati in maniera lenta ma con processi catastrofici, tipo un diluvio planetario “in cui le acque selezionarono gli organismi in vari depositi e le piante formarono quelli che oggi sono alcuni dei nostri più grandi depositi di carbone” (9).

7) età molto recente del midollo osseo di dinosauri e altri rettili

A partire dal 1997 si è scoperto materiale organico in fossili di dinosauri e altri rettili che erano datati 70 milioni di anni (10).

Mary Schweitzer e altri hanno hanno relazionato su ‘Scienze’ della scoperta di collagene osseo e tessuti molli nell’osso femorale di un Tyrannosaurus Rex, che si riteneva estinto 65 milioni di anni fa, nel periodo cretaceo (11).

Holzschum, Pontcharra e Miller hanno successivamente effettuato analisi al C14 e anche con acceleratore a spettrometro di massa sul contenuto organico (collagene) di un osso femorale di Triceratops ottenendo un’età di circa 30 mila anni, ben differente da quella che era stata supposta di 60 milioni di anni (12). Da dire però che ci sono state molte critiche sulla validità di questo risultato, basate soprattutto sull’ipotesi che il materiale sia stato arricchito da C14 nel corso del tempo da infiltrazioni di carbonato di calcio, ma a queste e altre obiezioni è stato risposto in maniera convincente (12), mentre lo stesso W. Libby, premio Nobel per le sue ricerche sul metodo di datazione con il C14, ha affermato che non c’è  nessuna possibilità di contaminazione del collageno osseo (13).

Insomma, i fatti riportati fanno sorgere degli interrogativi abbastanza seri a cui dovrebbero rispondere quelli che ritengono che l’età della Terra sia valutabile in miliardi di anni. Dice Georgiev: “Il modello Terra vecchia è contraddittorio; i dati della datazione radiometrica sono in contrasto con altre determinazioni ed estrapolazioni, per cui non è obbligatorio accettarne l’interpretazione evoluzionistica. La maggior parte delle tecniche impiegate per calcolare l’età della Terra danno risultati che concordano meglio con il modello di Terra giovane” (14). Se questo fatto venisse confermato da ulteriori ricerche sarebbe un duro colpo per la teoria dell'evoluzione, almeno nella forma in cui è stata espressa finora.

---------------------------------------

Note e crediti

(1) Samuel Bowring citato in M. Nash – When the life exploded – Time 146(23) (1995) pag. 66-74 e ripreso da Ariel Roth in  'I sei giorni dell Creazione' ed. Armenia a pag. 113

(2) Jean de Pontcharra – Sono affidabili i metodi di radiodatazione? - in ‘Evoluzionismo, il tramonto di una ipotesi' – Cantagalli 2009 pag. 109

(3) Ariel A. Roth in ‘I sei giorni della Creazione – cinquanta scienziati spiegano come sono giunti alla conclusione che l’Universo è opera di Dio’ - ed. Armenia a pag 93

(4) Keith H. Wanser in ‘I sei giorni della Creazione’ op. cit. a pag. 100-101

(5) Keith Wanser op. cit. a pag 100. La bibliografia fornita in quel testo dà conto di questo risultato

(6) Keith Wanser op. cit. a pag. 101

(7) M. Georgiev – Charles Darwin  oltre le colonne d’Ercole – Gribaudi 2009 a pag. 408.

(8) Guy Berthault – il tempo richiesto per la sedimentazione contraddice l’ipotesi evoluzionistica – in ‘I sei giorni della Creazione’ op. cit. a pag 89

(9) Ariel A. Roth in ‘I sei giorni della Creazione’ op. cit. a pag. 93

(10) J. Holzschuh, J. De Pontcharra, W. Miller - Datazioni recenti al C14 di fossili includenti collagene proveniente da ossa di dinosauro – in ‘Evoluzionismo, tramonto di una ipotesi’ op. cit. a pag. 125

(11) M. H. Schweitzer et Al. Soft tissue and cellular preservation in Tyrannosaurus Rex – Science 307 2005 pp. 1952-1955

(12) J. Holzschuh, J. De Pontcharra, H. Miller op. cit. a pp. 145-148. Figurano sei obiezioni principali seguite da sei rispettive confutazioni

(13) R. Berger, A. G. Horney, W. Libby - Radiocarbon dating of bone and shell from their organic components - Science 1964 vol. 144 pag. 999-1001 citato da Holzschuh e Pontcharra in op. cit. a pag. 142

(14) M. Georgiev op. cit. a pag. 411


1 commento:

  1. In un libro complottista, su cui esprimo molte riserve, ho letto che calcolando l'aumento annuo della salinità dei mari, risulterebbe che tale processo sia iniziato 5mila anni fa.
    Inoltre si faceva notare come nelle stesse grotte sono stati ritrovati sedimenti di dinosauri sovrapposti a quelli di mammiferi estinti del cenozoico. Possibile che gli ominidi (od ominini, come piace chiamarli oggi) abbiano casualmente buttato resti della cacciagione proprio dove erano morti diversi dinosauri? Non è più logico pensare ad una gigantesca onda che abbia raccolto centinaia di cadaveri animali in alcune grotte, dove sono rimaste bloccate?

    RispondiElimina

Non verranno pubblicati interventi fuori tema o con semplici rimandi con link